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Ibm gonfia i qubit e si prepara al salto quantico

L’azienda ha integrato nella propria offerta cloud un processore da 20 bit quantistici, a disposizione di ricercatori e sviluppatori. Pronto anche un prototipo due volte e mezzo più potente. Il programma Quantum Experience di Big Blue ha finora attratto 60mila utenti e 1.500 università da tutto il mondo.

Pubblicato il 13 novembre 2017 da Redazione

Ibm quadruplica la propria “posta quantistica”. L’azienda ha messo a disposizione via cloud l’accesso a un nuovo processore da 20 qubit, aumentando così di ben quattro volte la potenza di calcolo in soli sei mesi. La scorsa primavera, infatti, Big Blue aveva inaugurato un nuovo servizio sulla nuvola per consentire a sviluppatori e ricercatori di sperimentare con i chip quantistici. Inizialmente l’offerta prevedeva un processore da 5 qubit. Ma il nuovo annuncio cambia anche le regole del gioco, perché se la Cpu meno potente è offerta gratuitamente, quella da 20 qubit rappresenta di fatto la prima proposta commerciale di Ibm nel settore. E non è finita qui: il colosso di Armonk ha annunciato anche la creazione di un prototipo da ben 50 qubit, anche se la società non ha chiarito quando la nuova soluzione verrà effettivamente messa a disposizione.

“Solo fino a qualche anno fa non era possibile mettere in esecuzione in modo affidabile più sistemi quantistici. Adesso possiamo far scalare i processori Ibm fino a 50 qubit, grazie a incredibili sforzi ingegneristici e scientifici”, ha spiegato Dario Gil, vice president of Ai and Ibm Q, Ibm Research. Big Blue ha fatto sapere che, tramite il proprio programma quantistico, ha dato la possibilità a circa 60mila utenti di eseguire oltre 1,7 milioni di esperimenti e di pubblicare 35 lavori scientifici.

Le registrazioni al progetto sono arrivate da 1.500 università, 300 scuole superiori e altrettanti istituti privati di tutto il mondo. Nel corso del 2018 l’azienda ha dichiarato di voler continuare a migliorare la qualità dei propri dispositivi e degli stessi qubit. Perché ad aumentare del numero dei bit quantistici (che, per le loro proprietà, possono assumere più stati contemporaneamente), cresce in maniera esponenziale anche la complessità del sistema.

Uno degli ostacoli principali è quello di limitare il più possibile il tasso di errore, che in una soluzione a 20 qubit è decisamente maggiore rispetto a una macchina a 5 qubit. Ecco quindi che un dispositivo sulla carta più potente potrebbe rivelarsi meno affidabile di uno meno “dotato”. Il secondo limite è dato dalla coerenza, in quanto i bit quantistici sono molto instabili e mantengono la propria condizione per una frazione di secondo, prima di tornare a comportarsi come i bit “classici”, che possono assumere valori pari a zero e uno.

 

Un criostato per processori quantistici

 

Alla fine degli anni Novanta i ricercatori riuscivano a stabilizzare i qubit soltanto per qualche nanosecondo, mentre gli esperti di Ibm, oggi, hanno toccato anche i 90 microsecondi. Ai nostri occhi può sembrare poco, ma si tratta comunque di un progresso sostanziale. L’obiettivo è arrivare adesso alla progettazione di macchine in grado di correggere gli errori in automatico, assicurando così una coerenza teoricamente infinita.

 

Tag: processori, ibm, cloud, servizi, qubit, Quantum Experience, computing quantistico

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