29/01/2025 di Valentina Bernocco

Tutti contro DeepSeek, e il chatbot cinese scompare dagli app store

Il Garante della privacy italiano chiede lumi sull’uso dei dati personali da parte dell’applicazione, ora rimossa da App Store e Google Play. Da OpenAI accuse di plagio, mentre Alibaba sfida con Qwen 2.5.

Non si smette di parlare di DeepSeek, la compagnia cinese che apertamente sfida OpenAI con modelli di intelligenza artificiale altrettanto avanzati ma più economici. L’applicazione mobile del chatbot è scomparsa dai marketplace italiani di App Store e Google Play, mentre è ancora raggiungibile il servizio Web. La “sparizione” è probabilmente la conseguenza della richiesta inviata dal Garante della Privacy (Gpdp) alle due società fornitrici del servizio, cioè Hangzhou DeepSeek Artificial Intelligence e  Beijing DeepSeek Artificial Intelligence. Il Garante si è mosso su segnalazione di Altroconsumo.

“L’Autorità, considerato l’eventuale alto rischio per i dati di milioni di persone in Italia, ha chiesto alle due società e alle loro affiliate di confermare quali siano i dati personali raccolti, da quali fonti, per quali finalità, quale sia la base giuridica del trattamento, e se siano conservati su server collocati in Cina”, si legge in un comunicato stampa del Gpdp. “Il Garante, inoltre, ha chiesto alle società che tipo di informazioni vengano utilizzate per addestrare il sistema di intelligenza artificiale e, nel caso in cui i dati personali siano raccolti attraverso attività di web scraping, di chiarire come gli utenti iscritti e quelli non iscritti al servizio siano stati o vengano informati sul trattamento dei loro dati”. Le due aziende hanno venti giorni di tempo per le informazioni richieste.

Dopo aver scosso i mercati e le cronache tecnologiche, a stretto giro DeepSeek si è meritata i complimenti di Sam Altman per poi vedersi accusata di plagio. Commentando su X il modello premium e più avanzato di DeepSeek, R1, l’amministratore delegato di OpenAI lo ha definito “impressionante”, specie se rapportato al prezzo. Con un’attitudine decisamente positiva, fin troppo, Altman ha presentato tutto questo come una sfida a fare meglio, promettendo futuri modelli targati OpenAI ancora più evoluti.

“Ma soprattutto”, ha proseguito l’imprenditore e informatico, “siamo entusiasti di continuare a realizzare la nostra roadmap di ricerca e crediamo che, più che mai, avere maggiore capacità di calcolo sarà importante per avere successo in questa missione”. Parole che fanno riferimento al colossale progetto Stargate, e quindi alla costruzione di nuovi data center al servizio delle attività di OpenAI, e in particolare del training dei modelli. Parole che, anche, tra le righe sottendono una rassicurazione agli investitori dopo il crollo del titolo Nvidia di questa settimana.

Il momento di pubblico elogio è durato poco: ora OpenAI accusa la rivale cinese, anche se informalmente, di furto di proprietà intellettuale. Un dipendente dell’azienda di San Francisco ha detto in via confidenziale al Financial Times che i modelli di DeepSeek sono stati addestrati partendo da quelli di OpenAI, usando la tecnica della distillazione (o distillazione della conoscenza). Si tratta di una pratica diffusa tra gli sviluppatori di intelligenza artificiale e ammessa dalla stessa OpenAI, a una condizione però: non usare la distillazione per creare prodotti direttamente concorrenti. Ed è proprio quello che, secondo le accuse (informali e non confermate), DeepSeek avrebbe fatto.

L’improvvisa popolarità ha anche procurato a DeepSeek un altro tipo di attenzioni, oltre a quelle degli investitori. Il servizio di fact-checking NewsGuard l’ha inserita, insieme ad altre dieci applicazioni dello stesso tipo, in un’analisi sull’accuratezza e completezza delle informazioni fornite dal chatbot. NewsGuard ha applicato a DeepSeek 300 prompt gi usati per valutare altre applicazioni, come ChatGpt e Gemini, e i risultati non sono buoni: su fatti e notizie di attualità l’indice di accuratezza è un misero 17%. Se interrogato su temi di attualità, il chatbot spesso fa affermazioni false (nel 30% dei casi) o dà risposte vaghe (53%). 

Per chiudere il quadro di quella che potremmo definire come l’azienda tecnologica più amata e odiata del momento, la connazionale Alibaba ha appena lanciato una nuova versione del modello Qwen 2.5 che, a suo dire, supera nei benchmark l’acclamato DeepSeek-V3, oltre che GPT-4o e Llama-3.1-405B. I concorrenti cinesi da tenere d’occhio, per OpenAI e Meta, potrebbero essere più di uno.

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