23/02/2023 di Redazione

Meta indagata in Italia, accusa di evasione fiscale sui dati

La procura di Milano ha avviato un’indagine per omesso versamento dell’Iva per 870 milioni di euro. L’azienda dissente: non è giusto tassare il possesso dei dati.

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Tra i grandi evasori fiscali in Italia c’è anche Meta? Questo è il sospetto delle forze dell’ordine europee e italiane che stanno indagando sul caso. Avviata dalla procura europea, l’indagine si è poi allargata alla Guardia di Finanza milanese e, ora, trasferita alla Procura di Milano, nelle mani del pubblico ministero Giovanni Polizzi. Così riportano i principali quotidiani nazionali e le agenzie di stampa.

Il sospetto è che la società proprietaria di Facebook, Instagram e Whatsapp abbia mancato di dichiarare una parte di guadagni derivanti dai dati personali degli utenti iscritti alle tre piattaforme. In sostanza, le autorità pensano che i profitti che Meta deriva dall’uso dei dati (quindi dalle inserzioni pubblicitarie targettizzate e da attività di marketing) dovrebbero essere tassati, ma così non è avvenuto. Da qui l’omesso versamento dell’Iva, per un valore che secondo il calcolo della Gdf ammonterebbe a 870 milioni di euro.

L’azienda ha però replicato difendendo la propria correttezza: a suo dire, il possesso dei dati non dev’essere tassato. “Prendiamo sul serio i nostri obblighi fiscali”, ha dichiarato un portavoce, “e paghiamo tutte le imposte richieste in ciascuno dei Paesi in cui operiamo. Siamo fortemente in disaccordo con l’idea che l’accesso da parte degli utenti alle piattaforme online debba essere soggetto al pagamento dell’Iva. Come sempre, siamo disposti a collaborare pienamente con le autorità rispetto ai nostri obblighi derivanti dalla legislazione europea e nazionale”.

Confermata la sentenza del caso Voxer

Nel frattempo, in Texas una corte federale ha rigettato la richiesta di Meta di ribaltare un precedente verdetto sulla presunta violazione di brevetti. Il caso in questione è quello di Voxer, società di San Francisco sviluppatrice di un’applicazione di walkie-talkie, in sostanza un servizio voce “push-to-talk” che permette di inviare tramite smartphone messaggi vocali ai contatti presenti in rubrica.

Nel 2020 l’azienda ha accusato Meta (all’epoca, Facebook) di aver usato senza permesso due tecnologie di streaming e messaggistica di Voxer per le dirette di Facebook e Instagram, a partire dal 2015. La scorso settembre la società di Mark Zuckerberg è stata condannata a pagare 175 milioni di dollari di risarcimento: il tentativo di ribaltare la sentenza per ora è fallito, ma Meta può ancora fare ricorso.



 

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