16/12/2022 di Redazione

Sostenibili e “sovrani”, si espandono i data center di Aruba

Il provider italiano ha ampliato il proprio campus di Ponte San Pietro, nella bergamasca, con due nuove infrastrutture e un auditorium, mentre fra qualche mese toccherà a Roma. Adesione agli standard più recenti, rispetto dell’ambiente, sicurezza e totale

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Abbiamo da tempo superato la logica che, dalla prima informatizzazione delle aziende italiane, ha caratterizzato l’evoluzione dei data center. Sempre meno queste infrastrutture sono allocate nelle sedi delle aziende, ma questo non significa che soprattutto il cloud ne abbia decretato l’obsolescenza. Anzi, i player del settore ne stanno continuamente costruendo di nuovi oppure affittano spazio nelle facility di colocation.

Aruba sta investendo da tempo nella creazione di infrastrutture indirizzate a fornire servizi di hosting, housing, colocation o cloud per le aziende. Partita diversi anni fa da Arezzo, l’azienda ha poi costruito un campus a Ponte San Pietro, nella bergamasca, che oggi si estende su oltre 200mila metri quadrati di superficie totale, offre una potenza complessiva raggiungibile di 60 Mw, 250 Gb/s di connettività gestita ridondata, mentre circa 130mila sono complessivamente i server gestiti.

Da poco, sono stati inaugurati due nuovi data center, con un investimento complessivo di 500 milioni di euro, che vanno ad aggiungersi a quello esistente (DC-A). La prima delle due infrastrutture (Dc-B) occupa una superficie di oltre 17.000 m² ed è su tre grandi sale dati con infrastrutture indipendenti, mentre la seconda (Dc-C) offre un design più avanzato con un layout multipiano, otto sale poste su due livelli, una potenza a regime di 8 Mw ed una superficie totale di quasi 14.000 m². A questo si aggiunge un auditorium da 400 posti, costruito per realizzare eventi anche esterni.

L'auditorium inaugurato all'interno del campus di Aruba insieme ai due nuovi data center

Due sono gli assi portanti che caratterizzano le scelte operate da Aruba e la sua proposizione al mercato, ovvero la sostenibilità e la sovranità dei dati. Anche i nuovi data center di Ponte San Pietro, come quello già inaugurato nel 2017, sono stati costruiti su principi green by design e utilizzano solo energia prodotta al 100% da fonti rinnovabili o autoprodotta o con garanzia di origine riconosciuta a livello europeo. Inoltre, il gruppo ha investito nell’acquisto di centrali idroelettriche sparse sul territorio italiano per l’immissione nella rete di distribuzione di energia pulita e, nel caso specifico del campus di Ponte San Pietro, sulle risorse geotermiche del sottosuolo, che consentono di ottenere un livello di efficienza avanzata per i sistemi di raffreddamento degli apparati It.

La fiducia alla base del successo del cloud

Sul tema della sovranità dei dati, Aruba fa leva sul fatto di essere un provider di riferimento con sede e cultura tutte italiane, seppure proiettata verso un’internazionalizzazione fondata su un network già europeo, con cinque data center distribuiti sul Continente e l’integrazione in progetti sovranazionali come Gaia-X. All’evento di inaugurazione dei nuovi data center, sul tema è intervenuto Francesco Bonfiglio, Ceo della federazione che sta lavorando alla creazione di un sistema cloud su scala europea, per sottolineare che “l’80% dei dati oggi non viene condiviso e questo non dipende dalla tecnologia disponibile, bensì dalla fiducia che vi si ripone. Non è un caso che il livello di adozione del cloud in Europa sia ancora sotto il 26%. La bassa latenza è una delle chiavi per crescere e rappresenta un’opportunità unica per pperatori come Aruba. Gaia-X, a propria volta, può indirizzare il tema del trust, anche perché nasce dal mercato e non dalle istituzioni”.

Gli ha fatto eco Pierre Chastanet, Head of Unit Cloud and Software Dg Connect della Commissione Europea, che ha evidenziato come “gli investimenti oggi richiesti per creare infrastrutture sono notevoli, ma nonostante questo ci sono operatori come Aruba e altri in Europa che sono sul mercato e sono competitivi. I livelli di servizio offerti sono comparabili a quelli degli hyperscaler. Non ha senso replicarne il modello, ma lavorare su una strategia europea, lasciando controllo sui dati alle aziende. Nessun provider può essere presente ovunque, quindi serve maggior cooperazione. La Commissione fa la propria parte e sta ora lavorando, per esempio, su meccanismi di certificazione sulla sicurezza che sia possibile ottenere una volta nel proprio paese, ma sia poi riconosciuta nel resto del Continente”.

L’espansione di Aruba non si ferma qui, visto che nella pria parte del 2023 è prevista apertura del nuovo Hyper Cloud Data Center di Roma, che si estende per 74mila metri quadrati e fino a 66 M di potenza raggiungibile. Anch’esso si basa sull’uso di energia rinnovabile certificata a livello europeo tramite Garanzia di Origine e sull’autoproduzione di energia fotovoltaica. La progettazione, inoltre, risponde ai requisiti delle certificazioni: Rating 4 Ansi/Tia 942-B-2017, Iso 9001, 27001, 14001 e 50001. A tal proposito, l’azienda ha recentemente implementato la nuova Iso 22237, prima in Italia ad allinearsi a questo standard internazionale di riferimento per l'intero ciclo di vita del data center, dall'ideazione strategica alla realizzazione e messa in esercizio.

 

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