15/12/2022 di Redazione

Cloud, volano di crescita per Red Hat e i suoi partner certificati

La società sinonimo di open source in Italia può già contare su una quarantina di Certified Cloud Service Provider, tra hyperscaler, operatori nazionali, telco e system integrator.

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Il cloud è un destino inevitabile, non solo per le aziende utenti ma anche per i partner di canale. La crescita continua dell’adozione della “nuvola” come infrastruttura, piattaforma o software a servizio è un fenomeno mondiale ben noto e ignorarlo non conviene a nessuno. Conviene, anzi, sfruttarlo come volano di crescita. Questo è il messaggio indirizzato da Red Hat ai propri partner di canale, grandi, medi o piccoli che siano. 
 

“Siamo arrivati a un punto di break even, in cui i clienti spendono la stessa quantità di denaro per le loro infrastrutture on-prem e per quelle in cloud”, ha spiegato, in un recente incontro con la stampa, Thomas Giudici, regional ecosystem leader per l’area mediterranea di Red Hat. “Gli investimenti per l’on-prem cresceranno progressivamente, mentre la parte di ricavi cloud continuerà a crescere in modo esponenziale. L’anno prossimo il divario sarà ancora più ampio”.
 

Parlano chiaro i dati di Idc: l’anno scorso  gli investimenti in infrastruttura per l’on-premise sono saliti di appena l’1,5%, mentre la spesa delle aziende in cloud privato infrastrutturale è cresciuta a livello mondiale dell’8,8% (versus 2020) e quest’anno si prevede un ulteriori balzo del 21,7%. Sempre a detta di Idc, entro il 2024 il 55% delle aziende del mondo utilizzerà servizi acquistati tramite marketplace di Amazon Web Services (Aws), Microsoft Azure, Google Cloud o altri hyperscaler. 

 

Thomas Giudici, regional ecosystem leader per l’area mediterranea di Red Hat

 

Ma il cloud non è solo quello degli hyperscaler. A diversi livelli, chi con data center di proprietà e chi appoggiandosi alle infrastrutture altrui, molti operatori di varia natura possono cogliere l’opportunità: cloud provider nazionali, telco, fornitori di servizi gestiti (o system integrator che lo diventano). E per tutti c’è un denominatore comune: Red Hat OpenShift. Una piattaforma as-a-service (PaaS) che nasce e si evolve in logica open source e che ben si adatta all’attuale epoca del cosiddetto “multicloud”: ambienti informatici ibridi, cioè misti, composti da data center on-prem e da risorse cloud di più fornitori. 
 

"OpenShift è la tecnologia che il cliente è abituato a usare on-prem, nel cloud privato e anche nel cloud pubblico”, ha spiegato Morena Maci, senior partner account manager, Certified Cloud Service Provider di Red Hat. “Questo è un punto di forza: possiamo offrire la stessa user experience su diversi ambienti”. Sempre più spesso le aziende non si limitano a utilizzare un unico cloud e vogliono essere libere di scegliere e di cambiare idea a seconda del carico di lavoro coinvolto, o della convenienza del momento, o magari della vicinanza geografica del data center di riferimento. Multicloud, appunto. “Alcune aziende”, ha proseguito Maci, “sono già clienti di OpenShift on-prem e decidono di andare in cloud selezionando un primo hyperscaler e  magari anche un secondo fornitore per il disaster recovery”. 

 

 

Morena Maci, senior partner account manager, Certified Cloud Service Provider di Red Hat

 

Un mercato aperto: dall’hyperscaler al piccolo operatore
Red Hat dunque, a livello internazionale e anche in Italia, sta incrementando gli investimenti rivolti ai partner di canale che forniscono servizi cloud. L’etichetta di “fornitore di servizi cloud certificato” (Certified Cloud Service Provider, Ccsp) si applica non solo agli operatori proprietari di data center ma anche  chi eroga servizi gestiti e alle società che agiscono da cloud enabler, da abilitatori. “I Ccsp, sia quelli internazionali sia quelli locali, sono una parte di canale che riteniamo sempre più importante e che ha spazio di crescita”, ha sottolineato Giudici. “Al nostro interno abbiamo creato strutture diverse in modo da poter offrire ai diversi tipi di partner un supporto più sartoriale”.

Attualmente gli affiliati del programma partner Ccsp in Italia sono una quarantina: la lista comprende gli hyperscaler Aws, Google Cloud, Microsoft Azure e Ibm Cloud, oltre a cloud provider nazionali (Aruba e realtà specializzate su mercati verticali, come Cineca), operatori di telecomunicazione (Tim e Fastweb) e grandi system integrator e società di consulenza IT (Accenture, Capgemini e altri). Le diverse offerte create dai partner Ccsp includono sia servizi gestiti e soluzioni basate su tecnologia Red Hat, sia prodotti Red Hat acquistabili dal marketplace.

 

Il passaggio al cloud richiede competenze
Per poter veicolare ai clienti OpenShift e altri prodotti Red Hat (il software di automazione Red Hat Ansible, il sistema operativo Red Hat Enterprise Linux, la piattaforma per l’hosting di applicazioni Red Hat JBoss) servono, naturalmente, competenze specializzate. “Aiutiamo i nostri partner a a colmare il gap di conoscenza e a formare la propria forza vendita, in modo che possano realizzare veri progetti di modernizzazione e ridisegno del data center del cliente”, ha illustrato Alessandro Pittore, senior partner account manager, certified cloud service provider di Red Hat.  Il passaggio al cloud, ha sottolineato Pittore, non può limitarsi al semplice trasloco di dati e applicazioni da un data center interno a uno esterno. “Non consigliamo lo shift & lift, che ha costi elevati”, ha detto. “Tuttavia non è facile modificare l’impostazione mentale, l’approccio del cliente. Serve un salto culturale, bisogna comprendere le nuove logiche dello sviluppo agile”.

 

 

Alessandro Pittore, senior partner account manager, certified cloud service provider di Red Hat

 

E i system integrator tradizionali, in questo scenario dominato dal cloud, che ruolo possono svolgere? Anche loro dovranno trasformarsi. “Il partner che semplicemente compra e rivende una tecnologia è destinato a ridursi in maniera drastica”, ha osservato Giudici. “Sempre più avremo partner che sono anche consulenti, che aiutano il cliente a creare un’infrastruttura, e scegliere e a trasformare le applicazioni. Non tutte le aziende potranno permettersi di appoggiarsi a grandi società di consulenza, dunque esiste spazio anche per i più piccoli. Come Red Hat stiamo investendo molto per aiutare i partner a colmare il gap di competenze e a trasformare il proprio Dna per diventare dei consulenti”.

 

 

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