03/02/2020 di Redazione

In Cina Huawei non si ferma, a dispetto del coronavirus

Alcune società tecnologiche, tra cui Huawei, continuano a portare avanti le operazioni di fabbrica nonostante gli inviti di Pechino a interrompere momentaneamente la produzione.

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Mentre il dibattito sul coronavirus cinese continua a fare il giro del mondo, tra statistiche di guarigioni e decessi, polemiche sui veti alla circolazione transfrontaliera e speranze di vaccino, la macchina produttiva della Repubblica Popolare subisce un forzato stop. Ma non del tutto: Huawei oggi ha fatto sapere tramite un portavoce di aver ripreso le attività di fabbricazione e assemblamento di alcuni prodotti, smartphone e apparati di telecomunicazione inclusi. Secondo quanto riferito da Reuters, negli impianti coinvolti le operazioni “procedono normalmente”.

 

Si tratta, per lo più, di fabbriche collocate non lontano da Shenzhen, a Dongguan. Una città che dista oltre mille chilometri da Wuhan, la metropoli focolaio dell’epidemia. Il governo cinese ha consentito di rimanere operative ad alcune “industrie critiche” non collocate in città o province particolarmente a rischio, e Huawei è una di queste.

 

D’altra parte, come svelato da Digitimes, in questo momento l’azienda è sotto pressione: i suoi clienti e partner della supply chain chiedono di poter ricevere chip e componenti ottici il prima possibile, per non rallentare i lavori di preparazione delle reti 5G.

 

Anche il produttore di chip di memoria Yangtze Memory Technologies, ha fatto sapere tramite portavoce che “al momento, la produzione e le operazioni procedono normalmente in modo ordinato”. Il quartiere generale in questo caso si trova proprio a Wuhan, ma l’azienda ribadisce l’assenza di rischi, dato che nessun dipendente ha sviluppato sintomi di malattia e dato che sono state prese alcune misure di sicurezza internamente all’organizzazione. 

 

Similmente, Smic (Semiconductor Manufacturing International Corp), società produttrice di componenti per processori, si è organizzata per poter tenere aperte le fabbriche senza minare la sicurezza dei dipendenti né violare le richieste governative, spiega Reuters. Verrebbe da pensare maliziosamente, dato che Yangtze e Smic sono entrambe società su cui il governo di Pechino ha diretti interessi economici (la prima è un’impresa privata, ma parzialmente controllata da un fondo d’investimento statale, mentre la seconda è un’azienda statale). 

 
Aggiornamento: Intanto una notizia di segno opposto giunge da Apple. L'azienda californiana ha deciso di chiudere le porte di tutti i suoi uffici, Apple Store e centri di assistenza clienti ubicati in Cina fino al 9 febbraio. Una decisione presa per "eccesso di cautela e sulla base degli ultimi consigli dei principali esperti di salute pubblica".
 

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