24/12/2015 di Redazione

La luce del Colorado spinge i chip a 300 gigabit per secondo

I ricercatori dell’Università di Boulder hanno realizzato un microprocessore che integra 850 componenti ottici di input-output ai circuiti elettrici classici. Il risultato è un “cervello” in silicio capace di trasferire dati fino a cinquanta volte più vel

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A Natale non si accendono solo le luminarie cittadine o gli alberelli, ma anche i processori. I ricercatori dell’Università del Colorado hanno fatto un passo avanti di grande rilievo nel campo della fotonica del silicio, sperimentando uno dei primi chip realmente funzionante con componenti ottici al posto dei corrispettivi elettronici per trasferire dati. Ovviamente, a velocità neanche comparabili a quelle a cui siamo abituati oggi. E non solo: la costante crescita della capacità di elaborazione dei microprocessori moderni ha portato i progettisti a fare i conti con consumi sempre maggiori. Al contrario, i chip in grado di sfruttare i principi dell’ottica possono consentire un grande risparmio dal punto di vista dell’elettricità totale impiegata. La luce, infatti, può essere “spedita” a distanze maggiori senza aumentare il consumo di energia.

Il nuovo chip presenta una densità di banda di 300 Gbps per millimetro quadrato, dalle dieci alle cinquanta volte in più rispetto ai microprocessori disponibili attualmente sul mercato. Il tutto in uno spazio di soli tre millimetri per sei di lato. Come sottolineato dai ricercatori in un articolo, però, pur avendo ben 850 componenti ottici di input e output, il chip presenta ancora delle parti elettriche, che rendono così questo minuscolo pezzo di silicio uno dei primi processori in assoluto in grado di integrare con successo l’ottica e l’elettronica classica. Un vantaggio enorme, in quanto il design sfruttato dai ricercatori potrebbe essere implementato teoricamente molto presto nel processo produttivo delle Cpu odierne.

“Uno dei vantaggi delle comunicazioni ottiche è che i flussi multipli di dati in parallelo codificati dai diversi colori della luce possono essere trasmessi sullo stesso mezzo: in questo caso, una guida d’onda ottica su un chip, oppure una fibra ottica non presente sul silicio dello stesso genere utilizzato attualmente per la dorsale Internet”, spiega Miloš Popović, coautore dello studio pubblicato su Nature e assistant professor presso il Dipartimento di elettronica, informatica e ingegneria energetica dell’Università del Colorado, Boulder.

 

Image courtesy of University of Colorado

 

“Abbiamo capito come utilizzare nuovamente lo stesso materiale e il processo produttivo che comprendesse anche i circuiti elettrici per sviluppare componenti ottiche ad alte prestazioni sullo stesso chip”, aggiunge Mark Wade, Phd candidate presso l’ateneo del Colorado, università con cui hanno collaborato anche i centri di ricerca di Berkeley (California) e del Mit di Boston. “In questo modo è possibile progettare complessi sistemi fotoelettrici che riescano a risolvere i colli di bottiglia nella trasmissione dati”.

Lo scorso maggio anche Ibm è riuscita a raggiungere un notevole traguardo nella fotonica del silicio, progettando un chip molto simile a quello sviluppato nei laboratori di Boulder. I ricercatori di Big Blue avevano partorito un microprocessore per la realizzazione di ricetrasmettitori ottici da cento gigabit al secondo. Poche settimane prima, invece, Intel era stata costretta a rinviare il proprio, analogo, progetto a causa di un problema di surriscaldamento.

 

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