31/01/2019 di Redazione

Bot e profili falsi per “gonfiare” i social, ora è reato

La società di marketing Devumi è stata riconosciuta colpevole dall’ufficio del procuratore generale di New York: ha guadagnato milioni di dollari ingannando clienti e internauti con finti profili creati su Twitter, YouTube e altri social network.

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Comprare follower, “amici”, influencer e interazioni sui social network può essere reato. Giocare sporco su Twitter, YouTube, Pintereste, Facebook o Instagram, oltre a poter minare nel lungo periodo la credibilità di un’azienda o di un marchio, d’ora in poi potrà anche essere considerato una violazione della legge alla luce della decisione di Letitia James, il procuratore generale dello Stato di New York, su Devumi. Una società di servizi di marketing newyorkese, quest’ultima, che si presentava ai clienti con la promessa di aiutarli ad “accelerare la crescita social” e a “ottenere rapidamente follower, visitatori, like e altro ancora, con un mix di tattiche di marketing”. Peccato solo che fra le “tattiche” utilizzate ci fosse anche la fabbricazione di finti follower per i profili dei clienti che speravano di guadagnare popolarità su Twitter, YouTube, Pinterest e Soundcloud.

Come svelato da Cnn, l’azienda aveva raggiunto “fatturati da milioni di dollari creando finti post e commenti sui social media”. A seguito dell’indagine condotta dall’ufficio di Letitia James, già a metà dell’anno scorso aveva chiuso i battenti e ora, davanti a prove incontrovertibili, ha riconosciuto le proprie colpe pur di evitare strascichi giudiziari. E si tratta, sottolinea Cnn, della prima indagine di forze dell’ordine giunta alla conclusione che “queste attività costituiscono un inganno e una impersonificazione illegali, a detta del procuratore.

Si era saputo dell’indagine circa un anno fa grazie a  un’interessante inchiesta del New York Times, nella quale Devumi veniva descritta come “un’oscura società” che aveva costruito un business milionario creando un mercato di compravendita losco, una vera e propria frode perpetrata attraverso i social media. Usando una rete di 3,5 milioni di bot, l’azienda riusciva a garantire visibilità su Twitter, YouTube e altre piattaforme. I profili dei finti utenti venivano “costruiti” in modo credibile, con tanto di immagini rubate a persone reali.

 

(Dal sito Web di Devumi, ancora online)

 

Sorge spontanea una domanda: i clienti sapevano? Erano a loro volta vittime di una truffa o conniventi? In alcuni casi erano consapevoli di acquistare un finto seguito social, in altri casi no. I pessimi punteggi e commenti pubblicati su Trustpilot, d’altra parte, indicano che le bugie di Devumi hanno avuto gambe corte. “I bot e altri falsi account si sono diffusi endemicamente sulle piattaforme social, spesso rubando l’identità di persone reali per realizzare frodi”, ha commentato il procuratore James. “Finché persone e aziende come Devumi continueranno a fare soldi facili mentendo a cittadini americani onesti, il mio ufficio continuerà a scovare e fermare chiunque venda inganni tramite l’online”.

 

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