09/05/2024 di Valentina Bernocco

E-commerce italiano fra crescita e un potenziale ancora irrealizzato

Le vendite sui canali digitali arriveranno a 38,6 miliardi di euro nel 2024. Le aziende che vendono online sono però solo 88mila e l’export è trascurato. I dati e l'analisi di Netcomm.

(Immagine generata dall'AI)

(Immagine generata dall'AI)

L’e-commerce è motore di innovazione, anche se oggi dovremmo forse più correttamente parlare di commercio digitale: una modalità di vendita, comunicazione e relazione con i consumatori estesa dai canali tradizionali a quelli online. Il mercato italiano continua a crescere, pur con un fisiologico rallentamento dovuto alla maturazione: i “consumatori digitali”, che acquistano su siti Web e app, l’anno scorso hanno toccato quota 33,7 milioni. “Stiamo arrivati al plateau”, ha commentato Roberto Liscia, presidente del consorzio Netcomm, durante la conferenza di apertura dell’annuale Netcomm Forum, giunto alla diciannovesima edizione. “La Generazione Z è cresciuta ed è entrata nella fascia degli acquirenti, mentre i consumatori della terza età, che prima non acquistavano online, ora lo fanno”.

“Complessivamente nel 2023 il valore dell’e-commerce B2C di prodotto è stato di 36,4 miliardi di euro, superiore del 9% ai 33,5 miliardi del 2022”, ha illustrato Valentina Pontiggia, direttrice dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm del Politecnico di Milano, sul palco dell’evento. “Per il 2024 si prevede una crescita del 6% e un valore di 38,6 miliardi di euro. Il rallentamento della crescita previsto si deve al minore effetto dell’inflazione, che invece aveva pesato molto sul +9% del 2023”.

Secondo le stime, il tasso di penetrazione dell’online (cioè la quota di questo canale sul totale degli acquisti di prodotti) salirà dal 10,5% del 2023 a circa il 10,8%-11%. “Tra online e offline c’è ancora competizione, nel senso che le aziende che vendono su un canale sono in competizione con quelle che vendono sull’altro”, ha sottolineato Liscia. “Dal punto di vista degli acquisti, però, si è creato un unico sistema in cui i diversi canali si influenzano a vicenda”.

Completa il quadro un dato della ricerca “Delivery Index”, realizzata da Netcomm in collaborazione con Poste Italiane: sono oltre 186 milioni i pacchi spediti come risultato di acquisti online nel primo trimestre di quest’anno, in crescita del 13,5% sul primo trimestre 2023. 

L’ascesa dell’e-commerce, quindi, proseguirà ma senza impennate. Questo tuttavia non significa che il commercio digitale in Italia sia ormai un mondo statico, anzi. Non tutti i settori di mercato hanno raggiunto, in Italia, la stessa maturità, e secondo i calcoli del Politecnico di Milano quest’anno i comparti Arredamento e home living, Automobili e ricambi e Food & grocery mostrano andamenti superiori alla media, con tassi compresi tra l’8% e il 12%, mentre Beauty, Informatica ed elettronica di consumo e Abbigliamento cresceranno tra il 5% e il 7%.

Roberto Liscia, presidente di Netcomm

Roberto Liscia, presidente di Netcomm

Export ancora trascurato

C’è poi una considerazione ancor più importante da fare, che evidenzia come ci sia ancora ampio margine di sviluppo dal punto di vista dell’offerta. Molte imprese italiane ancora non hanno osato aprirsi al commercio digitale o lo hanno fatto in modo limitato. Secondo i dati dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm, le imprese italiane che vendono online sono soltanto 88mila su un totale di oltre 312mila iscritte nella Camere di Commercio nel 2023, e si concentrano per lo più in Lombardia (18,6% del totale), Lazio (12,1%) e in Campania (12%). E non solo: circa il 63% delle aziende italiane che possiede un proprio sito e-commerce ha ancora un grado di internazionalizzazione basso o medio-basso, ovvero non sfrutta i canali digitali come veicolo di export. “Sugli oltre 600 miliardi di euro dell’export italiano la parte digitale gioca un ruolo marginale”, ha rimarcato il presidente di Netcomm. "Senza la rivoluzione digitale il nostro export in futuro avrà seri problemi”.

Dal palco del Netcomm Forum, Liscia ha anche sottolineato l’attuale forte concentrazione dell’offerta nelle mani di grandi operatori esteri, Amazon innanzitutto. “Fa un certo effetto vedere che, sui primi 15 siti di acquisto per i consumatori italiani, nove sono stranieri”, ha osservato Liscia. Il primo nome italiano è Esselunga, al settimo posto della classifica, seguito da La Feltrinelli all’undicesimo, da Farmaè al  tredicesimo e daFarmacia Loreto Gallo al quattordicesimo.

Tra abitudini e nuovi valori

Nelle abitudini di acquisto, anche in Italia, i canali online e offline si intrecciano e si influenzano a vicenda, sempre di più. Secondo la ricerca “NetRetail” di Netcomm, effettuate su un campione di campione di 2.948 consumatori, il 38,9% delle decisioni di acquisto in negozio viene influenzato da precedenti attività online dell’utente, che ha cercato online informazioni dettagliate, ha confrontato prezzi o ha letto recensioni. Questa dinamica è più accentuata per prodotti come gli smartphone (per cui addirittura il 95,5% degli acquisti in negozio è influenzato da precedenti attività online), gli articoli di elettronica (76,5%), gli elettrodomestici (76%), l’attrezzatura sportiva (69,6%).

Vale anche l’opposto, ma in misura minore: i negozi tradizionali orientano il 25% degli acquisti online. Le percentuali salgono in caso di elettrodomestici (53,6%), articoli di arredamento e casalinghi (44,4%), calzature (43,5%), food delivery (42,6%) e attrezzatura sportiva (41,9%) acquistati online.

Perché preferire un canale a un altro? Si compra online soprattutto per risparmiare denaro (motivazione citata dal 36,9% dei campione d’indagine), ma anche per ragioni di comodità e semplicità (25,2%), per l’ampiezza dell’offerta (26,2%), per abitudine o fedeltà a un certo sito Web o applicazione (27,2%), per risparmiare tempo (21,2%). Si limita solo al 4,6% la quota di consumatori che compra online per ragioni di sostenibilità: una piccola percentuale, su cui però si può lavorare. “Sfatiamo il mito che l’e-commerce e la logistica non siano sostenibili”, ha detto Liscia, citando i dati di uno studio condotto con il Politecnico di Milano. “L’impatto di CO2 medio degli acquisti in e-commerce è inferiore tra il 70% e l’80% a quello degli acquisti in negozio, sia con consegna a casa sia, ancora di più, con l’utilizzo di punti di ritiro”.

Per quanto riguarda i metodi di pagamento, si nota il progressivo declino del contante, che viene usato per acquistare online solo dal  2,1% degli italiani. La maggior parte dei pagamenti, il 92%, viene saldata al momento dell’ordine e nel restante 8% dei casi alla consegna, al ritiro o dopo la fruizione di un servizio. I metodi di pagamento più popolari sono il Digital Wallet (32,7%), la carta prepagata (26,6%) e la carta di credito (25,2%), mentre il bonifico è scelto solo nell’1,4% dei casi e per transazioni di importo tendenzialmente più elevato.

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Passato, presente e futuro, tra crisi e innovazioni

Sul palco di Netcomm Forum, la ricercatrice del Politecnico di Milano ha ripercorso le tappe della trasformazione dell’e-commerce italiano. Nel 2014-2015 si usciva da una fase di crisi dei consumi, ancora segnata dall’incertezza. Il biennio 2016-2017  ha visto l’ascesa di modelli low cost, online e offline, molto competitivi e di successo. Gli ultimi anni sono stati segnati da una maggior spinta all’ innovazione digitale, che ha anche permesso di ripensare alla funzione dei negozi fisici, mentre tra i consumatori lo smartphone è diventato il principale strumento con cui fare acquisti online.

Nel 2020-2021 si è creata una “nuova normalità” legata alla pandemia e ai suoi esiti sui modelli di acquisto. Nel 2022, poi, una nuova fase di incertezza legata allo scenario geopolitico e alle dinamiche dell’economia: in questo contesto molti retailer si sono focalizzati sul contenimento dei costi. “L’e-commerce è stato davvero un motore di innovazione e di crescita del retail”, ha sottolineato Pontiggia. “Le aziende che sono cresciute di più sono quelle che hanno saputo creare nuovi modelli di business, come Ikea e Sephora”.

Il futuro? “L’innovazione digitale sempre di più dovra permettere ai retailer di osare, di alzare un po’ lo sguardo e di ridefinire il concetto di commercio, che sta cambiando molto specie nella percezione dei consumatori”, ha affermato la ricercatrice. “Tra le sfide per i prossimi anni ci sono innanzitutto il coraggio di sperimentare con le tecnologie di frontiera, e inoltre la capacità di guardare oltre i confini della singola azienda e percepirsi di più come ecosistema”.

Fra le tecnologie di frontiera è protagonista, ovviamente, l’intelligenza artificiale, che come noto trova nel commercio numerosi impieghi dai sistemi di raccomandazione (usati peraltro già da molti anni dalle piattaforme di e-commerce) alla generazione di offerte e contenuti di marketing personalizzati, fino alla gestione del cliente in ottica di cross-canalità. All'AI si affiancano gli strumenti di realtà mista e virtuale che consentono di arricchire l’esperienza di acquisto, per esempio con configuratori di prodotto e applicazioni che permettono all’utente di “indossare” virtualmente un capo di abbigliamento, un accessorio o un prodotto di makeup. 

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