21/07/2025 di Valentina Bernocco

Dati personali tassabili, Meta, LinkedIn e X si ribellano al fisco italiano

Le tre aziende non trovano l’accordo con l’Agenzia delle Entrate in merito al versamento dell’Iva sui proventi dei social network legati ai dati personali.

Meta, LinkedIn e X non ci stanno: l’azienda di Mark Zuckerberg e i due social network, l’uno di proprietà di Microsoft e l’altro di Elon Musk, non hanno accettato la richiesta dell’Agenzia delle Entrate, che pretenderebbe da loro centinaia di milioni di euro di versamenti arretrati. Si tratterebbe, secondo il fisco, dell’Iva calcolata sulla monetizzazione dei dati personali degli utenti di Facebook, Instagram, LinkedIn e X.

Se ne era parlato mesi fa e si torna a parlarne oggi, con una notizia lanciata da Reuters: le tre aziende hanno fatto appello contro la decisione dell’Agenzia delle Entrate. E non era mai successo prima che una Big Tech statunitense non raggiungesse un accordo con l’autorità fiscale italiana in seguito alla contestazione di un qualche ammanco.

Si procederà, quindi, con un’azione giudiziaria che potrebbe segnare un precedente e avere ripercussioni in tutta Europa, rendendo ancor più tesi i rapporti fra le Big Tech e le istituzioni dell’UE, dopo  il giro di vite del Digital Markets Act. Il paradosso è che un iter di questo tipo, considerando i tre gradi di giudizio, potrebbe richiedere una decina di anni, con la prospettiva di arrivare a un verdetto in un contesto tecnologico e di mercato che sarà molto diverso da quello attuale.

L’Agenzia delle Entrate pretende da Meta 887,6 milioni di euro, da LinkedIn 140 milioni e da X 12,5 milioni. Non sono mancate, già all’indomani di questa richiesta, voci di commento critiche. Se davvero i dati personali posseduti da un’azienda (tecnologica o meno) e raccolti tramite piattaforme digitali venissero tassati, si dovrebbe allora procedere con lo stesso metodo con compagnie aeree, catene di supermercati, abbigliamento e beni di consumo e via dicendo, cioè con qualsiasi società che raccolga dati personali tramite Web, applicazioni mobili o carte fedeltà, traendone in qualche modo profitto.

Meta ha fatto sapere tramite Reuters di avere collaborato “pienamente con le autorità in base ai nostri obblighi rispetto alle leggi europee e locali”, mentre LinkedIn ha replicato alla richiesta di commento dicendo di non avere “nulla da condividere al momento”. 

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