04/12/2014 di Redazione

“Per gli ambienti mission critical la soluzione è Suse”

Gianni Sambiasi, territory manager della società, spiega in questa intervista perché Enterprise Linux non ha rivali quando si parla di virtualizzazione e sistema operativo open source nelle grandi imprese. Tre anni dopo il passaggio da Novell al gruppo At

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Il mercato di Linux per le imprese è formato da pochi significativi player, con un elevatissimo livello di specializzazione. A livello commerciale le due aziende che si contendono la gran parte della torta sono Red Hat e Suse, con quest’ultima che è passata attraverso un’importante fase di transizione con il passaggio da Novell al gruppo Attachmate, avvenuto ormai tre anni fa. Per capire meglio come la società sia cambiata e quali strategie stia perseguendo, ictBusiness.it ha intervistato Gianni Sambiasi, Territory Manager di Suse.

Come stanno andando le cose per Suse dopo la riorganizzazione?

In occasione della nostra conferenza annuale SuseCon abbiamo fatto una serie di annunci che riguardano prodotti, sviluppi e soluzioni, oltre a delineare la nostra roadmap. Non tutti sanno che Suse è una società che è nata nel 1992 e che ha quindi una grande esperienza nelle soluzioni open source pensate, progettate per il mission critical computing e indirizzate al mercato enterprise. In questi 22 anni la storia ci ha visti partecipi, direi anche protagonisti, di tappe che rappresentano ancora oggi delle pietre miliari nell’ambito di Linux. Parlo per esempio del primo Linux su mainframe, dell’accordo di interoperabilità con Microsoft, di una partnership molto importante con SAP.

Oggi siamo presenti in 43 Paesi e abbiamo oltre 19mila clienti, e questa non è cosa banale. E’ anche importante sottolineare le industry di appartenenza di questi clienti: abbiamo delle leadership in ambito automobilistico e in ambito aerospaziale, piuttosto che delle eccellenze nell’High Perfomance Computing e nell’installato su mainframe Ibm.

Quello che ha caratterizzato Suse nel corso di questi anni è la capacità di innovare. Quando parliamo di innovazione ci riferiamo a una tecnologia già robusta, matura, pronta per essere utilizzata sul campo. Ci siamo sempre distinti con l’uscita di distribuzioni Linux che contenevano già la tecnologia più evoluta, per consentire ai clienti di abilitare nuovi servizi offrendo prestazioni migliori. E questo ci è sempre stato riconosciuto.

 

Gianni Sambiasi, territory manager di Suse

 

Quali sono le caratteristiche che vi distinguono su questo mercato?

Abbiamo un posizionamento molto chiaro, con cui ci differenziamo dagli altri competitor che lavorano in questo ambito: Suse è concentrata a sviluppare soluzioni legate allo strato di infrastruttura di un teorico stack, quindi virtualizzazione e sistema operativo. Per spiegare meglio i pilastri di questa strategia, l’abbiamo sintetizzata in tre punti: primo, sviluppare una piattaforma, che si chiama Suse Linux Enterprise, robusta studiata per il mondo enterprise da cui vengono generati i prodotti Suse; il secondo punto riguarda il cloud computing, nello specifico con Suse Cloud, che è una distribuzione di OpenStack, grazie a cui forniamo un’infrastruttura per realizzare delle cloud private; il terzo punto riguarda gli sviluppi legati al Software-Defined Storage e ai Big Data, concetto che in alcuni casi resta ancora purtroppo vago. Il resto dello stack lo completiamo con le partnership. Ho citato per esempio Sap, che è una delle più importanti.

Siamo quindi nella posizione giusta per dare risposta a chi si trova con l’esigenza di risparmiare anche in quella parte di data center considerata mission critical che è ancora appoggiata su sistemi Risc Unix. Oggi lo possiamo fare con sistemi Linux che girano su x86, ma con l’etichetta della robustezza e con l’obiettivo del cosiddetto ‘zero downtime’ (leggi qui la recente ricerca realizzata da Suse su questo tema, ndr), ovvero sistemi che siano affidabili e che non ‘cadano’ mai.

Grazie a quello che abbiamo realizzato nel tempo, permettiamo ai clienti di guardare a noi come la piattaforma idonea a ospitare i workload più importanti. Questo è quello che ci sta facendo crescere di più. Ci sono numerosi progetti di migrazione da Unix a Linux, molti anche in Italia, e nella maggior parte di questi Suse è protagonista.

 

Chi considerate come vostro principale competitor?

Ne abbiamo uno solo. Se guardiamo al mercato della distribuzione commerciale di Linux, i due attori principali sono Suse e Red Hat. Ci sono un paio di altre distribuzioni considerate commerciali, che occupano  però un ambito marginale, che sono Oracle e Canonical. Quando però guardiamo al mercato enterprise, che richiede una gamma di prodotto variegata, che ha bisogno di supporto tecnico in tutto il mondo, a cui servono livelli di servizio stringenti per seguire meglio alcuni ambiti ancora più critici del data center, allora i player sono solo due.

Perché rispetto a Red Hat vi sentite così differenti?

Per rispondere a questa domanda bisogna parlare di un differenza che va oltre Linux. Suse è concentrata solo a livello di infrastruttura, mentre il nostro competitor offre soluzioni che vanno anche sopra: parlo di middleware e di altre componenti che occupano gli strati superiori. Quando si paragonano i numeri bisogna quindi tenere conto di questa differenza. L’altro aspetto, per altro riconosciuto dai clienti, è che quando parlo di ambiti mission critical mi riferisco a situazioni in cui è richiesta l’erogazione di un servizio con certe caratteristiche. Se guardiamo alle installazioni di Linux in ambito mission critical, le proporzioni tra noi e il nostro competitor sono diverse rispetto a quello che appare guardando il mercato nel suo complesso. Noi abbiamo fatto scelte di tecnologia nella nostra distribuzione che puntano specificamente a quell’obiettivo. Per esempio, siamo attivi con Linux sul mainframe sin dal 1999 e oggi abbiamo un installato dell’80 per cento.

 

I numeri più significativi di Suse

 

Come stanno andando le attività di Suse in Italia?

Negli ultimi tre anni Suse è tornata autonoma sul mercato, con la creazione - nel 2011 - di una specifica organizzazione interna al gruppo. Questo ci ha permesso di riguadagnare visibilità. In questi tre anni in Italia siamo cresciuti tantissimo, anche meglio del resto del mondo, anche se posso citare solo i risultati globali: l’anno scorso siamo cresciuti del 47% come fatturato. Tenendo conto che una società come Suse vende servizi in abbonamento per l’aggiornamento del software e il supporto tecnico che possono essere anche più lunghi di un anno, la crescita effettiva è stata del 16 per cento. Sono numeri che hanno la doppia cifra, molto interessanti se paragonati al contesto economico attuale. Oggi siamo a metà dell’anno fiscale e quello che vediamo è una situazione di crescita del più venti per cento.

In Italia, come detto, andiamo meglio rispetto ai risultati globali. Un indice importante di cui tenere conto è il numero di nuovi clienti attivi. Si può ovviamente crescere aumentando la base di installato e aggiungendo qualche nuovo cliente. Quello che abbiamo registrato è invece l’acquisizione di tantissimi nuovi clienti, indice di espansione e di maggiori potenzialità. Siamo assolutamente soddisfatti del risultato raggiunto.

 

All’inizio ha parlato della roadmap annunciata in occasione di SuseCon. Che cosa prevede?

Alcune delle soluzioni sono già uscite, mentre altre sono state annunciate. La funzionalità più importante, perché è unica ed era molto attesa, è quella che permette l’aggiornamento del kernel di Linux senza fermare la macchina (Live Patching, ndr). In presenza di una vulnerabilità è ovviamente necessario fare un aggiornamento tramite patch, anche sui server che stanno erogando servizi. Il mercato ha sempre cercato la bacchetta magica per poter aggiornare le macchine senza fermarle. Noi abbiamo trovato la soluzione.

L’altra notizia, in prospettiva 2015, riguarda il tema del Software-Defined Storage che è una modalità di archiviazione dei dati che utilizza risorse distribuite. Suse Storage è basato su un progetto open source ed è destinato a risolvere il problema della memorizzazione di crescenti quantità di dati senza dover ricorrere a risorse che sono molto costose. Crediamo molto in questa soluzione: è un cambio di paradigma. Finora lo storage è stato visto come un’unica risorsa, costosissima, ad altissime prestazioni. L’idea, ora, non è più quella di accedere a un hardware specifico, ma di fare uso di tutto lo spazio disponibile sui dischi sparsi in giro per i vari server.

Il software provvede quindi ad andare a recuperare quello spazio e a tenere traccia di tutto quello che viene memorizzato in giro. Il primo vantaggio è quello di risparmiare, visto che non è più necessario comprare costoso hardware specifico, il secondo è quello di avere la libertà di utilizzare meglio le risorse disponibili. Suse Storage dovrebbe arrivare nella prima metà del prossimo anno. Continueremo poi a migliorare le soluzioni che perseguono l’alta affidabilità e il disaster recovery che possono permettere ai sistemi di non fermarsi mai, cercando quindi lo “zero downtime”.

Quale metodo avete scelto, in termini di canale, per raggiungere i vostri clienti?

Suse arriva sul mercato esclusivamente attraverso i partner. Da una parte abbiamo le alleanze tecnologiche, dall’altra abbiamo partner che vanno dalle piccole realtà fino ai grandi system integrator, che presso il cliente si occupano sia della rivendita sia della presa in carico dei progetti di virtualizzazione e di migrazione di Linux. Abbiamo anche un gruppo di partner che si occupano di formazione. Questo è il modello scelto da Suse e ci teniamo molto a rispettarlo. Andiamo direttamente sul cliente insieme al nostro partner per fare divulgazione, ma chi esegue poi il progetto e conclude la vendita è sempre il partner.

 

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