28/03/2014 di Redazione

Il backup è utile ma non può fare miracoli

A detta di Kroll Ontrack la percentuale di utenti e aziende che sfruttano soluzioni di backup è cresciuta del 5% in un anno. Il metodo più utilizzato è ancora il salvataggio su hard disk.

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Il backup non può essere la risposta a tutti i mali del data loss, ma è comunque un valido aiuto. La più recente fra le indagini condotte da Kroll Ontrack, nella quale sono stati interpellati circa 700 clienti che di recente hanno usufruito dei suoi servizi di recupero dati in Nord America, Europa e Asia, mostra come utenti e aziende stiano facendo dei passi avanti nei metodi di salvataggio dei propri dati: il 65% degli intervistati possedeva una soluzione di backup al momento della perdita dei dati, ovvero il 5% in più rispetto al 60% di un analogo sondaggio condotto l’anno precedente. E il restante 35% si è comunque detto interessato a dotarsi di una soluzione di backup, spiegando (in un caso su due) di non averla ancora adottata per mancanza di tempo nel selezionarla e gestirla; il 27% ha invece citato ostacoli relativi al costo della soluzione.

In molti casi il backup non basta


“Con il miglioramento della qualità e del prezzo delle tecnologie di backup, non è una sorpresa vedere come sia aumentata la percentuale di persone che hanno implementato soluzioni per il salvataggio di copie di sicurezza dei dati”, commenta Paolo Salin, country director di Kroll Ontrack Italia. “Quello che è interessante è che coloro che impegnano tempo e denaro per munirsi di una soluzione di backup sperimentino ancora casi di perdita dei dati, a riprova del fatto che bisogna essere estremamente diligenti per assicurare che il metodo di backup scelto abbia successo”.

Sul totale degli episodi di data loss osservati da Kroll Ontrack, la percentuale dei casi in cui i dati persi riguardavano l’ambito lavorativo è scesa leggermente. Fra gli intervistati di quest’anno, il 64% ha detto di aver perso dati di lavoro, contro il 67% della survey precedente, mentre il 36% di aver perso dati personali, contro il 33% del 2013. Spostamenti che, in ogni caso, si prestano a spiegazioni varie: potrebbero significare una crescente attenzione nel maneggiare e conservare i contenuti più "delicati”, quelli lavorativi, ma non c’è certezza su questa interpretazione.

Quel che invece è certo è come i metodi tradizionali di salvataggio, quelli affidati a un supporto fisico, siano ancora i più sfruttati. Tra gli intervistati “vittime” del data loss nonostante il backup, il 59% ha detto di aver usato un hard disk esterno, il 15% utilizzava cloud e il 10% usava un sistema di backup su nastro. Inoltre, il 55% ha dichiarato di aver salvato diligentemente i propri dati con cadenza quotidiana.

Com’è possibile, allora, che si siano persi dei dati, nonostante queste premesse? Kroll Ontrack spiega che la casistica è variegata: l’hard drive esterno è stato connesso occasionalmente, mentre il backup non era stato automatizzato ma eseguito solo su richiesta; il computer non era acceso al momento del backup programmato e non era configurato per poterlo effettuare in un secondo momento; il software di backup non ha funzionato; la dimensione dei dati da salvare eccedeva lo spazio disponibile; le impostazioni di salvataggio non includevano tutti i dispositivi che necessitavano di un backup; si sono persi i dati prima dell’avvio del backup pianificato.

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