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Windows 10, il futuro sarà roseo (malgrado gli aggiornamenti)

Gartner è certa: l’adozione dell’ultimo os di Microsoft sarà la più rapida di sempre, grazie anche alla grande compatibilità di applicazioni e dispositivi con le versioni precedenti. Al momento, però, pesa una gestione poco trasparente degli update e pacchetti cumulativi che non sempre funzionano come dovrebbero.

Pubblicato il 25 novembre 2015 da Alessandro Andriolo

Il successo arriverà, anche se al momento la previsione sembra azzardata per diversi motivi. Eppure, Gartner ne è certa: l’adozione di Windows 10 nelle aziende sarà la più veloce di sempre, se confrontata con il percorso di migrazione intrapreso in passato con Windows 7 e Windows Xp. Secondo la società di analisi, infatti, a gennaio 2017 il 50% delle imprese a livello mondiale avrà avviato l’installazione di Windows 10 nel proprio parco macchine, per concludere il passaggio nel 2019. I fattori che accenderanno la scintilla del feeling tra aziende e l’ultimo ecosistema di Microsoft saranno diversi: la fine del supporto di Windows 7, prevista per il 2020; una grande compatibilità di applicazioni e dispositivi proprio con quella release dell’os e una richiesta minore di tablet e dispositivi 2-in-1. Il risultato è che molte organizzazioni inizieranno a studiare i primi test pilota nella prima metà del 2016, per allargare poi le strategie di deployment entro la fine dell’anno.

Windows 10 sembra quindi avviato verso un futuro roseo, ma oggi deve fare ancora i conti con l’attualità. Che, per certi aspetti, è oscurata da problemi e noie non di poco conto, derivanti in larga parte dal primo aggiornamento “major” del sistema operativo. Il 12 novembre Microsoft ha rilasciato infatti un upgrade di peso (build 1511, ribattezzato Threshold 2), che si distingueva dagli update precedenti perché prometteva l’arrivo di un importante pacchetto di novità: avvii più rapidi, miglioramenti di Cortana e del browser Edge e così via.

Se molti utenti non hanno riscontrato problemi con l’aggiornamento, altri hanno dovuto fare i conti con malfunzionamenti che, in certi casi, hanno costretto al rollback verso la build precedente. L’ultima falla la segnala Wired, che riporta come la nuova versione dell’os cancelli programmi e applicazioni dal disco senza chiedere il permesso degli utenti. Si tratta perlopiù di strumenti per il monitoraggio e per la gestione dell’hardware, spesso già preinstallati dai produttori di computer. Tra i casi citati, si trova anche il Catalyst Control Center di Amd, l’hub di controllo per le schede grafiche Radeon.

 

 

L’eliminazione automatica andrebbe in teoria letta come il tentativo del sistema operativo di rimuovere programmi e funzionalità non più compatibili con l’ultima release: cosa buona e giusta, ma che ha indispettito molti utenti perché fatto sotto traccia, senza avvisi specifici. Il che rientra comunque appieno nella strategia di Microsoft per la distribuzione di Windows 10, portata avanti obbligando i titolari di licenze Home ad accettare a viva forza tutti gli aggiornamenti. Destino inizialmente simile anche per le versioni aziendali, ma modificato poi almeno parzialmente in corsa.

Inoltre, Microsoft si è resa protagonista nelle ultime ore di un piccolo pasticcio legato sempre alla build 1511 di novembre. Sempre senza avvisare, lo scorso weekend la Threshold 2 è stata rimossa dal Media Creation Tool ed è rimasta disponibile soltanto via Windows Update, lasciando sul kit solo la release di luglio. Ieri, invece, la build di novembre è tornata disponibile anche sul Media Creation Tool, ma in una versione leggermente modificata ed etichettata Kb3120677. Il colosso statunitense ha motivato il gesto con la scoperta di alcuni problemi legati alla gestione della privacy, perché l’upgrade modificava in automatico alcune opzioni. Il nuovo update dovrebbe risolvere la situazione.

 

Tag: microsoft, gartner, windows 7, windows 10, threshold 2

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