04/10/2021 di Redazione

Rischi e opportunità del lavoro ibrido, supportato dalle tecnologie

Quali vantaggi o potenziali pericoli racchiude il modello dell’hybrid work? E di quali tecnologie non possiamo proprio fare a meno?

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Che cos’è il lavoro ibrido e come cambieranno le nostre giornate davanti al Pc ora che questo nuovo modello si sta imponendo in molte aziende, come caratteristica cruciale della “nuova normalità” post pandemia? Lavoro ibrido significa, sostanzialmente, un nuovo modello organizzativo aziendale che prevede un mix più o meno flessibile di lavoro in presenza e di smart working. Un mix che dev’essere naturalmente sostenuto da adeguate policy contrattuali ma anche dalle giuste tecnologie. L’esperienza del 2020 ha già messo in luce l’importanza della connettività a banda larga, dei servizi di cloud computing, di piattaforme Ucc e di dispositivi hardware per la collaborazione a distanza (come un Pc performante e cuffie professionali da usare per le chiamate e le videoconferenze), tutti elementi che possono fare la differenza in termini di produttività, agevolezza e qualità del lavoro.

 

E proprio il ruolo centrale della tecnologia, non come mero supporto ma come strumento abilitante che permette di fare meglio o di fare cose nuove, è uno degli elementi che dovrebbe caratterizzare il lavoro ibrido se davvero volessimo considerarlo come un modello teso verso il futuro e non come un semplice “trasloco” da un luogo all’altro. Un ulteriore elemento cruciale è la cultura aziendale, che deve favorire un rapporto datore/dipendente non più incentrato sul numero di ore dedicate a erogare una prestazione, bensì sui progetti, sui risultati, sulla condivisione di obiettivi. La “nuova normalità” non può essere davvero nuova senza la tecnologia digitale e senza un cambiamento di mentalità, che coinvolga tutte le parti in gioco e che assicuri un equilibrio tra le esigenze della produttività e il benessere delle persone.

Lavoro ibrido: fuoco di paglia o tendenza?

Lavoro ibrido non sembra essere un’etichetta priva di sostanza e destinata a passare di moda rapidamente, o almeno così suggeriscono le numerosissime ricerche sull’argomento realizzate dal 2020 in avanti. Per esempio un’indagine di Forrester Research, secondo cui il 70% delle aziende europee e statunitensi adotterà questo modello. Interviste di profondità condotte da Deloitte su 47 società clienti (realtà di diverse dimensioni e settori di mercato) indicano che soltanto il 21% delle aziende chiederà ai propri dipendenti di tornare al lavoro in presenza a tempo pieno, mentre il restante 79% passerà a un modello ibrido lasciando piena libertà di scelta sui giorni in cui presentarsi in sede (per il 34% delle aziende) oppure definendo un preciso calendario, in modo da ottimizzare l’uso degli spazi (45%). Il lavoro ibrido sembra essere anche una caratteristica tipica delle aziende più innovative e di quelle più interessate al benessere dei dipendenti. L’annuale classifica di Great Place to Work Italia ha evidenziato che nelle 15 aziende italiane più innovative temi quali digitalizzazione, lavoro flessibile e retention dei dipendenti sono in cima alle priorità del management.

I vantaggi e i rischi del lavoro ibrido
Sia per le aziende sia per i loro dipendenti, molti sono i potenziali benefici dell’approccio “ibrido”. La migliore gestione del tempo e degli spostamenti quotidiani, la possibilità di essere operativi anche in orari non canonici, il maggior grado di autonomia nella gestione dei progetti e delle scadenze, la tranquillità di poter lavorare immersi in un contesto più rilassato (anche se non sempre è così) come quello domestico: tutto questo può tradursi in una maggiore qualità della giornata lavorativa, in crescita professionale e anche in un incremento di produttività. D’altra parte l’assenza di controllo, il maggior senso di isolamento (solo in parte controbilanciato dalle tecnologie), la mancanza di sincronicità in alcune comunicazioni possono anche incidere negativamente sulla produttività e sulla motivazione.

Una ricerca pubblicata all’inizio del 2021 da Pwc evidenziava che per ben l’83% dei dipendenti aziendali il passaggio al telelavoro poteva essere considerato un successo. Allo stesso tempo, l’87% dei dipendenti riconosceva ancora importanza all’ufficio come luogo propizio per la collaborazione con i colleghi e per la creazione di relazioni. Dall’indagine è emerso che il modello di lavoro ideale, per la maggioranza delle persone, è quello che mescola presenza e smart working, ma sulla quantificazione delle due componenti non c’è consenso. Circa il 55% dei dipendenti sceglierebbe di recarsi in sede due giorni su cinque, mentre il 68% dei dirigenti vorrebbe vedere i dipendenti in ufficio per almeno tre giorni. 

 

 

Da una ricerca condotta da Censuswide nel nostro Paese risulta che solo il 20% degli uomini italiani sarebbe felice di lavorare da casa per sempre e il dato scende ancora, al 14%, tra le donne. Il 52% degli over 55 sarebbe felice di rispettare gli orari canonici, mentre il 66% dei giovani (tra i 25 e 34 anni) preferirebbe un ambiente di lavoro “asincrono”, senza orari fissi.

Produttività e senso di appartenenza all’azienda sono dunque due temi potenzialmente problematici, sui quali non esistono risposte semplici e preconfezionate. Di certo il lavoro ibrido lascia alle persone una maggiore autonomia ma le carica anche di responsabiltà, motivo per cui le aziende dovrebbero agire con azioni di formazione e di team building, o magari con un sistema di premi basato sui risultati, anziché con strumenti di controllo coercitivo. Il terzo grande tema sul tavolo è quello della cybersicurezza, già spina nel fianco delle aziende da prima della pandemia e ora diventata ancora più problematica. Non è un mistero che le possibilità di attacco informatico siano state incredibilmente favorite dallo smart working per via del massiccio utilizzo di dispositivi personali, non sottoposti al controllo diretto dell’IT aziendale. Dispositivi spesso privi di aggiornamenti di sicurezza, che operano collegati a reti Internet domestiche, senza firewall a fare da barriera, e che vengono usati in modo promiscuo sia per attività lavorative sia per navigare in Rete, per collegarsi ai social network o per scaricare applicazioni.

 

Non è certo un caso se, dopo un anno e mezzo di telelavoro, il 64% delle aziende italiane è più esposto a perdita dei dati e alle minacce informatiche rispetto a quanto non lo fosse prima della pandemia (dati del “Global Data Protection Index 2021”, realizzato  Vanson Bourne per Dell Technologies). Altrove la situazione non è idilliaca: in Nord America più di otto aziende su dieci nel giro di un anno hanno subìto almeno un attacco di phishing o un’infezione ransomware, e in metà dei casi le minacce non sono state bloccate (“How to Reduce the Risk of Phishing and Ransomware", realizzato da Osterman Research per Trend Micro).

 

 

 

Le tecnologie per il lavoro ibrido: dalla videocollaborazione alle cuffie professionali
Lavorando da casa sarebbe impossibile essere produttivi, efficienti, allineati ai colleghi senza disporre di adeguate tecnologie hardware e software. Dobbiamo poter essere sempre connessi e accedere al medesimo “workspace” quando ci sediamo alla scrivania in ufficio e al tavolo di casa, e il tutto senza mettere a repentaglio i dati aziendali. Il punto di raccordo, ciò che rende uniforme l’esperienza, non è più il computer personale bensì il cloud. Più che una singola tecnologia, il cloud è un’architettura che rende possibile l’utilizzo di innumerevoli servizi senza vincoli di luogo, tempo o dispositivo impiegato per accedere. Ma quali sono, invece, le singole tecnologie più rilevanti per il lavoro ibrido?

  • Un Pc personale veloce, aggiornato e protetto. Può sembrare una banalità, ma non lo è: l’improvviso boom della domanda di nuovi computer nella primavera del 2020 è stata la dimostrazione di quanto inadeguata o carente fosse la dotazione di molti professionisti fino a quel momento. La corsa agli acquisti ha leggermente rallentato nel 2021, anno che però ha ancora mostrato una sostenuta domanda sia di notebook professionali sia di modelli dalle caratteristiche più modeste, purché dotati di una webcam, di processori veloci e del sistema operativo più recente. In Europa occidentale nel secondo trimestre 2021 le vendite di Pc notebook, Pc desktop e workstation sono cresciute ancora del 3% rispetto agli elevatissimi livelli dell’anno precedente (dati di Canalys).
     
  • Piattaforme di collaborazione (Unified Communication and Collaboration, Ucc) per restare in contatto continuo con i colleghi tramite chat, chiamate vocali e videochiamate e per condividere file in sicurezza all’interno di un ambiente privato. Per le piattaforme Ucc sono un punto di forza le integrazioni native e i plugin che permettono il dialogo con applicazioni esterne, per esempio di storage, file sharing, gestione attività, editor di testo, fogli di calcolo, streaming video e altro ancora. Utilissima, per poter gestire le scadenze e ricordare gli appuntamenti, è l’applicazione del Calendario inclusa in alcune piattaforme.
     
  • Una connessione a banda larga. Dalla posta elettronica all’Erp, dalla videoconferenza al trasferimento di file, le applicazioni che operano attraverso il cloud hanno bisogno di una connettività veloce, stabile, senza interruzioni e generosa in termini di larghezza di banda. Tecnologie come il 5G per gli smartphone e il Wi-Fi 6 per i computer rappresentano il salto di qualità. Il Wi-Fi 6, in particolare, si differenzia dallo standard precedente per la velocità (un throughput che arriva fino a 9,6 gigabit al secondo) ma anche per le tecnologie di gestione delle frequenze, che permettono a più dispositivi di collegarsi in contemporanea a un medesimo access point.
     
  • Auricolari o cuffie professionali con microfono, con cavo oppure wireless. Citofoni o telefoni che squillano, cani che abbaiano, bambini che strillano o semplicemente i rumori della strada che entrano dalla finestra sono inconvenienti all’ordine del giorno per chi lavora da casa, e per questo un dispositivo audio performante, magari dotato di funzione di cancellazione del rumore, può davvero fare la differenza durante le chiamate o le videoconferenze. Eventi che ormai tappezzano il calendario settimanale di chiunque sia in smart working, e che sovente occupano buona parte della giornata.
    Secondo le stime di
    ReportLinker, sull’onda della pandemia nel 2020 il mercato delle cuffie wireless ha raggiunto un valore di 15,9 miliardi di dollari, mentre il giro d’affari previsto per il 2026 è di ben 45,7 miliardi (+19% di crescita annua). Dunque oggi come mai prima d’ora conviene investire in un accessorio di qualità, che sia anche confortevole da indossare (perché magari dovremo indossarlo per diverse ore al giorno). I criteri da valutare nella scelta sono la durata delle batterie, la potenza degli altoparlanti, la presenza di funzioni di cancellazione del rumore, i microfoni, la conformazione e i materiali dei cuscinetti, la compatibilità con la piattaforma Ucc adottata dall’azienda. Nel caso delle cuffie wireless, che ci permettono di continuare la conversazione anche allontanandoci dal Pc, anche la portata è una variabile significativa.
     
  • Tecnologie di sicurezza a protezione dei dispositivi e delle applicazioni in cloud. Un antivirus aggiornato è ancora la prima buona abitudine da seguire, ma da sola certamente non basta. In fatto di aggiornamenti, l’attenzione va posta sull’intero sistema operativo e sulle singole applicazioni in uso. Un consiglio è quello di abilitare gli update automatici, distribuiti dalle software house a cadenza regolare e in caso di vulnerabilità da risolvere. La protezione dei dispositivi da exploit che sfruttano le falle del sistema, però, non è ancora sufficiente.
    La forte ascesa di phishing e infezioni malware (sempre più spesso di tipo
    ransomware) è il segnale di quanto i criminali informatici sappiano sfruttare le debolezze delle persone, ancor più di quelle della tecnologia: è anche importante che i dipendenti aziendali abbiano adeguate competenze sulle minacce in circolazione e sui comportamenti rischiosi da evitare (come la lettura di email provenienti da indirizzi sconosciuti, l’apertura di allegati, l’inserimento di dati personali o bancari su siti raggiungibili tramite link). Per la protezione dei dati e delle applicazioni aziendali, poi, la tecnologia più tipica e consolidata è probabilmente la Vpn (Virtual Private Network), alla quale si affiancano metodi di autenticazione a più fattori (Multi Factor Authentication, Mfa) e di gestione delle identità e degli accessi (Identity and Access Management, Iam). L’approccio più nuovo, oggi molto in voga tra i vendor di sicurezza informatica, è il cosiddetto “Zero Trust”, che applica controlli e verifiche a tappeto come se non esistesse più

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