Uso improprio di Java: il tribunale punisce Google
Ribaltando una precedente sentenza, una corte federale statunitense ha dato ragione a Oracle: Google avrebbe violato il copyright utilizzando 37 pacchetti Api di Java per lo sviluppo di Android.
Pubblicato il 12 maggio 2014 da Redazione

Una dottrina, tipica della legislazione statunitense, che ammette l’utilizzo delle proprietà intellettuali protette da copyright in alcune circostanze, in relazione a diversi fattori fra cui l’impatto della tecnologia sul mercato e il contesto di impiego.

Java si può utilizzare liberamente, le sue Api no
A due anni di distanza, il giudice Kathleen O’Malley ha invece dato ragione a Oracle sostenendo che “il codice, la struttura, la sequenza e l’organizzazione dei pacchetti Api sono da considerarsi protette dal copyright”. Niente è ancora deciso, sul piano pratico, poiché la questione è stata rinviata al tribunale di primo grado che dovrà sentenziare se sussistano oppure no le circostanze del fair use. Se così non fosse, Google sarà costretta a pagare 1 miliardo di dollari di danni a Oracle per l’utilizzo non autorizzato della Api.
L’azienda di Mountain View al momento non ha rilasciato particolari commenti, dichiarando semplicemente di sentirsi “delusa” da una sentenza che rappresenta “un ‘dannoso precedente per l’informatica e lo sviluppo software”.
Chi ha ragione? Florian Mueller, analista e blogger di Foss Patents con un passato di attivista pro-copyright, è schierato con Oracle: Google avrebbe potuto utilizzare il linguaggio di programmazione Java per creare delle Api proprie, ma ha scelto la strada più facile usando quelle già pronte e suo tempo acquistate a caro prezzo da Oracle. Altri analisti, al contrario, hanno sottolineato come la libertà di riutilizzo di Api esistenti sia una spinta allo sviluppo software e hardware, che aumenta la possibilità di creare prodotti compatibili a tutto vantaggio degli sviluppatori stessi e del consumatore finale.
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