21/03/2019 di Redazione

La “nuova” Cloudera chiama a sé tutti i dati, ovunque si trovino

Iniziano a vedersi i frutti della fusione con Hortonworks: nei prossimi mesi l’azienda porterà sul mercato una versione completamente aggiornata della propria data platform: integrata, scalabile, votata al multi-cloud e 100% open source. La filiale italia

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Un costante work in progress. Si può applicare questa definizione alla “nuova” Cloudera, nata ufficialmente da poche settimane in seguito alla fusione ormai conclusa con Hortonworks. I due fornitori di soluzioni di Big Data analytics basate sulla piattaforma Hadoop hanno infatti portato a termine il merger annunciato nel 2018: la nuova organizzazione, controllata al 60 per cento dagli azionisti di Cloudera e per la parte rimanente da quelli di Hortonworks, punta a superare il miliardo di dollari di ricavi nel 2020. A livello di prodotto, invece, sta lavorando per unire le singole offerte delle due ex aziende e portare così sul mercato una piattaforma 100 per cento aperta (Cloudera Data Platform, Cdp), fortemente votata alla nuvola e che metta a disposizione il meglio dei due mondi. Così facendo, il vendor di San Francisco ribadisce il proprio impegno totale verso la comunità open source.

Il cammino è ancora lungo e, per rispondere velocemente alle esigenze dei clienti (oltre duemila multinazionali in tutto il mondo), Cloudera ha deciso di rilasciare una prima versione della propria soluzione, ancora “incompleta”, entro la prossima estate: questa release supporterà gli ambienti Microsoft Azure e Amazon Web Services e una serie di funzionalità per analizzare i dati generati dal cuore della rete fino all’edge e per arricchirli con algoritmi di intelligenza artificiale.

Ma il traguardo più ambizioso è fissato per i primi mesi del 2020, quando l’unione tecnologica dei prodotti di Cloudera e Hortonworks sarà realmente completata, con pieno supporto anche per gli ambienti privati, ibridi e multi-cloud, oltre che per tecnologie “giovani” ma in grande fermento come i container.

“L’obiettivo è fornire un insieme di soluzioni che sappiano trasformare dati complessi, provenienti da un numero potenzialmente infinito di sorgenti, in insight chiari e azionabili per le linee di business”, ha spiegato Mick Hollison, chief marketing officer della società durante il Dataworks Summit 2019 di Barcellona. “La piattaforma poggia su uno strato comune che mette in contatto componenti e funzionalità, dal data flow al data warehouse, operando così in modo diverso da altri provider cloud che offrono servizi separati e con metodi di governance differenti”.

Quello che l’azienda chiama single pane of glass permette ai clienti di gestire, da un punto di accesso singolo e trasparente, elementi cruciali come l’identità degli utenti, l’orchestrazione e la sicurezza di tutto l’ambiente di lavoro. La ricca roadmap tecnologica è stata illustrata da Fred Koopman, vice president product management di Cloudera. “Vogliamo offrire ai clienti maggiore scalabilità, efficienza, agilità e produttività. Come? Dai nuovi modelli di implementazione (non solo su bare metal o in IaaS, ma anche in versione containerizzata con un ambiente Kubernetes fornito dallo stesso vendor, ndr) a un framework di gestione comune, passando per strumenti di migrazione per l’hybrid cloud e aggiornamenti su base mensile: la piattaforma diventerà un one stop shop per l’analisi dei dati”.

 

 

Un’analisi che non sarebbe né possibile né completa senza utilizzare l’intelligenza artificiale. “Applicando il machine learning in modo nativo possiamo abilitare business completamente nuovi, riducendo sensibilmente i costi”, ha spiegato Hilary Mason, general manager of Ai and Ml. “L’apprendimento automatico è un vero e proprio motore di crescita”. Cloudera strizza l’occhio soprattutto ai data scientist, dando loro un modulo dedicato (il nome, provvisorio, è Ml-X) per sperimentare con gli analytics intelligenti utilizzando i più diffusi linguaggi di programmazione (Python, Scala, R) e per condividere più velocemente modelli e progetti con gli altri team.

 

La nuova struttura italiana

La fusione con Hortonworks ha inevitabilmente sparigliato le carte delle strutture di management delle varie divisioni geografiche di Cloudera. Nel nostro Paese il ruolo di referente era affidato sino a poco tempo fa al regional sales director per l’area mediterranea Michele Guglielmo, che ha però deciso di lasciare l’azienda per “seguire il progetto di un’altra startup (Securonix, ndr), spiega a IctBusiness.it Romain Picard, regional vice president of France and South Emea. “Con il merger siamo riusciti a raddoppiare le nostre risorse in Europa meridionale, così come sono il numero di clienti e partner. Al momento stiamo cercando un country manager dedicato esclusivamente al mercato italiano”.

Un mercato che, pur essendo di dimensioni più contenute di quello francese, ha “portato in dote” a Cloudera alcune realtà importanti in diversi settori: utility, automotive, lusso, telecomunicazioni e Pubblica Amministrazione. “Pur operando in ambiti differenti, i clienti chiedono di poter agire in modo ibrido e senza legarsi a vendor particolari, allo scopo di trasformarsi realmente in aziende più smart. Unendo le forze a Hortonworks, abbiamo amplificato le sinergie per soddisfare le esigenze dell’enterprise”, aggiunge Picard.

 

Romain Picard, regional vice president of France and South Emea di Cloudera

 

Ma, completata ormai la fusione, chi rimane a fare da competitor a Cloudera? “Se si guarda alla nostra offerta da un piano di astrazione maggiore sostanzialmente nessuno, perché nessuna software house può mettere a disposizione un prodotto come il nostro”, conclude Picard. “Se si scende invece a livello di singoli componenti la concorrenza aumenta, perché le realtà che propongono, ad esempio, soluzioni di data warehousing sono numerose. Il nostro punto di forza rimane però inattaccabile ed è dato proprio dalla natura stessa della piattaforma”.

 

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