18/07/2016 di Redazione

La britannica Arm diventa giapponese per 30 miliardi di euro

La holding nipponica Softbank ha rilevato l’azienda di Cambridge con un premio per azione del 43%. Secondo il governo l’isola è dunque rimasta attrattiva anche in seguito alla Brexit. Il numero uno della conglomerata di Tokyo ha affermato che il personale

immagine.jpg

Il Giappone entra a gamba tesa nella Brexit, facendo il gioco dell’ampia fetta di opinione pubblica uscita vincente dal referendum dello scorso 23 giugno. Softbank, conglomerata nipponica di tecnologia e telecomunicazioni, ha annunciato nella mattinata di oggi di aver rilevato il colosso dei processori Arm Holdings per circa 30 miliardi di euro (24,3 miliardi di sterline). Immediata la reazione di una parte del governo britannico, che ha sottolineato come l’isola resti comunque attrattiva per gli investitori. Secondo quanto si apprende dai dettagli dell’accordo, il numero uno di Softbank, Masayoshi Son, avrebbe chiuso la trattativa con gli inglesi concordando un premio per gli azionisti dell’azienda di Cambridge pari al 43 per cento rispetto al valore del titolo in Borsa. Si tratta di un plusvalore di circa 1.700 pence in contanti per ogni titolo posseduto.

La cessione della società è già stata approvata dal board di Arm, motivando la decisione repentina anche col fatto che le intenzioni di Softbank sono quelle di raddoppiare il personale nel Regno Unito nei prossimi cinque anni, lasciando inoltre il quartier generale sull’isola con lo stesso management. Per la holding nipponica è la più grande operazione finanziaria di sempre e il gruppo del Sol Levante si può posizionare ora come uno dei principali attori nel mercato dei processori.

Il vendor di Cambridge, che a differenza di altri produttori non realizza i chip ma vende le licenze dei propri design a terzi, è ad oggi il primo nome al mondo nel campo degli smartphone e sta battagliando duramente con Intel anche nel comparto server. L’obiettivo della compagnia guidata da Masayoshi Son, che in passato ha rilevato quote nell’operatore statunitense Sprint e nel gigante dell’e-commerce cinese Alibaba, è ora quello di approfittare delle ghiotte torte messe in vetrina da nomi come Apple, Samsung e Qualcomm, le cui soluzioni in silicio per gli smartphone sono basate proprio sull’architettura Arm, capace di assicurare alte prestazioni con consumi energetici molto ridotti.

Il gruppo britannico, comunque, commercializza anche piattaforme software e altri componenti hardware per il debugging con i marchi Realview e Keil. Secondo gli analisti, la decisione di Softbank di intervenire in maniera così decisa su Arm (che non era in cerca di compratori), indipendente dalla Brexit, rappresenta una chiara svolta strategica, in quanto il gruppo giapponese era solito prendere il controllo di realtà minori rilevano quote di maggioranza del capitale.

 

 

Secondo prime stime, la sola Arm peserà infatti per circa un terzo degli asset internazionali della conglomerata di Tokyo, valutati in 79 miliardi di dollari. Per finanziare l’acquisizione, Softbank utilizzerà il denaro in cassa (23 miliardi prima dell’annuncio dell’operazione), insieme a nuovo debito bancario. Debito che è al momento già piuttosto alto ed è valutato in circa 100 miliardi di dollari di esposizione nei confronti degli istituti di credito.

Ma non tutto quel che luccica potrebbe essere oro. Secondo l’analista di Gartner Roger Sheng, contattato da Bloomberg, “alcuni produttori di smartphone potrebbero non apprezzare la perdita di indipendenza di Arm, azienda che fino a oggi ha visto tra i suoi principali investitori realtà istituzionali. Il controllo giapponese potrebbe addirittura intralciare gli sforzi di espansione in Cina di Arm, dove le tensioni con il Paese vicino proseguono e dove il governo sta facendo pressioni sulle società tecnologiche locali per sviluppare alternative alle soluzioni hi-tech straniere”.

 

ARTICOLI CORRELATI