27/03/2025 di redazione

Dati ceduti ai social network, il fisco italiano vuole rivoluzionare tutto

L’Agenzia delle Entrate pretende da Meta 887 milioni di euro, da X 12,5 milioni e da LinkedIn: la registrazione degli utenti sarebbe una transazione commerciale, soggetta a Iva.

Il fisco italiano batte cassa: Meta, X e LinkedIn dovranno versare, in ritardo, centinaia di milioni di euro di Iva. Nuove indiscrezioni di Reuters svelano che  l’Agenzia delle Entrate ha quantificato le proprie richieste nei confronti delle società di Mark Zuckeberg, dell’azienda di social media di Elon Musk e di quella controllata da Microsoft. Mentre le indagini ne confronti di Meta e di X erano cosa nota, di LinkedIn ancora non si sapeva pubblicamente. Su Meta e X sta indagando la procura di Milano, mentre quella di Roma ha aperto un fascicolo su LinkedIn. 

Le “fonti a diretta conoscenza dei fatti” hanno riferito che il fisco pretende da  Meta 887 milioni di euro, da LinkedIn 140 milioni e da X 12,5 milioni. Soldi che le tre società non hanno corrisposto come Iva quando avrebbero dovuto farlo, secondo una particolare interpretazione del “valore” ottenuto grazie ai dati personali degli utenti registrati alle piattaforme social.

Qui sta il punto interessante: l’Agenzia delle Entrate considera la registrazione di un account su un social network come un’operazione che movimenta valore, come una transazione commerciale tra un fornitore tecnologico che offre un servizio e un consumatore che in cambio cede i propri dati. Con quei dati (e con i cookies di tracciamento) l’erogatore del servizio può generare valore, ricavi, per esempio rivendendoli o utilizzandoli per azioni di marketing e advertising. 

Meta ha fatto sapere di aver collaborato “pienamente con le autorità”, nel rispetto della legge italiana e delle regole europee, ma si è anche detta “in forte disaccordo con l’idea che fornire agli utenti l’accesso a piattaforme online debba essere soggetta a Iva”.

Le somme chieste dal fisco alle tre aziende (riferite ai presunti mancati versamenti del biennio 2015-2016 e del 2021-2022, a seconda dei casi) sono relativamente piccole per colossi del calibro di Meta, X e Microsoft. E tuttavia il caso è rilevante perché potrebbe avere ripercussioni in altri Paesi europei, segnando un precedente proprio per questa diversa interpretazione dell’atto di registrazione a una piattaforma social. “Stando ai numerosi esperti consultati da Reuters”, scrive l’agenzia di stampa,l’approccio italiano potrebbe impattare su quasi tutte le aziende, dalle compagnie aeree ai supermercati agli editori, che associano l’accesso a servizi gratuiti sui loro siti all’accettazione, da parte degli utenti, dei cookies di profilazione”.

Lo scorso febbraio Google aveva patteggiato con l’Agenzia delle Entrate il pagamento di 326 milioni di euro, in compensazione dei mancati versamenti del periodo 2015-2019. Ora per la prima volta, sottolinea Reuters, in Italia delle Big Tech sottoposte a indagini fiscali non si sono ancora accordate per metterci una pietra sopra ed evitare l’iter giudiziario. Questo è accaduto, secondo le fonti, proprio perché non si tratta solo di trovare un accordo su una cifra da versare, ma di questioni di principio che hanno o avrebbero un impatto enorme sui ricavi futuri.

Le tre aziende hanno ora ricevuto una notifica formale dal fisco italiano. Meta, X e LinkedIn hanno 60 giorni di tempo per trovare l’accordo o per chiedere al fisco di avanzare una proposta di pagamento (ottenendo ancora un mese di tempo per eventualmente accettarla). Si aprono tre scenari, a detta delle fonti: l’iter giudiziario (che avrebbe tempi molto lunghi, anche dieci anni), un passo indietro da parte dell’Agenzia delle Entrate o, ancora, un accordo di risarcimento.

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