Sta per chiudersi un altro anno in cui l’intelligenza artificiale ha tenuto banco, tra nuovi Large Language Model sempre più sofisticati e capaci di imitare il ragionamento umano, tra strumenti “copilota” integrati in software o ecosistemi software esistenti, e ancora servizi cloud per l’addestramento e il perfezionamento di modelli. Tra tante novità tecnologiche, come procede l’adozione nelle aziende italiane? Ne abbiamo parlato con Mirko Gubian, global demand senior manager & partner di Axiante.
A che punto sono le aziende italiane nella trasformazione digitale, e come si inserisce l’AI in tale contesto?
"L’intelligenza artificiale sta crescendo sempre di più, non solo dal punto di vista dell’hype ma anche dei progetti. Le aziende italiane sono ancora alle prese con sfide riguardanti la modernizzazione di architetture legacy e l’integrazione di piattaforme cloud, e alcune si stanno concentrando molto sull’adozione di sistemi di data mesh. Finalmente qualcuno quest'anno ha cominciato seriamente a pensare all’uso di metodologie di machine learning e di intelligenza artificiale, generativa e non. Il clamore che si è creato negli ultimi due anni intorno a ChatGpt e all’AI generativa ha risvegliato un certo interesse nei confronti dell’AI intesa in senso più ampio. Un trend che come Axiante abbiamo toccato con mano: quest’anno come Axiante abbiamo realizzato un maggior numero di progetti tangibili in ambito AI, non solo proof-of-concept (PoC).
Esiste sicuramente ancora, nelle organizzazioni, una criticità legata alle competenze e alla cultura aziendale sul tema dell’AI. Le due cose sono legate, perché di fatto se non si colgono i meccanismi di base del machine learning e dell’intelligenza artificiale è facile che ci sia una resistenza, esplicita o implicita, all’adozione di queste tecnologie".
Mirko Gubian, global demand senior manager & partner di Axiante
Quali casi d’uso si stanno affermando?
"Ci sono due casi d’uso principali su cui le aziende dimostrano sensibilità, e su cui stiamo portando avanti progetti. Il primo riguarda la customer intelligence, ovvero la capacità di raccogliere ed elaborare in tempo reale le informazioni sul consumatore provenienti da diversi touchpoint digitali in contesti digitali come l’e-commerce ma anche nel retail tradizionale. Mentre in passato i consumatori venivano suddivisi in cluster basati su comportamenti d’acquisto e preferenze storichegià espresse, oggi grazie all’AI la profilazione è dinamica e in tempo reale, cioè viene realizzata in base a un comportamento colto nel momento in cui si verifica per innescare un’azione conseguente. Un esempio sono i sistemi di raccomandazione online basati sulla navigazione dell’utente in tempo reale o le promozioni personalizzate. Questo caso d’uso interessa principalmente le figure del marketing e la forza vendita ed è teso all’incremento dei ricavi, e ciò rende facile dimostrare e misurare il ritorno sull’investimento.
L’altro principale caso d’uso dell’AI è nel demand planning, la pianificazione della domanda, attività che riguarda invece la logistica e la catena di fornitura dei prodotti. Sappiamo che negli ultimi anni sulle supply chain mondiali è successo di tutto: dai problemi di siccità nel canale di Panama, che hanno impattato sulle navi portacontainer, alla situazione del Medio Oriente, che ha condizionato il traffico nel canale di Suez. Con l’intelligenza artificiale si possono realizzare analisi che considerano i dati storici ma anche anche variabili indipendenti per esempio legate al contesto geopolitico o climatico, per stimare la domanda futura con tecniche molto evolute. La velocità con cui cambiano i fattori a contorno delle supply chain ha sicuramente incrementato l’interesse per il demand planning.
Cito anche un terzo caso d’uso su cui stiamo lavorando con un discreto successo, cioè l’addestramento di modelli generativi per attività di supporto al personale, rivolte sia ai clienti sia a utenti aziendali e collaboratori aziendali, per esempio agli addetti al customer carealla manutenzione. Tali modelli fungono da base per chatbot di vario tipo, che forniscono risposte o supporto nella risoluzione di un problema.
Si sente spesso dire che il cloud è per l’intelligenza artificiale una tecnologia abilitante. Siete d’accordo?
"C’è stato un momento in cui le aziende hanno creduto di doversi spostare sul cloud per cogliere una serie di vantaggi, innanzitutto l’accesso a una capacità computazionale quasi infinita, con una scalabilità senza precedenti. Poi c’è stato un piccolo cambio di rotta, che non significa ritorno on-premise bensì abbracciare una progettazione consapevole: usare il cloud dove serve e, per altre necessità, utilizzare ambienti ibridi o multicloud per un bilanciamento delle prestazioni e dei costi.
Detto ciò, per adottare l’AI, considerando il punto in cui ci troviamo, il cloud è ancora una tecnologia abilitante specie per l’attività di training dei modelli, che è, come si suol dire, data-intensive e richiede molte risorse di calcolo su Cpu o Gpu. L’esecuzione delle applicazioni non richiede altrettante risorse e quindi lascia maggiore libertà di scelta sul dove collocare la soluzione. Axiante può mettere a disposizione dei clienti un ambiente cloud gestito che è utile soprattutto per le attività iniziali di training, dove è richiesta grande capacità di calcolo, o per i PoC".
Qual è il vostro approccio per i progetti di AI?
"Possiamo contare sulla partnership con Sas, che ci porta a usare alcuni sistemi e strumenti per casi d’uso soprattutto in ambito customer intelligence e il demand planning, mentre la collaborazione con Ibm ci permette di far leva sulla tecnologia di WatsonX. Possiamo proporre soluzioni basate su diversi Large Language Model, anche modelli open source, che vengono poi addestrati su specifici set di dati.
Nel dialogo con i clienti la vera sfida è dimostrare il ritorno sull’investimento. Quindi affrontiamo la tematica dell’AI non solo dal punto di vista tecnico ma da quello del business. Più che parlare di automazione, parliamo dei vantaggi ottenibili in termini di ricavi, per evidenziare il ritorno sull’investimento. In tutti i casi, adattiamo il progetto alla realtà specifica del cliente".
Che cosa vi aspettate per il 2025?
"Stiamo osservando una crescita dei casi d’uso dell’AI e anche una maturazione del mercato da questo punto di vista. Una delle questioni da affrontare è quella dell’intelligenza artificiale 'spiegabile', cioè trasparente, aspetto di cui si continuerà a discutere. Inoltre un tema tecnologico emergente sono gli agenti intelligenti, capaci di automatizzare attività complesse: non siamo probabilmente ancora pronti, ma ci arriveremo anche se con i giusti tempi. In termini generali forse non sarà tanto la tecnologia in sé ma la sua adozione a produrre un effetto wow”.