29/11/2019 di Redazione

Le parole di un robot possono influenzare gli esseri umani

In una ricerca della Carnegie Mellon University il robot umanoide di Softbank è stato usato per mettere a disagio con le parole persone impegnate in un gioco di logica. A Tokyo, intanto, sta per aprire i battenti una caffetteria popolata di robot.

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A molti di noi non piacciono le critiche, nemmeno se provengono da un robot. Pepper, il robot umanoide sviluppato da Softbank, nonostante l’aspetto bonario se programmato a dovere può diventare irritante e molesto, al punto da interferire con gli stati d’animo delle persone quasi come potrebbe fare un essere umano che le critica. Questo ha dimostrato una ricerca empirica della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, che ha incaricato Pepper di offendere sottilmente (con quello che gli anglofoni chiamano trash talk) i 40 volontari partecipanti allo studio mentre ciascuno di loro era impegnato in una partita di Guards and Treasures.

 

Si tratta di un gioco di ragionamento e strategia, piuttosto usato nelle ricerche per valutare le abilità razionali. Quello che invece non si è visto spesso, finora, è l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale non collaborativi, ma anzi caratterizzati da comportamenti quasi ostili agli esseri umani. Si è trattato in questo caso di un’ostilità verbale, che ha però prodotti effetti concreti (come d’altra parte può accadere nel dialogo fra persone).

 

Ciascun volontario ha sfidato Pepper per 35 volte al gioco in questione, mentre il robot pronunciava talvolta frasi di incoraggiamento e altre volte dei commenti sprezzanti. Cose del tipo “Devo dire che sia un pessimo giocatore”, o “Durante la tua partita hai cominciato a giocare in modo confuso” e altre poco lusinghiere osservazioni. Da un lato la capacità logica dei volontari è parsa migliorare partita dopo partita, ma allo stesso tempo il punteggio di gioco di chi aveva subito le critiche di Pepper è stato inferiore a quello di chi, invece, aveva ricevuto frasi di incoraggiamento.

 

Uno dei test eseguiti con Pepper

 

L’esperimento è interessante perché dimostra che gli esseri umani possono farsi condizionare dalle parole pronunciate da un robot come in un normale dialogo tra persone, nonostante siano consapevoli della natura artificiale della conversazione. Si è trattato di “uno dei primi studi sull’interazione uomo-robot in un contesto di mancata collaborazione”, come sottolineato da una delle autrici della ricerca, Fei Fang, docente assistente dell’Institute for Software Research (il progetto è nato all’interno di uno dei suoi corsi). “Possiamo aspettarci che gli assistenti domestici siano collaborativi, ma in situazioni come per esempio gli acquisti online potrebbero avere obiettivi diversi dai nostri”.

 

Pepper servirà il caffè ai tavoli
Dopo essersi prestato a impersonare un ruolo antipatico, Pepper potrà forse riabilitare la propria immagine grazie a un progetto di tutt’altro genere. La casa madre Softbank sta per a Tokyo un’elegante e presumibilmente molto costosa caffetteria in cui sarà proprio il robot umanoide a raccogliere le ordinazioni e servire ai tavoli (principalmente waffle e drink). Manca pochissimo all’inaugurazione del locale, programmata per il 5 dicembre.

 

Il locale si chiama Pepper Parlor e dovrà diventare, nelle intenzioni dell’azienda, “uno spazio in cui le persone possono sperimentare facilmente la coesistenza di umani e robot”, in attesa di un futuro in cui forse questa convivenza non stupirà più nessuno. “Vogliamo creare robot non solo per ragioni di comodità ed efficienza, ma anche per accrescere le possibilità delle persone e per portare felicità”, ha assicurato Softbank.

 

 

 

 

Pepper, secondo quanto descritto sul sito Web del locale, non soltanto prenderà le ordinazioni ma potrà anche interagire con i clienti, scattare fotografie e “offrire nuove, divertenti esperienze”. Al suo fianco, altri membri dello staff sono l’umanoide Nao, che ha invece incarichi di intrattenimento (eseguirà coreografie “delicate e precise”) e Nao, un robot pulitore che entra in azione dopo l’orario di chiusura, potendo muoversi in autonomia grazie ai suoi sensori.

 
 

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