03/07/2017 di Redazione

In California sta nascendo il primo sensore a energia zero

I ricercatori dell’ateneo di San Diego hanno realizzato un prototipo di chip che rileva la temperatura con consumi quasi nulli. Il componente potrebbe essere utilizzato nei dispositivi indossabili e nelle apparecchiature industriali.

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Un sensore per la temperatura che consuma un’energia equivalente a 113 picowatt, vale a dire circa dieci miliardi di volte meno di un watt. È il progetto a cui stanno lavorando i ricercatori della University of California San Diego, con l’obiettivo di produrre un nuovo componente elettronico da utilizzare nei dispositivi indossabili e nei prodotti per l’industria. In particolare gli scienziati citano i device che monitorano la temperatura corporea, gli oggetti connessi per la smart home e le apparecchiature di sorveglianza ambientale. Per raggiungere questo risultato, i ricercatori hanno lavorato su due fronti, allo scopo di ridurre i consumi energetici. Innanzitutto, si sono concentrati sulla sorgente della corrente, per poi proseguire sul processo di conversione della temperatura rilevata in un segnale da mostrare su un display digitale.

Per riuscire a ottenere un sensore praticamente a impatto zero, il team della Uc San Diego ha sfruttato con furbizia ed efficacia il fenomeno del “gate leakage”: si tratta di un evento sempre più comune nei transistor moderni, causato dalla continua riduzione del gate di ingresso, implementato per consentire o bloccare il passaggio di elettroni nel circuito.

Con il costante assottigliamento dei transistor il fenomeno del “gate leakage” si fa sempre più assillante, per le ridotte dimensioni delle barriere d’ingresso che non riescono a contenere tutta la massa di energia. Diversamente dai ricercatori impegnati nell’industria dei semiconduttori, che cercano di contrastare questo evento, i colleghi californiani hanno propriamente sfruttato la perdita di elettroni per alimentare tutto il circuito.

Partendo da questo “tesoretto”, il sensore converte il segnale da analogico a digitale in modo diverso rispetto al passato. Il processo comune prevede la presenza di un resistore, capace di cambiare la resistenza prodotta in base alla temperatura, e la misurazione del voltaggio: questo dato viene poi convertito nel valore mostrato a schermo sfruttando un convertitore analogico-digitale, che consuma molta energia.

 

Credits: David Baillot/Uc San Diego Jacobs School of Engineering

 

Al posto di questo schema convenzionale i ricercatori hanno sviluppato un nuovo sistema in grado di digitalizzare direttamente il dato rilevato, riducendo i consumi. Il sensore è inserito in un chip di 0,15 millimetri di lato e può leggere la temperatura in un range compreso fra meno 20 e più 40 gradi Celsius. L’unica pecca evidente è che il componente può aggiornare il proprio stato all’incirca una volta al secondo. Molto più lentamente, quindi, di prodotti analoghi.

Ma per gli scienziati si tratta comunque di un buon compromesso, in quanto è un tempo di risposta sufficiente per tutti quei dispositivi, come i termometri per il corpo umano, che devono operare in ambienti dove la temperatura non è soggetta a fluttuazioni troppo rapide. Il team di San Diego sta ora lavorando per ottimizzare il design del componente. L’articolo è stato pubblicato su Scientific Reports di Nature.

 

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