23/10/2023 di Redazione

Integrazione applicativa, il “ponte” che velocizza e migliora il lavoro

Creando una sincronizzazione continua tra due o più applicazioni si risparmiano tempo e risorse, si azzera l’errore umano e si rispetta la compliance. Il punto di vista di Axiante.

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Che cos’è l’integrazione applicativa (o integrazione fra applicazioni), come può trasformare il modo di lavorare e come realizzarla? Sono domande che oggi, con la progressiva digitalizzazione di informazioni e processi e con il proliferare dei software in uso, le aziende dovrebbero porsi. L’integrazione applicativa è - letteralmente - una procedura che collega e sincronizza tra di loro diverse applicazioni, due o più, per consentire lo scambio di dati in tempo reale.

L’obiettivo è quello di automatizzare determinati processi”, spiega Mirko Gubian, global demand senior manager di Axiante. “Possiamo immaginare l’integrazione come un ponte che collega tra loro le applicazioni, consentendo ai dati di passare da una all’altra in modo diretto, efficientemente e in tempo reale. Si può scegliere di integrare applicazioni con funzionalità diverse, che però devono collaborare tra loro affinché venga realizzato un processo automatizzato”.

Il “ponte” è una costruzione permanente: una volta realizzata la procedura, la sincronizzazione resta in essere, senza interruzioni. Esistono altre modalità per consentire lo scambio di dati tra piattaforme software, ma l’integrazione applicativa consente ai dati di fluire in tempo reale, mentre le applicazioni sono in uso. “Non si tratta di una convergenza di database che viene realizzata nottetempo”, precisa Gubian, “bensì di un allineamento che deve avvenire in tempo reale, perché magari nell’una o nell’altra applicazione si raccolgono dati che influiscono sul processo”.  

 

Un esempio può chiarire il concetto: un addetto alla gestione del recupero del credito avrà bisogno di sapere se un cliente è in ritardo con un pagamento. Per avere dati aggiornati all’interno dell’applicazione per il recupero credito, è necessario che essa si integri con almeno altre due applicazioni, ovvero quella di gestione della fatturazione e dei pagamenti (bisogna essere sicuri che quel cliente sia effettivamente in ritardo, avendo quindi un dato aggiornato in merito) e il Crm (per verificare che non ci siano reclami aperti o altre segnalazioni). Solo così si ottiene una “visione olistica” sul cliente, come si suol dire, e l’addetto al recupero crediti può svolgere il proprio lavoro in modo efficiente e corretto. E può farlo utilizzando un’unica applicazione di riferimento, cioè quella su cui ha competenze e responsabilità. 

 

I vantaggi dell’integrazione applicativa 

Da questo esempio si colgono alcuni dei vantaggi dell’integrazione applicativa: il risparmio di tempo e risorse, l’efficienza dei processi, la certezza dell’informazione, e non da ultimo un miglioramento della user experience. Non è più necessario “saltare” da un’applicazione all’altra, lanciando l’esecuzione di diversi software e magari utilizzando più di un terminale per la fruizione dell’uno e dell’altro. I dati consultati risultano sempre aggiornati, e quindi attendibili. 

 

“Uno dei vantaggi dell’integrare applicazioni che svolgono funzioni diverse è di massimizzare l’utilizzo delle risorse”, spiega il manager di Axiante. “Risorse applicative, hardware e software, ma anche risorse umane, perché un’attività che altrimenti richiederebbe più passaggi e persone coinvolte può essere completata da un unico addetto. Inoltre si evita l’errore umano, perché non è più necessario spostarsi da una postazione all’altra né inserire manualmente dei dati”.

L’integrazione può essere selettiva, ovvero può far convergere solo alcuni tipi di dati dell’una o dell’altra applicazione, in base ai ruoli dell’utente che li fruisce: la visibilità sui dati può essere calibrata in modo da rispecchiare le policy aziendali.  

 

In aggiunta a tutto questo, bisogna considerare che in azienda non è possibile o conveniente abbandonare i sistemi legacy in uso. E in questi casi l’integrazione applicativa può essere vantaggiosa in termini di spesa, tempi e complessità del progetto, perché non richiede l’abbandono delle soluzioni tecnologiche già in uso né l’acquisto di nuovo software. 
 

 

Mirko Gubian, global demand senior manager di Axiante

 

 

Come si realizza l’integrazione applicativa 

Materialmente, l’integrazione applicativa si realizza tramite API (Application Programming Interface), ma è innanzitutto importante definire quali sono gli obiettivi da ottenere e dunque i processi da automatizzare. “L’esigenza di partenza può essere la semplificazione o l’aggiunta di elementi”, spiega Gubian. “Generalmente si parte da un processo alla volta, identificando il processo che si vuole semplificare o quello in cui si vuole integrare qualche elemento”. 

 

Il ruolo di un partner tecnologico come Axiante è importante sia nella fase di progettazione sia nella realizzazione dell’opera di integrazione, che dev’essere portata a termine senza impatti sull’operatività dell’azienda. “Ci occupiamo del design della soluzione”, illustra il global demand senior manager, offrendo ai clienti la trasparenza sulle funzionalità realizzate ma celando tutta la complessità tecnica che sta dietro al nostro lavoro. Fa parte del nostro mestiere capire dove intervenire, quali tecnologie siano coinvolte nelle applicazioni da integrare, se sia meglio utilizzare un determinato tipo di API o magari realizzare un intervento specifico su un’applicazione. Per tutto questo servono competenze specifiche sulle tecnologie e sulle best practice”. 

 

Axiante Digital, divisione di Axiante, offre servizi di design della soluzione, integrazione applicativa, sviluppo applicativo, monitoraggio e supporto. Si può optare anche per progetti “chiavi in mano”, che includono l’analisi dello scenario di partenza, la definizione degli obiettivi e la realizzazione secondo tempistiche e costi chiari. 

 

Spesso a tutto questo affianchiamo una componente di innovazione, ovvero analizziamo le chiamate e le criticità per capire come poter migliorare l’applicazione”, aggiunge Gubian. “Operiamo in logica cloud-first, ovvero le nostre applicazioni nascono per essere eseguite in cloud ma anche on-premise, senza vincoli rispetto alla scelta del fornitore. In questo modo il cliente conserva libertà di scelta sull’infrastruttura da utilizzare”.  

 

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