04/04/2018 di Redazione

Facebook censura i troll russi, ma la sicurezza resterà un problema

Marck Zuckerberg ha fatto sapere che 270 account legati alla Internet Research Agency sono stati rimossi. Si continuerà a lavorare per l'integrità delle elezioni politiche, sapendo però che il problema della sicurezza non potrà essere totalmente risolto.

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Facebook prova a barcamenarsi tra i recenti scandali di privacy violata, per via dei dati conservati da Cambridge Analytica, e il ricordo ancor fresco del Russiagate. Con un lungo post Mark Zuckerberg ha annunciato che oltre 270 pagine legate alla Internet Research Agency sono state rimosse, allo scopo di “proteggere l'integrità delle elezioni nel mondo”. Una missione che è da sempre una parte importante della lotta alle bufale, intrapresa dal social network ormai da tempo. Alla luce dei sospetti legami fra Cambridge Analytica, un'altra società di digital marketing e soggetti legati al partito Repubblicano e al fronte pro-Brexit, recentemente Facebook è apparso sempre meno come un difensore della verità e sempre più come uno strumento nelle mani dei propagandisti. Ecco perché mettere i puntini sulle “i” potrebbe esser utile, in questo momento.

A detta di Zuckerberg, finora l'azienda di Menlo Park ha soprattutto lavorato per prevenire a diffusione di notizie false da parte dei collaboratori della Internet Research Agency. La società di San Pietroburgo, definita dalla United States Intelligence Community (la federazione delle agenzie di intelligence statunitensi) come “fabbrica dei troll”, ha tentato di influenzare l'esito elettorale delle consultazioni presidenziali Usa del 2017 riuscendo a raggiungere su Facebook, con fake news di vario genere, circa 126 milioni di cittadini nordamericani.

Ora si pensa invece a “ripulire” le tracce di questa attività ancor presenti sul social network: come spiegato dal Ceo, Facebook sta cancellando le pagine di propaganda indirizzate a cittadini residenti in Russia, Ucraina, Azerbaijan e Uzbekistan. Si tratta di account rimossi non sulla base dei contenuti condivisi ma poiché direttamente controllati dalla Internet Research Agency. “Circa un milione di persone”, ha specificato Zuckerberg, “seguivano almeno una delle loro pagine Facebook e circa 500mila almeno uno dei loro profili di Instagram. Nelle prossime settimane pubblicheremo uno strumento con cui potrete verificare se abbiate cliccato like o seguito un account controllato dall'Ira”.

L'amministratore delegato ha anche ricordato che durante le elezioni presidenziali francesi del 2017 sono stati disattivati 30mila falsi account, mentre in Germania Facebook ha collaborato con l'ufficio governativo addetto alla sicurezza dell'informazione. In occasione delle elezioni speciali per il Senato tenutesi in Alabama l'anno scorso, inoltre, sono stati sviluppati nuovi strumenti di intelligenza artificiale capaci di individuare e rimuovere i falsi profili; gli stessi sono poi stati usati per smantellare una campagna di spam originata dalla Macedonia. Attualmente Facebook conta circa 15mila collaboratori impegnati in attività di sicurezza e di verifica dei contenuti, e il numero salirà a 20mila entro la fine dell'anno.

 

 

 

Basterà? Scandalizzarsi della strumentalizzazione dei dati delle persone (interazioni, preferenze, anagrafiche e quant'altro) è un po' come gridare che il re è nudo, hanno fatto notare in molti: le informazioni anche personali sono materia prima del marketing da decenni, da ben prima dell'avvento di Internet. E vivere online, specie sui social, lamentandosi poi di intrusioni di privacy sembra un po' un paradosso. D'altra parte ha giustamente colpito lo spregiudicato uso che di questa materia prima hanno fatto i manovratori dell'opinione pubblica mossi da interessi politici, geopolitici, economici. Zuckerberg ora ha messo le mani avanti, ammettendo che “la sicurezza non è un problema che si possa completamente risolvere. Organizzazioni come l'Ira sono avversari sofisticati e in continua evoluzione, ma continueremo a far evolvere le nostre tecniche per stare al passo, specie nella protezione dell'integrità delle elezioni”.

 

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