13/09/2021 di Redazione

Aziende e sostenibilità ambientale, il cloud è un alleato

il cloud computing e la modernizzazione dei data center possono aiutare a ridurre l'impatto ambientale della tecnologia. Sammy Zoghlami, senior vice president sales Emea di Nutanix, ci spiega come.

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Tecnologia non fa sempre rima con sostenibilità ambientale, anzi. Dalle emissioni di carbonio alla produzione di rifiuti solidi non smaltiti, l’impatto inquinante delle tecnologie hardware usate nell’informatica è storicamente gravoso. L’allargamento dei data center (quelli aziendali e quelli dei grandi provider) non migliora la situazione. Ma è anche vero che, in questi anni cruciali per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030, l’industria sta compiendo diversi passi avanti sia dal punto di vista dei produttori di tecnologia (citiamo il patto europeo per i data center a impatto zero, che impegna tutti i grandi operatori) sia da quello dei consumatori. Le aziende utenti possono fare la loro parte grazie alla migrazione in cloud. Ce ne parla Sammy Zoghlami, senior vice president sales Emea di Nutanix.

 

 

Sammy Zoghlami, senior vice president sales Emea di Nutanix

 

L'industria informatica non ha sempre avuto una grande reputazione in quanto a sostenibilità. Per molti anni, la presenza di sostanze nocive nei computer e nei telefoni è stata oggetto di attenzioni da parte di Greenpeace e di altre associazioni di consumatori e la cultura del riciclo ha richiesto tempo per maturare. Oggi le cose vanno molto meglio e, grazie anche al successo del programma Energy Star, possiamo dire che l'IT ha fatto un passo avanti nel dare il proprio contributo nella protezione del nostro fragile pianeta. Ma con il cloud computing c'è l’opportunità di ridurre ulteriormente l'impronta di carbonio legata alla tecnologia. 

 

Come introduzione a questo argomento, dovrei aggiungere che il mondo dell'IT non deve vergognarsi del lavoro svolto fino a oggi. La digitalizzazione è una forza positiva. Riducendo i processi fisici a una serie di uno e zero, si toglie “cibo” alle attività affamate di carbonio nella logistica, nella produzione e altrove. Pensiamo al settore dell’editoria, per esempio. Per realizzare e vendere un libro o una rivista si consumano alberi, prodotti chimici e inchiostro, carburante per il trasporto ai magazzini e quindi la distribuzione ai negozi o ai consumatori. E dopo tutto questo potrebbe anche finire per essere ridotto in poltiglia. Un equivalente digitale lascia molte meno tracce. Si potrebbe dire lo stesso di molti altri settori. Pensiamo allo streaming di giochi e film, alle videoconferenze rispetto ai viaggi, alle valute digitali rispetto ai contanti. Anche in alcune delle aree più complicate del commercio, la tecnologia può aiutare: se le persone potessero misurarsi in modo affidabile e provare i vestiti virtualmente, allora si potrebbe ridurre subito quella parte del settore dell'abbigliamento in cui i resi, il consumo eccessivo e i rifiuti stanno danneggiando i rivenditori e, in definitiva, il nostro mondo. E sono solo pochi esempi di ciò che la tecnologia può fare per i trasporti e le città intelligenti. 

 

Pensando al cloud, in particolare, sono molti gli aspetti per cui non solo sta diventando il modello di distribuzione predefinito per convenienza, agilità, valore e scalabilità, ma anche il modello da seguire per l'ambiente. L’impatto ambientale può essere davvero significativo. Il Lawrence Berkeley National Laboratory ha dichiarato già nel 2013 che nel caso (sebbene improbabile) i lavoratori statunitensi spostassero immediatamente i loro strumenti di comunicazione, collaborazione, Crm e produttività nel cloud, si potrebbe risparmiare ogni anno abbastanza energia elettrica da alimentare Los Angeles per un anno con questo solo atto collettivo. 

 

A seconda della modernità del data center che viene sostituito, il cloud potrebbe permettere di risparmiare fino al 95% dell'energia associata al software. I data center oggi rappresentano almeno tra l’1% e il 2% del consumo globale di energia e le previsioni suggeriscono che crescerà nel prossimo futuro fino a raggiungere l’8% entro il 2030 e il 14% entro il 2040. Questo tipo di crescita vedrebbe l'IT superare persino l'aviazione (nel post pandemia, quando si tornerà a viaggiare) ed è una delle preoccupazioni legate al futuro del consumo energetico. Questa è la ragione per cui il cloud consente davvero di realizzare molti dei principi di modi di vivere e lavorare in modo responsabile: le piattaforme cloud sono condivisibili, elastiche e riutilizzabili. Proprio come un hotel può accogliere tanti ospiti diversi tra loro creando economie di scala su servizi e strutture, così un fornitore di servizi cloud può fare con una notevole massa di dati. 

 

I data center cloud non sono solo versioni più grandi dei data center tradizionali. Beneficiano dei più recenti approcci all'HVAC (“H-vac”), termine tecnico che indica la gestione delle strutture per il riscaldamento, la ventilazione e l'aria condizionata. L'HVAC è sempre stato un segreto dei data center, perché per decenni poteva essere tanto costoso raffreddarli quanto fornire Mips (milioni di istruzioni al secondo). E con un data center hyperscaler è molto probabile che si raccolgano i benefici della prossimità a nuove fonti di energia. Queste enormi strutture tendono a differenziarsi anche per altre caratteristiche. Chi realizza strutture hyperscaler dispone di budget considerevoli e può acquistare le migliori attrezzature e server moderni. Come i frigoriferi di casa, più spesso vengono sostituiti e più piccola è la potenza relativa di cui hanno bisogno. Spogliati di tutti gli inutili orpelli, come i chip video, sono anche molto più snelli e funzionali rispetto ai server generici. L'Open Compute Project, un progetto collaborativo per rivedere il design dell'hardware, suggerisce che 3,75 server di data center aziendali potrebbero essere sostituiti da un solo server in una struttura hyperscaler. 

 

 

 

 

Ci sono anche altri vantaggi. I Cloud Service Provider impiegano persone di talento che possono aiutare le operazioni IT interne, sottoposte a forti pressioni, a stare dalla parte giusta della mutevole panoplia di regole e regolamenti richieste per rendere “green” i sistemi. La tendenza inesorabile delle aziende è quella di allontanarsi dalla gestione dei propri data center e poche aziende innovative saranno disposte a spendere ingenti risorse per capire le ultime e più importanti direttive sulla gestione dei rifiuti o come le lacune nel design delle schede madri possano avere un impatto sulla sostenibilità. Proprio come porta via molte delle complessità e delle inefficienze della gestione dei centri dati, il cloud può anche farsi carico di molto del lavoro necessario affinché un'azienda arrivi ad avere un impatto “net zero”. Questo è un elemento sempre più importante per il marchio, le assunzioni e non solo: il cloud fornisce un modo per esternalizzare in modo efficace tutto ciò. 

 

In questo articolo mi sono deliberatamente concentrato sugli hyperscaler in quanto stanno assorbendo una quota sempre maggiore degli investimenti dedicati allo sviluppo dell’IT, ma anche i cloud più piccoli faranno la loro parte e sembra certo che il futuro sarà ibrido. Ma l'ampio movimento del cloud computing, e specialmente quello dell'hyperscaler, può legittimamente affermare che la sostenibilità dovrebbe essere aggiunta alla lista dei suoi benefici. E la questione della sostenibilità legata alla tecnologia è ancora in crescita. Come ha detto recentemente Cushing Anderson, programme vice president di Idc, “L’idea del green IT esiste ormai da anni, ma l'impatto diretto che l'hyperscale computing può avere sulle emissioni di CO2 sta ottenendo una maggiore attenzione da parte di clienti, legislatori e investitori, e sta iniziando a influire sulle decisioni di acquisto”. Secondo Idc, i data center sempre più “intelligenti” porteranno a un risparmio di oltre un miliardo di tonnellate di emissioni di CO2 nei prossimi quattro anni. Con numeri così grandi e una posta in gioco tanto alta, i Cio e gli altri dirigenti faranno bene a prenderne nota.

 

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