04/07/2022 di Redazione

Dalle interfacce 2D al metaverso: dove va la customer experience?

Immaginare un diverso utilizzo di realtà virtuale e intelligenza artificiale, per continuare a trasformare l’esperienza degli utenti. Ne abbiamo parlato con Marco Zanuttini, fondatore e Ceo di TechStar.

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Oggi la customer experience è una priorità per gli uomini e le donne del marketing e anche per il reparto vendite, ancor più di quanto non lo sia già stata in anni recenti. Ma tutte le attività, a partire dallo sviluppo prodotto, devono tenere a mente l’obiettivo della customer experience, o CX che dir si voglia. Un mondo in costante trasformazione, in cui continua a crescere l’adozione di tecnologie di intelligenza artificiale e che potrebbe essere di fronte a un nuovo punto di svolta con l’emergente metaverso. Che cosa si prospetta per il futuro della customer experience? Lo abbiamo chiesto a Marco Zanuttini, fondatore e Ceo di TechStar, giovane azienda nata nel 2021, che realizza soluzioni e progetti basati su realtà aumentata, virtuale e intelligenza artificiale. 

Quali sono oggi le tecnologie più innovative per l'ottimizzazione della customer experience?

Cominciamo col dire che rispetto all'evoluzione dei sistemi informativi, e in generale della tecnologia informatica, una delle cose che sono sempre rimaste molto indietro, inspiegabilmente, è l'interfaccia utente dei software. Da anni si lavora per far evolvere le strategie di comunicazione e i canali, eppure le impostazioni di qualunque software, soprattutto di quelli applicativi, sono sempre rimaste simili a sé stesse. Di fatto, abbiamo sempre un menu che si riferisce a una struttura ad albero, che permette la navigazione per arrivare a una pagina, poi a un’altra, per finire ad esempio su una landing page dove riempire alcuni campi di un form. Comunicare, comprare, interagire, iscriversi a un servizio, ricavare delle informazioni: la struttura è sempre simile.

Proprio questa struttura ha creato difficoltà agli utenti in differenti contesti, in particolare per quanto riguarda gli strumenti software più complessi. In breve, per fare qualche cosa devo sempre seguire un percorso pensato da chi ha progettato il software, mentre ogni utilizzatore, a seconda del suo obiettivo, potrebbe avere necessità di una sequenza di navigazione che non è quella progettata. Perché allora non creiamo software che adattano la propria struttura all’esperienza dell’utente? Ed eccoci quindi a ragionare sull’intelligenza artificiale, e in particolare sull’uso del machine learning: grazie a esso infatti possiamo immaginare un sistema che, dopo un certo numero di interazioni, impara e si adatta, presentando all’utente l’interfaccia più efficace per eseguire il suo compito o arrivare al suo obiettivo, come scaricare un documento o chiedere informazioni, invece di obbligarlo a un percorso standard. E dall’altro lato eccoci al metaverso, un canale nuovo di interazione completamente da costruire.

Di metaverso si parla relativamente da poco tempo, ma le tecnologie alla base (realtà aumentata e virtuale) non sono una novità. C'è stato solo un cambiamento di terminologia, dettato da ragioni di marketing, o il metaverso rappresenta anche una novità tecnologica?

Vero, se ne parla relativamente da poco, ma le tecnologie di base, come la realtà virtuale, non sono nuove. C'è stato invece un cambiamento radicale rispetto al modo di utilizzare questi strumenti: il metaverso è una evoluzione proprio in termini di modalità d’uso, e non tanto o non solo un progresso tecnologico. Non si tratta cioè soltanto degli strumenti, ma di come vogliamo usarli, e ora abbiamo non solo la possibilità ma anche la volontà e la consapevolezza strategica per creare degli spazi virtuali che esistono indipendentemente dalla nostra presenza, dove ci si può incontrare, dove esiste il concetto di distanza, dove gli utenti e i visitatori grazie a un avatar sono in grado di interagire fra di loro e con gli oggetti presenti, di lasciare il segno in un mondo in evoluzione.

C’è stato un grande cambiamento concettuale, più che terminologico, che è stato possibile perché alcuni dei big player sul mercato hanno teorizzato questo nuovo mondo e hanno deciso di investire su di esso, focalizzando tutto l'interesse mediatico su questo argomento. Pensiamo al famosissimo rebranding della nota società di social network, che indubbiamente ha dato prova della visione particolarmente innovativa portata dal proprio founder.

Potremmo dire che proprio per cercare di superare i limiti che stanno cominciando ad avere i social network tradizionali, diciamo così, “a due dimensioni”, è stata di fatto teorizzata la possibilità di avere un social tridimensionale e da qui, dall'importanza di questa dichiarazione, si è scatenato l'interesse che ha portato tutti a riflettere su come utilizzare al meglio le tecnologie imperniate sul concetto di metaverso.

Quindi, appunto, il metaverso non è la tecnologia ma l'utilizzo di quella tecnologia, teso verso un obiettivo nuovo: creare un mondo virtuale ed esplorarne le possibilità in termini sociali, ma anche di ricerca e di business. Per fare in modo che il metaverso si sviluppi, chiaramente, servono ingenti investimenti che solo i grandi big dell'informatica e della tecnologia mondiale possono permettersi proprio perché si possa passare dalla teoria alla pratica.

 

Marco Zanuttini, fondatore e amministratore delegato di TechStar

 

Da una recente ricerca di Gartner è risultato che, a livello mondiale, al momento solo il 37% dei dirigenti aziendali sta pensando di adottare tecnologie di metaverso. Vi ritrovate in questo scenario?

Vero, ma confesso di non essere d'accordo sulla parola “solo”, perché il 37% rappresenta una percentuale davvero significativa: guardiamo le altre statistiche sulla digital transformation, confrontiamo i numeri tra chi ha e usa in modo consapevole i propri profili social e i propri siti internet, in Italia e fuori. Quanto tempo è servito affinché, ad esempio, i social diventassero uno strumento anche per il business? Anni. Stiamo parlando concretamente di metaverso da novembre dello scorso anno, e se già oggi, a distanza di pochi mesi, il 37% dei dirigenti sta pensando di adottare una soluzione in tal senso direi che siamo di fronte a un risultato davvero rilevante. Tra altri sei mesi forse questa cifra sarà il 50%, tra un anno o due forse l’adozione del metaverso sarà diffusa capillarmente.

Anche tra le aziende italiane l’interesse è alto, perché è ormai consolidata la consapevolezza che siamo di fronte a un’evoluzione in grado di avere un impatto enorme. Sta a noi capire e accogliere questo interesse, aiutare i nostri clienti a comprendere che sì, siamo all’inizio, ma proprio per questo siamo davanti a un terreno di sperimentazione estremamente ricco. Perché allora non provarci subito, perché lasciare che siano gli altri a fare le prime esperienze di un mondo che impatterà, anzi sta già impattando sulla nostra comunicazione e sulla società intera? Mettiamoci all’opera, sperimentiamo e cerchiamo di capire qual è il miglior utilizzo del metaverso per gli individui e per il business di ogni singola azienda.

A vostro parere il metaverso è destinato a trasformare la customer experience?

Assolutamente sì. Se pensiamo anche a cose molto ordinarie, come a un sito di e-commerce tradizionale, è possibile che ci troviamo di fronte a una rivoluzione totale dell’esperienza. Un visitatore entra in un negozio nel metaverso, e noi possiamo supportarlo con un’esperienza immersiva che impara dal suo comportamento attraverso l’intelligenza artificiale, e che gli offre le informazioni di cui ha bisogno in maniera dinamica e interattiva.

Pensiamo anche al brand storytelling, a come possiamo presentare il nostro marchio non più facendo leggere all’utente quello che raccontiamo in un sito Web a due dimensioni, ma invitandolo a “vivere” il nostro brand in uno spazio virtuale, accessibile proprio come un sito aziendale, che gli racconterà la nostra storia o gli mostrerà le informazioni che gli servono per decidere e per interagire con noi in maniera evoluta. Si apre insomma un mondo completamente nuovo per la user experience e per la customer experience. Un mondo del quale, in effetti, non abbiamo ancora nemmeno immaginato tutto.

 

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