Android non è un ladro: giudici convinti da Google e non da Oracle
Si chiude con la vittoria dell’aziende di Mountain View la vicenda giudiziaria che, da 2010, la vedeva accusata di indebito utilizzo delle interfacce di programmazione di Java applicate allo sviluppo di Android. Vince il principio del “fair use”.
Pubblicato il 27 maggio 2016 da Valentina Bernocco

Il liberismo ha vinto, ma soprattutto ha vinto Google. Con una decisione a suo favore, emessa ieri dalla giuria del tribunale del Northern District della California, la società di Mountain View ha dribblato il rischio di dover pagare un risarcimento da 9 miliardi di dollari. A tanto ammontava la richiesta di Oracle, fondata su presunte violazioni di copyright riguardanti Java e le sue Application Programming Interface (Api), che Google ha utilizzato a partire dal 2010 per sviluppare il suo sistema operativo mobile, Android. La vicenda è nota alle cronache, anche di questa testata, ed è una delle pluriennali “battaglie sui brevetti” che vedono contrapposti giganti del mondo tecnologico.
A detta di Oracle, la colpa di Google sarebbe stata quella di copiare migliaia di linee di codice (11.500, per l’esattezza) e altri elementi strutturali di Java, piattaforma che dal 2010 è diventata proprietà del colosso di Santa Clara tramite l’acquisizione di Sun Microsystems, che l’aveva sviluppata. Con un curioso intreccio di appartenenze, negli anni Ottanta e Novanta in Sun Microsystems aveva lavorato Eric Schmidt, ex amministratore delegato di Google e attuale chairman di Alphabet (la holding che controlla Google).
Big G, d’altro canto, prima fuori e poi dentro il tribunale si è difesa sottolineando le personalizzazioni attuate sul codice nel corso degli anni. Soprattutto, però, ha convinto i giudici l’argomentazione basata sul principio del fair use, secondo il quale le tecnologie divenute di larga diffusione ed essenziali per realizzare altre tecnologie, prodotti e servizi possono essere usate liberamente. Dei “mattoni”, senza i quali l’edificio non starebbe in piedi.
I 9 miliardi di dollari erano la cifra richiesta da Oracle, sulla quale eventualmente la corte avrebbe potuto esprimersi, anche al ribasso, se l’accusa fosse stata ritenuta fondata. Così non è stato: tutti e dieci i membri della giuria popolare sono stati concordi sul fatto le Api di Java, impiegate per far nascere e crescere Android, rientrano sotto il principio del fair use.
Potrebbe non trattarsi dell’ultimo capitolo, poiché da Santa Clara già si pensa al ricorso in appello. “Crediamo fermamente che Google abbia sviluppato Android copiando illegalmente il cuore della tecnologia Java, così da poter accelerare nel mercato dei dispositivi mobili”, ha commentato il responsabile del dipartimento legale di Oracle, Dorian Daley, in seguito al verdetto. “Crediamo che ci siano numerose basi per appellarsi ed è nostra intenzione riportare il caso nel Federal Circuit in appello”.
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