23/01/2013 di Redazione

Mainframe in outsourcing, ma quanto mi costi?

Secondo una ricerca realizzata da Compuware a livello internazionale, che analizza anche la realtà italiana, i costi nascosti sono una preoccupazione per tre quarti dei Cio. Maggior carico di lavoro, investimenti per il testing e spese per la risoluzione

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Affidare all’esterno al gestione del mainframe è una scelta che va valutata attentamente. Uno studio, commissionato da Compuware e realizzato dall’istituto indipendente di ricerche Vanson Bourne, che ha visto la partecipazione di 520 Cio di grandi aziende, distribuite su numerosi mercati verticali differenti in Australia, Benelux, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Usa, ha analizzato le esperienze delle diverse società relativamente all’affidamento in outsourcing dei mainframe.

La soluzione Apm for Mainframe di Compuware


Come si sa il mercato dell’outsourcing, in tutti i segmenti e in tutte le sue forme, si basa su diverse ragioni, ma la principale, quella che è presente in tutti i casi analizzati nel tempo e si posiziona tradizionalmente al primo posto è quella economica, la riduzione dei costi. Secondo l’Outsourcing Institute, infatti, le prime sei ragioni che spingono le imprese verso soluzioni di gestione esterna sono: ridurre e controllare i costi di gestione; migliorare il focus aziendale; accedere a funzionalità best-in-class; liberare risorse interne per scopi differenti; sopperire alla mancanza di risorse interne adeguate; accelerare i benefici del reengineering.

In questa survey, però, sono proprio i costi (quelli “nascosti”) a sollevare i dubbi di molti Cio di aziende che hanno affidato in Outsourcing lo sviluppo, la manutenzione e la gestione delle applicazioni mainframe. Sono infatti il 71% i manager IT a livello mondiale e il 73% in Italia che si dicono scontenti dei costi nascosti derivanti dalla crescita del livello dei Mips (milioni di istruzioni per secondo) e dai maggiori investimenti necessari per il testing e dalla risoluzione dei problemi causati dalla non adeguata qualità delle applicazioni fornite.

Proprio della qualità delle nuove applicazioni o dei servizi prestati dai rispettivi outsourcer sono insoddisfatti il 67% dei Cio (nel nostro Paese addirittura il 78%); i maggiori problemi segnalati riguardano l’aumento del gap di competenze interne, le difficoltà nel trasferimento della conoscenza e l’eccessiva rotazione del personale del fornitore.

Le competenze relative alle applicazioni su mainframe sono spesso legate a doppio filo a colui che le ha sviluppate, che nel tempo può aver lasciato l’azienda, e così risulta molto difficoltoso trasferire la conoscenza delle applicazioni agli outsourcer, tanto meno verificare la qualità e le prestazioni del codice dopo che viene loro consegnato. Tutto ciò porta a un abbassamento della qualità delle applicazioni, incidendo sul potenziale risparmio tipico dell’outsourcing.


Vediamo più nel dettaglio i tre aspetti che preoccupano i Cio: la crescita dei Mips (milioni di istruzioni per secondo), la qualità del servizio, il trasferimento di conoscenza.

Mips
I consumi in termini di Mips aumentano a causa di codice inefficiente.  Circa il 40% degli intervistati sostiene che i consumi stano sfuggendo al loro controllo con i costi relativi ai Mips che mediamente crescono del 21% anno su anno, e non è certo poco. Quasi il 90% (in Italia la percentuale è anche superiore) di coloro che utilizzano strutture di costo basate sul consumo di Cpu (circa il 42% del campione) sostiene che gli outsourcer potrebbero gestire meglio i costi di Cpu, e più della metà è convinta che gli outsourcer non si preoccupino dell’efficienza delle applicazioni che scrivono. Nel mirino dei Cio (68%) anche la proliferazione delle applicazioni mobile (per esempio il mobile banking) ritenute una causa dell’incremento delle risorse in termini di Mips.

Mainframe sotto la lente d'ingrandimento: i costi di gestione non sono sempre evidenti


Qualità
La mancanza di qualità nello sviluppo delle applicazioni si ripercuote sul Tco poiché i tempi di realizzazione si allungano e sono necessarie maggiori risorse. Risulta infatti dalla ricerca che più della metà delle imprese ha dovuto investire maggiormente in test prestazionali e nel trubleshooting proprio a causa della cattiva qualità del lavoro fornito dagli outsourcer. Nel nostro paese si arriva addirittura al il 67% dei casi analizzati.
Molte aziende (il 51%, il 33 in Italia) sostengono inoltre di dover investire di più in team di manutenzione interni proprio per la scarsa qualità nello sviluppo degli outsourcer. Solo per risolvere bug applicativi e problemi prestazionali causati dagli outsourcer, i dipartimenti IT dedicano mediamente 10 giorni su ogni progetto, nel caso dell’Italia si arriva addirittura a 20 giorni. Una delle cause sembra dipendere dal fatto che non tutti gli outsourcer utilizzano i migliori strumenti sul mercato di gestione delle applicazioni e delle prestazioni.

Trasferimento della conoscenza
La difficoltà nel trasferimento della conoscenza diventa un problema concreto quando è necessario modificare le applicazioni esistenti per aggiornarle alle nuove necessità e quando bisogna sviluppare e integrare nuovi servizi nelle applicazioni già in uso. La mancanza di competenze e documentazione relativamente ai sistemi legacy è la causa principale dei problemi. Secondo il 68% dei Cio, i team interni non possiedono più le conoscenze necessarie per la manutenzione delle applicazioni legacy e circa l’80% afferma che la difficoltà nel trasferimento del sapere porti a una scarsa qualità dei progetti di outsourcing.

Strumenti adeguati
Pare chiaro da questa indagine che, attualmente, in ambito mainframe le aziende utenti non sono soddisfatte delle performance offerte dagli outsourcer, ma che un corretta scelta di strumenti di gestione delle applicazioni e delle prestazioni, può attenuare, e in taluni casi eliminare, i problemi riscontrati dalla gran parte dei Cio.

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