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Fra armadilli e vulcani Google dà forma a Fuchsia

Prosegue in casa Big G il lavoro sul nuovo e misterioso sistema operativo. Sono disponibili ora su Github nuove righe di codice dell’interfaccia grafica, chiamata provvisoriamente Armadillo, e dettagli relativi alla licenza di rilascio: stop alla Gpl, la piattaforma sarà tutelata da un mix di Bsd 3 clause, Mit e Apache 2.0. Presente anche un render basato sulle Api Vulkan.

Pubblicato il 09 maggio 2017 da Alessandro Andriolo

Il Fuchsia di Google ha sempre più appeal. A distanza di circa nove mesi dalla pubblicazione delle prime righe di codice su Github, il nuovo sistema operativo “misterioso” di Big G è comparso in una versione leggermente più ricca: ora è almeno dotato di un’interfaccia grafica, nome in codice Armadillo. Un breve riassunto: ad agosto 2016 il colosso di Mountain View aveva diffuso i primi dettagli su questo nuovo ecosistema, terzo rispetto ad Android e Chrome Os e basato sul microkernel Magenta, che non deriva da Linux. Secondo le voci di corridoio circolate nei mesi scorsi, Fuchsia sarebbe stato pensato soprattutto per i sistemi embedded e per l’Internet delle cose, ma conferme in tal senso non sono poi mai arrivate. Anzi, le ultime indicazioni sembrano piuttosto andare nella direzione di smartphone e Pc “moderni e con una quantità discreta di Ram”.

Che Google voglia far confluire in futuro Android e Chrome Os verso una piattaforma comune? È sicuramente presto per dirlo, ma è certo che l’azienda californiana voglia sperimentare qualcosa di nuovo. Come sottolineato da Ars Technica, un segnale importantissimo è dato innanzitutto dallo sviluppo del nuovo microkernel, che slegherebbe così definitivamente il destino di Fuchsia da quello del pinguino, garantendo così un tasso di innovazione più rapido.

Infatti, anche i recenti e quasi interamente homemade Pixel poggiano sul kernel Linux 3.18, rilasciato inizialmente a fine 2014. La seconda novità di peso riguarda anche la licenza, che non sarà più Gpl (General Public License), ma un mix di Bsd 3 clause, Mit e Apache 2.0. Forse per lasciarsi alle spalle anche la querelle con Oracle su Java, l’interfaccia e i servizi di Fuchsia sono stati realizzati con l’Sdk Flutter, un progetto interno a Google che consente di scrivere codice compatibile con Android e iOs.

Le applicazioni sono sviluppate invece in Dart, una sorta di riedizione di Javascript portata avanti sempre da Big G: questo linguaggio è pensato in particolar modo per l’esecuzione di app ad alte prestazioni su mobile. Secondo Ars Technica, l’ecosistema presenta anche “tracce” di un render basato sulle Api Vulkan, chiamato Escher, che dovrebbe rendere ancora meglio il concetto di Material Design di Google, fortemente votato alle ombreggiature.

 

Fuchsia consente di spostare e gestire le finestre delle app in modo diverso da Android

 

Chi è interessato può testare già da oggi l’interfaccia del sistema operativo sul proprio dispositivo, compilando il codice in un Apk compatibile con Android. Non aspettatevi però grandi cose: pur avendo fatto dei passi avanti in termini di user experience grazie all’abbandono della riga di comando, Fuchsia è ancora un progetto embrionale.

Armadillo per oggi offre solo delle schermate che non portano a nulla, ma che offrono una prima visione d’insieme di una Home disegnata da zero insieme a un manager delle finestre e a qualche tasto. Tutto il materiale è disponibile su Github a questo link. Per vedere un prodotto finito, sempre che Google non decida di abbandonare tutto di punto in bianco (e non sarebbe una novità), si dovranno aspettare presumibilmente ancora molto tempo. Per fare un esempio, Android è rimasto in gestazione circa cinque anni prima di arrivare sul mercato.

 

Tag: google, mobile, software, sistemi operativi, fuchsia, armadillo, flutter

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