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Futuro digitale: l'importante è che sia semplice

A Milano per un seminario sul marketing digitale organizzato da HSM, B.J. Fogg, guru americano del "behavior design", ha offerto diversi spunti alle tante aziende italiane che non hanno ancora trovato una strada per comunicare sfruttando i nuovi media digitali. A IctBusiness ha spiegato la sua visione sulla semplicità nell'hi-tech.

Pubblicato il 28 novembre 2011 da Emilio Mango

Seminare di "hot trigger" (esche) il percorso dei clienti per fargli fare quello che desideriamo. E farlo nella maniera più semplice possibile, cercando di motivarli ma ancor più di facilitarli. Questo, in estrema sintesi, il pensiero di B.J. Fogg, fondatore e direttore del Persuasive Technology Lab dell'Università di Stanford che, di passaggio a Milano per partecipare a un seminario sul marketing digitale organizzato da HSM, ha risposto a qualche domanda di IctBusiness su tecnologia e semplicità.

B.J. Fogg illustra il suo modello comportamentale.


"Make it simple and small" è infatti uno dei sani principi che Fogg cerca di insegnare ai propri studenti e alle aziende che vogliono avere successo nel digitale come in altri settori: Google e Facebook sono nate da idee molto semplici, Twitter addirittura è rimasta tale.

"Senza contare che tanti piccoli esperimenti falliti", dice Fogg, "costano meno di un grande progetto che non vede la luce. Insomma, partire in piccolo e crescere correggendo gli errori è una strategia molto più efficace (anche se apparentemente meno gratificante) che pensare subito in grande. Il mondo del digitale è pieno di enormi cadeveri eccellenti, l'ultimo in ordine di tempo è Google Wave".

Ma se è facile capire i vantaggi, soprattutto in termini di costi, nell'applicare il paradigma della semplicità ai progetti aziendali, è meno evidente come questa semplicità possa essere "pensata" e possa poi fare breccia sul mercato.
"Pensare semplice è molto più difficile", spiega Fogg, "ci vuole disciplina per evitare la tentazione di cadere nella complessità e soprattutto bisogna avere la capacità di intuire l'elemento vincente del prodotto/servizio. I clienti oggi preferiscono le cose semplici, in quasi tutti i segmenti hi-tech. Fanno eccezione solo i videogiochi e più in generale l'intrattenimento. In questi due campi gli utenti preferiscono prodotti complessi e articolati".

Pensando alla semplicità, la mente non può che correre a Apple. Ma Fogg spegne subito l'entusiasmo per il facile accostamento: "Apple sembra avere la bacchetta magica quando progetta un nuovo prodotto o servizio, ma non direi che le sue soluzioni sono semplici. iTunes, ad esempio, non è affatto un servizio semplice. L'aspetto esteriore dei prodotti Apple invece è semplice: la bellezza, in fondo, è semplicità".

Ancora più nitida la visione di Fogg sull'hi-tech del futuro: "Penso che nei prossimi anni", dice ancora Fogg, "sarà considerato semplice tutto ciò che sarà a contatto con il corpo delle persone: braccialetti, anelli, occhiali. La tecnologia dovrà fare i conti con la dimensione fisica dei clienti e adattarsi ad essa".

Infine, nonostante il fascino del guru digitale spinga a voli pindarici, l'ultimo spunto di riflessione non può non essere sulla crisi economica che ci terrorizza da mesi. Ma anche per il problema più grande del mondo la ricetta è piccola: "fare le cose semplici significa sprecare meno risorse: ora più che mai la semplicità può aiutare l'occidente a risalire la china", conclude un Fogg affabile e positivo, e torna a proiettare le sue slide di fronte a centinaia di reponsabili marketing assetati di consigli "digitali".

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