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Fare il salto evolutivo negli analytics: qual è la strategia vincente?

Come assicurare un ROI positivo e come trarre vero valore dai progetti aziendali incentrati sui dati e sull’intelligenza artificiale? Ce lo spiega Vasil Tabaku, Senior Manager di Iconsulting.

Pubblicato il 27 settembre 2019

Quando si parla di trasformazione digitale, non si parla soltanto di tecnologia ma di un’evoluzione profonda dei processi aziendali. E gli anaylitics sono un ingrediente essenziale. Durante un evento che tratta i temi della trasformazione digitale, l'AI & Data Summit di The Innovation Group, non poteva mancare tra gli sponsor una società di consulenza che ha fatto dei dati la propria specialità: Iconsulting si occupa di progetti di Data Warehouse, Business Intelligence, Performance Management e Big Data Analytics. 

 

Ma che cosa differenzia un normale progetto di aggiornamento tecnologico da un progetto di trasformazione digitale? Lo abbiamo chiesto a Vasil Tabaku, Senior Manager di Iconsulting, un professionista che vanta  quasi quindici anni di esperienza in gestione di progetti aziendali complessi nell’ambito delle Data Platform e dei Business Analytics. In Iconsulting ha responsabilità di comprendere le esigenze e i processi da implementare all’interno dei mercati Healthcare ed Energy&Utilites, e coordina in particolare i progetti relativi all’intelligenza artificiale e alla blockchain.

 

 

 

Vasil Tabaku, Senior Manager di Iconsulting

 

 

Che cosa è cambiato negli ultimi anni in merito all’utilizzo dei dati da parte delle aziende? C’è stato, a vostro parere, un passaggio da BI ad analytics evolute?

 

Un numero sempre maggiore di aziende sta cercando di inserire l'intelligenza artificiale nei propri processi per aumentare la produttività, capire meglio i bisogni dei consumatori, prevedere le tendenze che impattano sulle vendite, predire i guasti, eccetera. La situazione è in continua evoluzione e ci sono settori (per esempio finance, manufattura, energia) in cui la digital transformation sta dando una grande spinta ai progetti di data science con investimenti importanti. Tuttavia, esistono a mio avviso due dinamiche che stanno rallentando la diffusione delle analytics evolute nelle aziende: da un lato c'è una grande richiesta per profili di Data Scientist non facilmente reperibili sul mercato, e dall’altro lato la maggior parte delle sperimentazioni in data science difficilmente forniscono valore perché non si integrano nei processi di business.


 

Le aziende italiane sono pronte ad affrontare progetti di analytics evoluti? Hanno la cultura e gli strumenti necessari?

 

Gli strumenti ci sono, manca invece un approccio strutturato per portare le analytics evolute nelle priorità delle aziende, collegandole con gli obiettivi strategici e facendo leva su nuove competenze che possono essere maturate all’interno dell’azienda o acquisite in outsourcing. Iniziare “sperimentando” è la scelta giusta e la “contaminazione” tra di diversi ruoli e competenze è la parola chiave, ma poi serve scalare i modelli di data science per renderli fruibili dall’intera azienda. Per intenderci, per fare questo non basta studiare il customer churn per comprendere i motivi dell’abbandono di un servizio, ma bisogna dotare gli operatori di call center con applicazioni di AI per fornire ai clienti raccomandazioni in tempo reale e per massimizzare la retention, sfruttando ad esempio modelli avanzati di propensione analitica.


 

Quali esigenze e obiettivi spingono le aziende a iniziare un progetto con Iconsulting?

 

In generale, le aziende ci contattano per aiutarle a massimizzare il valore che si trae dai dati. Le esigenze sono molteplici e dipendono dalla maturità dei sistemi di Business Analytics all’interno dell’azienda. A volte le aziende necessitano di attività di advisory per la definizione di roadmap progettuali che rispondano in modo innovativo alle esigenze del business. Spesso veniamo ingaggiati per la costruzione di data platform a livello enterprise, per impostare percorsi di ammodernamento tecnologico anche verso il cloud, oppure per orchestrare e scalare progetti di AI, e così via.

 


Come si fa a diventare davvero data-driven? Che cosa fa la differenza?

 

La sinergia continua tra l’IT e il Business. Bisogna essere in costante contatto con i bisogni analitici delle diverse aree aziendali, ragionare per “use case” e collegare quest'ultimi con i dati, lavorando quindi a doppia priorità: servire il business e creare una data platform enterprise che risponda ad esigenze multiple. È una grande sfida, perché servono molto commitment all'interno dell'azienda e una comunicazione continua e bidirezionale.

 

In merito all’uso dei dati e dell’intelligenza artificiale nelle aziende, c’è qualcosa di cui raramente si sente parlare e che invece è secondo voi importante per garantire il successo dei progetti?

 

Si parla poco del ritorno economico degli investimenti nei progetti di data science. Molto spesso si parla di sperimentazioni di successo, che però non diventano progetti di successo, portando ad un ROI negativo.  Ma perché è così difficile portare valore al business? Perché i prototipi realizzati dai data scientist proprio per loro natura lavorano su un subset di dati e con strumenti specifici, molto spesso frammentati, che hanno come obiettivo quello di capire in modo tempestivo la bontà dei metodi matematico-statistici utilizzati. Se questa attività ha successo, poi, i modelli devono essere resi scalabili, integrati e fruibili all'interno dei processi di business. È fondamentale quindi saper “industrializzare” i modelli di data science per progetti di successo.

 

 Ci descrivete la vostra metodologia?

 

Forniamo alle aziende servizi di advisory per impostare un percorso strategico di adozione delle analytics avanzate nella propria data strategy. Successivamente le aiutiamo a creare un ecosistema che possa fare open innovation; nella prima fase è importante divergere, contaminare e contaminarsi, lavorare in modo agile per generare idee e sperimentazioni a valore. Alla fine, affianchiamo i team multidisciplinari con i nostri servizi di delivery per industrializzare le sperimentazioni, facendole vivere in simbiosi con la enterprise data platform. 

 

Che cosa differenzia la vostra value proposition da quella di vostri concorrenti?

 

Il fattore umano, fondamentale per approcciare contesti incerti e altamente innovativi come l’AI, e un forte orientamento al valore generato per il business. Cerchiamo di diventare partner delle aziende che credono nel valore strategico del dato, guidandole verso un percorso di digital transformation che massimizza i benefici per il business. Grazie alla struttura articolata ed altamente specializzata accompagniamo le aziende a crescere nel digitale e a trarre valore dal dato, rendendolo un asset strategico imprescindibile.

 

In quali ambiti, in particolare, l’AI può rappresentare un valore? Quali mercati verticali possono trarre particolari vantaggi dagli analytics evoluti?

 

Nella New Economy l’intelligenza artificiale sarà un acceleratore in grado di portare benefici in moltissimi settori. Ne è esempio il demand forecasting, grazie al quale si possono prevedere meglio le categorie di prodotto che andranno e ridurre di conseguenza lo stock e il time to market. Oppure sarà una forte leva per ottimizzare i costi: tramite la manutenzione predittiva, per esempio, si potranno individuare i pezzi da cambiare prima della rottura e dopo il servizio ordinario, portando a risparmi significativi nelle linee produttive.

Migliorare la qualità dei servizi offerti ai clienti sarà più facile, ad esempio tramite le customer analytics per prevedere l’offerta migliore. Quasi tutti i mercati, con diverse velocità, potranno adottare l’intelligenza artificiale con benefici notevoli per il business e per i loro clienti. I dati e l’AI devono necessariamente essere trattati come asset strategici all’interno delle organizzazioni.

 

 

Tag: interviste, analytics, dati, the innovation group, business intelligence, intelligenza artificiale, Iconsulting

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