Immagine generata con l'AI
Il tema della sovranità dei dati viene da diversi anni discusso nelle sedi pubbliche di confronto e a livello istituzionale, soprattutto quando si parla di cloud. Da un lato, ci sono i provider nazionali (e in parte quelli europei) pronti a garantire massima protezione e compliance normative per le aziende alle prese con la possibile allocazione esterna delle proprie informazioni più sensibili. Dall’altro, gli hyperscaler, che negli ultimi anni hanno provveduto a costruire data center sul territorio nazionale proprio per soddisfare le esigenze di questi soggetti. Nella diatriba, si inserisce la posizione di Michele Zunino, presidente del Consorzio Italia Cloud e amministratore delegato di Netalia, che espone il proprio pensiero senza troppi giri di parole: “Siamo di fronte a una strategia predatoria da parte di soggetti stranieri che, palesando una filosofia di cooperazione, stanno in realtà depredando le risorse attuali e ipotecando la nostra capacità di sviluppo autonomo dei prossimi decenni”.
Il manager osserva come lo stesso concetto di sovranità vada fatto evolvere verso quello di indipendenza: “Il vero snodo, oggi, non riguarda chi possiede i dati, bensì chi dispone della capacità di processarli. La quantità è in costante crescita, lo sappiamo, quindi occorre capacità di calcolo per renderli fruibili ed estrarne il valore”. D’altra parte, anche l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, nelle persone del prefetto Bruno Frattasi e dell’ammiraglio Andrea Billet, si è espressa a favore di una sovranità nazionale così intesa (all’interno di una rete europea tutta resiliente) e di un controllo strettamente interno sui dati strategici: “Il fatto che gli hyperscaler abbiano una presenza locale non risolve il problema”, osserva Zunino. “Dal punto di vista giuridico, è come essere dentro un’ambasciata, poiché il diritto che prevale all’interno non è quello italiano, ragion per cui questi soggetti comunque non operano nell’interesse nazionale”.
Michele Zunino, presidente del Consorzio Italia Cloud e amministratore delegato di Netalia
Sembra replicarsi nel mondo digitale quanto sta accadendo in Europa anche a livello politico. La mancanza di una vera volontà dell’agire comune fra i Paesi membri dell’Ue rafforza le big tech globali e riporta in auge pulsioni nazionaliste, che non aiutano certo a generare la massa critica necessaria per un efficace contrasto: “Il perimetro fiscale conta ancora molto e non ne è stato creato uno su scala continentale”, conferma Zunino. “Gli hyperscaler hanno gioco facile nel creare competizione fra le nazioni Ue, com’è accaduto per l’annuncio di Aws degli investimenti da 1,2 miliardi di dollari in Italia, a discapito di Francia e Germania, che sembravano inizialmente favorite. Peraltro, questo tipo di operazioni non ha valore strategico, ma agisce solo sull’accumulo di infrastruttura e manovalanza. Un fattorino non genera valore economico e, di questo passo, stiamo andando verso la desertificazione e non verso un vero arricchimento”.
Cosa può fare, dunque, l’Italia in questo scenario? Sostanzialmente falliti progetti europei come Gaia-X, sotto il peso di una competizione fra i membri mai superata, a livello nazionale si può agire puntando sul sistema regolatorio e sulla costruzione di un’infrastruttura nazionale robusta e sicura: “Oggi, la visione di un mondo senza confini fisici e digitali è in via di ripensamento e deve trovare un punto di equilibrio e un valido compromesso, una via possibile alla deglobalizzazione”, indica Zunino. “Da noi occorre superare l’atavica resistenza al cambiamento, probabilmente attendendo il definitivo ricambio generazionale dei manager aziendali e poi è importante capire che il cloud va utilizzato per quello che davvero può fare, non interpretandolo solo come strumento di virtualizzazione a basso costo, ma sfruttandolo per un vero refactoring delle applicazioni, passando alla modalità a consumo su tutto. Ci sono scogli ardui da valicare, dall’arretratezza culturale delle Pmi al fardello legacy del mondo bancario o di quello sanitario. Non sarà un percorso facile”.
Il posizionamento di Netalia si muove in questo scenario, puntando sull’idea di operare in un perimetro nazionale e sulla propria Cloud Platform come infrastruttura comune per tutti i potenziali canali di diffusione della propria offerta: “La gestione dei silos tecnologici e le necessità stringenti di compliance fanno sì che le aziende debbano cercare partner prossimi culturalmente e geograficamente. I canali sono necessariamente differenziati. Sulle grandi realtà, andiamo direttamente o tramite i più consolidati system integrator, mentre le Pmi si servono da Msp e Var, ai quali noi possiamo offrire servizi accattivanti. Siamo anche forti sulle Telco, dove lavoriamo sulla tecnologia in logica private relabel, mentre promettente è la prospettiva di supportare gli sviluppatori nell’evoluzione verso il cloud-native, pensato in chiave di servizio e non più solo di licenza d’uso”, conclude Zunino.