Definire una strategia Esg (Environmental, Social and Governance) non è semplice, ma è importante e sempre di più lo sarà. Nelle aziende lavorare per migliorare (e dimostrare) la propria responsabilità ambientale, sociale e di governance può risultare vantaggioso sotto vari punti di vista, oltre a essere spesso necessario. La direttiva europea Csrd (Corporate Sustainability Reporting Directive, o Direttiva 2022/2464/UE) impone l’obbligo di redigere la rendicontazione non finanziaria alle aziende da oltre 250 dipendenti, con fatturato superiore ai 40 milioni di euro o attivo patrimoniale superiore a 20 milioni. Ma il perimetro di inclusione si allargherà progressivamente. In Italia dall’esercizio fiscale 2026 l’obbligo di rendicontazione riguarderà anche le piccole e medie imprese quotate. Fissare degli obiettivi Esg, tracciare i progressi compiuti e rendicontarli non è però un’opera semplice, a causa di varie criticità. Ne abbiamo parlato con Giovanni Mazzucato, project leader di Axiante.
Di tematiche Esg si discute da tempo, ma a che punto sono le aziende? Perché è importante parlarne oggi?
"Era il 2004 quando per la prima volta si leggeva la sigla Esg in un documento delle Nazioni Unite che tracciava le linee guida per una finanza green, che tenesse conto di fattori ambientali nelle valutazioni finanziarie e nelle scelte di investimento. Oggi il concetto di Esg si è allargato e abbraccia sfide più ampie, come l’abbattimento delle emissioni inquinanti e la creazione di un’economia circolare, ma anche il raggiungimento di una migliore equità, inclusione, parità di genere e retributiva nelle aziende. Oggi il contesto normativo, da un lato, e le richieste del mercato dall’altro spingono le imprese a redigere un bilancio di sostenibilità ma anche a integrare parte dei dati Esg nei propri bilanci consolidati, ed è probabile che questa diventerà una pratica obbligatoria per tutte le grandi aziende e, successivamente, anche per quelle più piccole. In un futuro non lontano vedremo la convergenza in una unica disclusure per bilancio consolidato e Esg, come già richiesto da molteplici fonti. L’Europa è all’avanguardia con la direttiva Csrd, ma anche gli Stati Uniti e altre regioni stanno andando nella stessa direzione.
Dunque le normative diventano via via più stringenti e la mancata compliance può tradursi in sanzioni o nell’impossibilità di operare in determinati mercati. Tuttavia redigere il bilancio di sostenibilità non è solo questione di obblighi: può anche rappresentare un vantaggio in termini di attrattività per gli investitori, di reputazione e di fidelizzazione della clientela. Molti fondi d'investimento valutano le performance Esg di un'azienda prima di investire ed esistono anche agenzie di rating Esg che assegnano punti in base a tali risultati. Non sottovalutiamo che negli ultimi anni i consumatori sono diventati sempre più attenti alla responsabilità ambientale e sociale delle aziende da cui acquistano e molte big company selezionano già i propri partner commerciali e fornitori anche in base all’adesione a standard Esg".
Come si fissano gli obiettivi Esg? Da dove si parte?
"Nuovi standard globali di sostenibilità, per l’integrazione dei dati Esg nei bilanci finanziari, cominciano a essere disponibili. Quelli definiti dall’International Sustainability Standards Board (Issb), istituito dalla Ifrs Foundation nel 2021 in occasione di COP26, è probabile diventeranno il riferimento globale per la rendicontazione Esg per le aziende che utilizzano lo standard Ifrs nel Bilancio Consolidato, insieme agli standard della Global Reporting Initiative (Gri).
Gli standard tuttavia si limitano a fornire linee guida su come misurare e rendicontare le performance Esg, ma non fissano degli obiettivi (con l’eccezione della EU Taxonomy per determinati settori d’impresa). Ciascuna azienda dovrà definire i propri tenendo conto di molti fattori: le proprie operazioni, il contesto normativo e di mercato, le aspettative degli stakeholder (investitori, clienti, dipendenti e comunità di riferimento), e da qui una serie di valutazioni di rischio e opportunità, legate anche alle possibili sanzioni per la mancata conformità.
Si arriva così prima a individuare le aree Esg più rilevanti per la propria attività, per esempio la sostenibilità ambientale, le politiche di diversity e inclusione o la trasparenza della governance. A seguire si fissano degli obiettivi chiari e misurabili, tramite Kpi, e delle scadenze da rispettare. In questo processo, è importante considerare sia le normative in costante evoluzione sia i benchmark di settore, ma anche che l’azienda deve raggiungere performance Esg migliorative nel tempo".
Giovanni Mazzucato, project leader di Axiante
Quali sono le principali criticità in una strategia Esg?
"Come dicevo, gli standard del settore non danno indicazioni sugli obiettivi e su come quantificarli. Inoltre non esiste un unico framework di riferimento e ciascuna azienda, in base all’ambito in cui opera, dovrà scegliere quale seguire. Dobbiamo tener conto, poi, che gli obiettivi sono di lungo termine e vanno inseriti all’interno di una strategia.
Per quanto riguarda la definizione dei Kpi, è necessario raccogliere molte informazioni di benchmark Esg per evitare di fissare degli obiettivi inferiori agli standard del proprio settore. Queste informazioni possono essere racchiuse in diverse fonti, come banche dati specifiche, report settoriali e di associazioni di categoria, ricerche accademiche e normative contenenti linee guida.
Un’altra criticità riguarda la misurazione delle performance Esg e dei progressi verso i target fissati: i data point sono moltissimi, e altrettante le figure aziendali coinvolte. Pensiamo per esempio al calcolo delle emissioni di anidride carbonica: non esiste un unico sistema o software aziendale, per esempio una macchina o un Erp, in cui sia contenuta questa informazione. Quindi è necessario, laddove possibile, che ciascun macchinario abbia la capacità di raccogliere dati, e oltre alla produzione nel computo sono coinvolte tutte le operation, come manutenzione, logistica, amministrazione e via dicendo. Serve quindi un punto di raccolta condiviso. Allargando il discorso alla responsabilità sociale e alla governance, poi, la questione diventa più complessa, dovendo considerare i molti indicatori delle risorse umane come la composizione del personale, gli stipendi. A complicare il tutto, va considerata anche l’interconnessione tra l’azienda e i suoi fornitori e partner commerciali. Insomma, la raccolta, l’analisi e la misurazione dei dati Esg è un’attività per molte organizzazioni corale e complessa".
Come affrontare tutte queste criticità?
"Un buon software Esg consente di ottenere informazioni sui benchmark rilevanti e, a seconda dei casi, anche di integrare dati da diversi sistemi aziendali, di tener traccia dei progressi e di rendicontarli. Le soluzioni disponibili sul mercato, che come Axiante proponiamo, sono essenzialmente di tre tipi.
Per le aziende che dispongono di un budget ridotto, che non sono sottoposte a particolare pressione normativa o che iniziano per la prima volta a integrare logiche Esg nella propria attività, è possibile partire da soluzioni entry-level, che offrono un’automazione parziale. Si tratta di software basati su strumenti Cpm (Corporate Performance Management) che possono monitorare specifiche metriche, come le emissioni inquinanti o il consumo energetico, e che permettono di creare report sulla base di uno specifico framework. La possibilità di personalizzazione è ridotta, ma d’altro canto soluzioni come queste non richiedono un grande investimento e sono un buon modo per approcciare i temi Esg.
Su un gradino più in alto ci sono le soluzioni mid-level, rivolte ad aziende di medie dimensioni che vogliano migliorare la gestione degli obiettivi Esg. Sono strumenti semi-automatizzati, che permettono una certa personalizzazione sia dei Kpi sia dei report, e che aiutano a garantire la conformità poiché possiedono un proprio repository normativo, un workflow e talvolta anche un buon sistema di audit trail. Inoltre le soluzioni mid-level possono integrarsi con altri sistemi aziendali, come i software per il bilancio consolidato, gli Erp, i Crm, i software di gestione delle risorse umane e via dicendo, e questo agevola la raccolta dei dati su larga scala.
Infine, come terza possibilità rivolta alle grandi aziende, multinazionali o con operazioni complesse, proponiamo soluzioni di fascia alta che non solo monitorano le prestazioni e i progressi verso il target ma aiutano a gestire la strategia Esg, inserendola nella catena del valore dell’azienda. Si tratta di software completamente automatizzati, che sfruttano tecnologie di Web scraping ed ETL (Extract, Transform, Load) per l’estrazione, la trasformazione e il caricamento dei dati. Questi software raccolgono dati da sensori IoT, da database esterni, da fonti Web e sistemi aziendali di vario tipo, con cui si integrano, e inoltre dispongono di un repository normativo che viene costantemente aggiornato. Si tratta quindi di strumenti dinamici, capaci di adattarsi ai cambiamenti normativi che avverranno. Non da ultimo, queste soluzioni vantano capacità di analisi predittiva e gestione del rischio basate su machine learning, e ciò significa poter individuare potenziali rischi e opportunità a supporto della strategia Esg".
Qual è il consiglio di Axiante alle aziende che ancora non hanno definito la propria strategia Esg o che vogliono migliorarla?
"La scelta del software Esg, come dicevo, dipende da considerazioni di budget, di necessità e complessità da gestire. Come Axiante, ci facciamo carico di tutti gli aspetti tecnici di un progetto, consigliando ai clienti la migliore soluzione per il loro caso specifico e realizzando anche soluzioni customizzate. Dotarsi di un software specifico per gli obiettivi Esg, che aiuti a restare al passo con il quadro normativo e con il contesto di mercato, sarà sempre più importante: crediamo che l’Esg sia destinato a diventare un elemento chiave della rendicontazione finanziaria, parte integrante del bilancio consolidato, e non più una sezione separata o una semplice aggiunta. Inoltre sarà sempre più centrale per il successo dell’impresa la trasparenza. Bisognerà quindi ripensare le strategie aziendali complessive, in cui sviluppo economico e sostenibile dovranno necessariamente intrecciarsi".