20/12/2022 di Redazione

Web3 e metaverso, tante aspettative da realizzare (con cautela)

Dal retail all’industria dell’intrattenimento, le tecnologie del Web3 prospettano nuove possibilità di guadagno e ingaggio del cliente. Ma non mancano i rischi.

immagine.jpg

Senza dubbio il metaverso è stata una delle tecnologie più chiacchierate del 2022 e probabilmente lo sarà anche nel 2023. La sola Meta, guidata dalla ostinata visione di Mark Zuckerberg, quest’anno vi ha investito oltre 10 miliardi di dollari e, nonostante le critiche e lo scetticismo ricevuti, ha sicuramente aperto la strada per una miriade di altre aziende che stanno iniziando a sviluppare un’offerta di tecnologie e servizi. Più che di semplice metaverso, tuttavia, è corretto parlare di Web3, un nuovo ecosistema digitale non solo tecnologico ma economico, che si regge sulla realtà virtuale e aumentata ma anche su sistemi di pagamento e di gestione delle identità, dunque su criptovalute, Blockchain ed Nft. Per alcuni il Web3 è anche un diverso modo di pensare alla sfera digitale, è l’idea di una Internet decentralizzata e basata in larga misura su protocolli peer-to-peer che lasciano agli utenti un maggior controllo sui propri dati e contenuti. 

Questa visione richiederà tempo per essere realizzata o magari smentita, mentre al momento stanno sbocciando molte “isole” di metaverso, create da singoli brand in collaborazione con fornitori di servizi, per finalità che spaziano dal marketing (generazione di brand awareness e vendita, e si contano ormai numerosissimi esempi nel retail, dall’abbigliamento alla cosmesi) alle attività lavorative (un esempio è la piattaforma lanciata da Deloitte) o, ancora, agli spettacoli (nell’industria discografica l’ultimo caso è quello del rapper Notorious B.I.G., scomparso nel 1997 ma riportato in vita digitalmente per un concerto nel metaverso). C’è poi, ovviamente, il mondo del gaming, che nel metaverso può trovare una nuova dimensione fatta di avatar, mondi virtuali da esplorare, grafica fotorealistica e beni da acquistare.

La casistica variegata e in evoluzione è un segnale di fermento ma lo scenario di adozione è appena agli albori. Una ricerca condotta lo scorso settembre da The Innovation Group (società proprietaria del sito di Ictbusiness) e da Web3 Alliance su 142 aziende italiane dei diversi settori e dimensione ha evidenziato che anche in Italia il terreno è fertile. Ben il 75% delle aziende del campione (e l’80% se consideriamo solo quelle medie e grandi) è interessato alle opportunità del Web3 e il 64% sta già valutando come sfruttarle. Solo il 7%, tuttavia, ha già avviato un progetto pilota.

Se questo è il punto di vista delle aziende, che ne pensano i consumatori? Da un nuovo studio di Capgemini (“Total Immersion: How Immersive Experiences and the Metaverse Benefit Customer Experience and Operations", condotto su 8.000 consumatori e 1.000 organizzazioni in 12 Paesi, tra cui l’Italia) è emerso che il 77% degli utenti si aspetta che le esperienze di realtà virtuale immersiva abbiano un impatto sul modo in cui interagiscono tra loro persone, brand e servizi. I consumatori sono incuriositi dal metaverso e vorrebbero provare le sue esperienze immersive soprattutto per interagire con la famiglia, gli amici, o i colleghi oppure per fare shopping.

Lo stesso studio ci dice che per sette aziende su dieci le esperienze immersive saranno un elemento di differenziazione chiave nel mercato di riferimento, specie per conquistare e fidelizzare il cliente. Alcune sperimentazioni già in corso riguardano l’uso della realtà aumentata per “arredare casa” virtualmente o per guardare da vicino prodotti in vendita. In generale, il 66% delle aziende ha definito una roadmap di uno o due anni per le esperienze immersive, mentre il 15% punta ad avere una presenza nel metaverso entro un anno e il 45% ritiene che diventerà un fenomeno mainstream entro tre anni. Quasi due terzi (62%) delle aziende ammettono che attualmente per le esperienze immersive ancora manca un impegno da parte dei dirigenti. 

 


Schivare i rischi e l’hype sul metaverso
Sempre Capgemini mette in guardia sui potenziali rischi del metaverso, che sono un po’ quelli di Internet ma amplificati e affiancati da insidie più specifiche. Da un’analisi di oltre 180.000 conversazioni sui social è emerso che i consumatori preoccupati per il rischio di molestie sessuali, compromissioni della privacy o della sicurezza personale. Questi stessi temi, d’altra parte, li aveva già evidenziati anche Trend Micro, elencando in particolare dieci pericoli connessi al metaverso (anzi, al Darkverse) tra furto di dati, cyberspionaggio, bullismo e danni psicologici.

Una voce critica è anche quella di Thoughtworks. La società statunitense di progettazione software e consulenza nel proprio documento sulle previsioni tecnologiche per il 2023 evidenzia le opportunità e anche i rischi del Web3, sottolineando che i suoi sviluppi potranno avere “implicazioni positive o negative. La decentralizzazione può contrapporsi ai monopoli e democratizzare l’accesso ai servizi. Tuttavia la centralizzazione e la supervisione regolatoria offrono protezione e risorse legali, e lo spazio delle criptovalute fornisce diversi episodi di ammonimento su ciò che accade in assenza di barriere”. Gli esempi di cybercrimine o di truffe nel campo delle valute virtuali si sprecano, e basti pensare al recente caso della piattaforma di scambio Ftx, il cui fondatore è finito in manette. Anche al netto delle truffe e delle attività cybercriminali, le criptovalute restano un bene altamente instabile e rischioso: quest’anno il bitcoin ha perso il 60% del proprio valore.

 

Rebecca Parsons, Cto di Thoughtworks

 

Per il Web3, sottolinea ancora Thoughtworks, resta da vedere se i futuri sviluppi conserveranno o snatureranno gli ideali di democratizzazione e centralizzazione su cui si fonda il manifesto. Le aziende dovranno essere caute nell’adozione, focalizzandosi su ciò che il Web3 può concretamente offrire loro, senza lasciarsi ammaliare dall’hype del momento.

Per molte aziende le maggiori opportunità del Web3 emergeranno probabilmente in relazione alla risoluzione degli attriti e alla digitalizzazione”, ha commentato Rebecca Parsons, chief technology officer di Thoughtworks. “A condizione che il Web3 si scrolli di dosso alcune delle sue associazioni più negative e che si realizzino gli obiettivi di sicurezza e privacy della blockchain, il guadagno in termini di identità distribuita e di maggiore controllo da parte dell'utente finale potrebbe fornire alle aziende nuovi modi per garantire la privacy dei dati dei clienti, guadagnandosi al contempo la fiducia e la fedeltà di questi ultimi”.

 

scopri altri contenuti su

ARTICOLI CORRELATI