27/02/2017 di Redazione

Intelligenza artificiale da Wall Street al controllo delle applicazioni

L' Application Performance Management si trova a un punto di svolta grazie alla medesima tecnologia che già ha rivoluzionato attività come l'analisi dei mercati finanziari. Ce ne parla un esperto di Dynatrace.

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Dal Wall Street al mondo della scienza, dai grandi data center di Google fino ai database delle aziende di qualsiasi dimensione, dalle fabbriche agli ospedali. L'intelligenza artificiale è ormai un tema sulla bocca di tutti, che oggi vive una vera e propria seconda vita, una vita che non è più quella del sogno fatascientifico degli anni Novanta, bensì quella concreta dell'epoca odierna, fatta di sensori, robotica avanzata, Big Data e analytics. C'è però un campo di impiego del machine learning di cui ancora si sente parlare poco, e che invece riguarda trasversalmente un po' tutti i settori verticali. È l'Application Performance Management (Apm), tema di interesse per qualsiasi tipo di azienda perché tutte, in un modo o nell'altro, basano le proprie quotidiane attività sulle applicazioni. Il passaggio al cloud ha introdotto nuove necessità in quest'ambito, rendendo ancor più importante la gestione delle prestazioni applicative. Ce ne parla David Jones, director of sales engineering e Apm evangelist di Dynatrace.

 

David Jones, director of sales engineering e Apm evangelist di Dynatrace


 

L’Application Performance Management affronta oggi un cambiamento epocale. La complessità delle nuove applicazioni cloud native ha reso sotto molti aspetti irrilevante il monitoraggio tradizionale delle applicazioni. Davanti ad applicazioni che possono scalare in modo agile utilizzando i container per soddisfare una quantità di richieste senza precedenti, l’industria dell’Apm per offrire valore alle aziende non può più semplicemente focalizzarsi sull'identificazione dei problemi. Capire come la visibilità sulle prestazioni delle applicazioni possa fornire dati migliori, ad esempio su ciò che conviene o meno scalare, è importante per l'azienda. Gestire la complessità è la sfida delle applicazioni di prossima generazione.

Qual è il settore che si è dimostrato pioniere in questo cambiamento? Tutto è iniziato da Wall Street. Per anni l'industria dei servizi finanziari ha utilizzato le analitiche avanzate, gli algoritmi predittivi e l’automazione per eseguire le transazioni e rispondere ai clienti. Nel 2001 Ibm ha pubblicato un documento che evidenziava come diversi algoritmi (Mgd e Zip) fossero in grado di superare le prestazioni degli operatori di borsa “umani”. Questi algoritmi cercavano dei modelli di dati in tempo reale e, utilizzando il machine learning, erano in grado di adattarsi e reagire al modo in cui questi schemi potevano cambiare. La decisione di compiere o non compiere un’operazione di borsa diventa, così, completamente automatizzata e l’utilizzo di questi algoritmi combinati con il machine learning è oggi responsabile di transazioni finanziarie del valore di miliardi di dollari.

L’intelligenza artificiale è sfruttata in vari modi dal mondo della finanza. Ad esempio, le frodi legate alle carte di credito (un problema con un valore stimato di 16 miliardi di dollari) portano le aziende che emettono le carte di credito a dover monitorare miliardi di eventi transazionali, sfruttando il machine learning e gli algoritmi per identificare anomalie nelle attività dei titolari delle carte. Quando una transazione è in corso su una carta, se il suo proprietario si trova in una posizione di solito a lui non associata allora le aziende che emettono le carte usano questi algoritmi per segnalare come sospette tali operazioni.

Questi esempi mostrano come l'intelligenza artificiale, il machine learning e gli algoritmi siano ormai una tecnologia collaudata, che può essere usata per analizzare e reagire in tempo reale a enormi quantità di dati. Proprio ciò che serve per affrontare la sfida della gestione della complessità che accompagna la prossima generazione di applicazioni. Per questo, analisti come Jason Bloomberg hanno descritto la necessità di una visione dell’intelligenza artificiale al servizio del Digital Performance Management.

Di che cosa si tratta? L’Application Performance Management è si è notevolmente diversificato nel corso degli ultimi dieci anni. Le aziende hanno trainato questo cambiamento, richiedendo una varietà di servizi che comprendessero le esigenze delle diverse aree dell’organizzazione, dalle operation, allo sviluppo, e altro ancora. Recentemente, si è iniziato a parlare di Digital Performance Management: comprendendo come l’intera azienda si basi sui dati di Apm per servire al meglio gli utenti finali, si è puntata sempre più attenzione su come catturare lo stack completo delle transazioni.

 

 

Che si tratti di un clic o di una richiesta Api, a prescindere da come l'utente finale interagisca con un'applicazione si genera una complessa catena di meta-dati che vengono acquisiti per rispondere alla richiesta di quell'utente. La quantità di dati generata è quindi immensa, e gli algoritmi funzionano meglio con più dati. Con un numero maggiore di dati, anche il machine learning impara più in fretta e diventa più preciso. Una visibilità completa consente alle aziende di comprendere meglio ciò che gli utenti finali stanno facendo, l’impatto delle prestazioni sui tassi di conversione, come proteggere meglio il brand, e quali investimenti tecnologici compiere. Questo è il motivo per cui le aziende si rivolgono a Digital Performance Management.

Il Digital Performance Management è quindi un esempio della vasta serie di dati complessi, elaborati in tempo reale, da cui oggi dipendono le aziende. L’intelligenza artificiale, il machine learning e gli algoritmi, comunque si scelga di chiamarli, sono una soluzione consolidata che Wall Street ha sfruttato per anni per aiutare a gestire insiemi di dati dinamici altamente complessi. Ora è il momento che altre tipologie di azienda colgano i progressi del machine learning per gestire la complessità insita nel servizio offerto ai propri utenti finali.

 

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