01/12/2014 di Redazione

App spione non richieste: i carrier possono installarle su Android

Una nuova soluzione della società di marketing Digital Turbine permette agli operatori di telecomunicazione di aggiornare in qualsiasi momento gli smartphone dei loro clienti con applicazioni utili a raccogliere dati. Il fenomeno dei bloataware, cioè i so

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Un carico di app non rischieste potrà riversarsi sui terminali Android, in qualsiasi momento. Grazie a una nuova soluzione, Ignite, della società di marketing Digital Turbine, i carrier di telecomunicazione potranno portare applicazioni loro gradite sugli smartphone dei loro clienti, per scopi pubblicitari e di raccolta dati. Il fastidioso fenomeno del software “indesiderato”, quello che arriva insieme allo smarpthone, preinstallato dal produttore o dal provider di telecomunicazioni, non è certo nuovo, trattandosi sostanzialmente di una trasposizione sul mobile di quanto gli Oem fanno con i personal computer.

La pratica del bloataware o bloat software (letteralmente, software gonfiato) è fastidiosa per l’utente perché “invade” il terminale occupando memoria o rischiando di rallentare le performance del sistema con programmi che difficilmente verranno utilizzati, non essendo frutto di una libera scelta. Si tratta, solitamente, di versioni gratuite di prova di app che si tenta di vendere, oppure di utiliy che servono ai produttori per raccogliere dati di utilizzo del terminale. I modelli Samsung, per esempio, arrivano nelle mani di chi li acquista con, in media, 600 MB di blotaware precaricato.

La novità, riferita da Forbes e facilmente intuibile dal sito di Digital Turbine, sta nel fatto che ora i carrier possono decidere di installare tali programmi in qualsiasi momento, diffondendo applicazioni proprie o di sviluppatori terzi e moltiplicando i profitti da advertising. Fra i propri clienti la società di digital marketing elenca Verizon e T-Mobile, e in effetti – a detta di Forbes – alcuni clienti dei due operatori avrebbero trovato nella lista degli aggiornamenti degli update chiamati DT Ignite e finalizzati a “miglioramenti di performance”. Nel momento dell’installazione, l’update richiedeva il permesso di accedere a qualsiasi parte del sistema, lasciando intendere una pesante intrusione nelle attività e nei dati personali dell’utente.

I carrier di telecomunicazioni prenderanno possesso dei nostri telefoni Android? Non proprio, perché in ogni caso all’utente rimane la possibilità di negare l’installazione del software non richiesto. Il problema, inoltre, è ancora circoscritto ai clienti di T-Mobile e Verizon che abbiano acquistato versioni brandizzate di terminali Android. Un passo in questa direzione, tuttavia, è stato compiuto e appare preoccupante in tempi di dibattito sulla privacy e sulla sicurezza dei dati. Appare, inoltre, come un passo in contraddizione con le mosse compiute recentemente da Google, Apple e Facebook, rispettivamente con l’introduzione della crittografia di default in Android Lollipop, iOS 8 e WhatsApp. Va poi sottolineato come per l’utente medio sia difficile liberarsi dal bloataware, perché per disinstallare questi programmi è necessario ottenere i permessi di root.

“Digital Turbine Ignite”, recita la presentazione ufficiale, “consente agli operatori mobile di recuperare un vantaggio competitivo massimizzando l’efficienza delle applicazioni pre-caricate e post-caricate sugli smartphone, attraverso guadagni di advertising ulteriori”. Ignite promette ai carrier di “sveltire il lungo processo di autorizzazione e implementazione delle app attraverso gli Oem”, potendo invece introdurre app o pacchetti di app sempre aggiornati in qualsiasi momento lo desiderino. A detta della società, la soluzione è già stata integrata con successo all’interno di Android ed utilizzata da “diversi fra principali operatori mobile”.

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