30/08/2017 di Redazione

Openstack è sempre più modulare con la release Pike

Basata sugli importanti miglioramenti di Ocata, la nuova versione della piattaforma aperta per il cloud porta con sé una maggiore capacità di gestione delle risorse, unità a più flessibilità e scalabilità. Si fanno strada casi d’uso come l’edge computing

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Openstack arriva alla versione numero 16. Il sempre più popolare progetto aperto, nato per facilitare la vita (o almeno per provarci) alle aziende che vogliono utilizzare cloud privati, ha infatti battezzato da poche ore una nuova release, chiamata Pike. Gli avanzamenti introdotti dalla community sono ovviamente numerosissimi e riguardano tutti i principali componenti della piattaforma, dai servizi di elaborazione passando a quelli di networking, storage, orchestrazione, gestione delle immagini e così via. Un elenco parziale degli aggiornamenti è disponibile a questo link sul sito di Mirantis, una delle aziende promotrici del progetto Openstack e cofondatrici dell’omonima fondazione. Va però detto che Pike non è una major release, né lo saranno le seguenti Queens e Rocky: tutte e tre si basano ancora sui miglioramenti sviluppati con Ocata, la versione numero 15 dell’ecosistema.

La principale novità di Pike riguarda il tentativo di rendere Openstack sempre più modulare, dando così alle imprese la possibilità di prelevare soltanto funzionalità e servizi necessari e di comporre in questo modo una soluzione su misura. Obiettivi non secondari del team di sviluppo sono stati inoltre una maggiore capacità di gestione delle risorse, la flessibilità e la scalabilità.

Non è un caso che Pike supporti ora soltanto Nova Cells v2, componente facente parte dei servizi di elaborazione in grado di funzionare su deployment più grandi e capace di scalare alla bisogna. “L’ascesa dei servizi componibili e di opzioni che prevedano un accesso facilitato alle risorse fanno parte del processo di maturazione” del progetto, ha spiegato Jonathan Bryce, executive director della Openstack. “La community è ora impegnata a rimuovere altri limiti tecnologici e a far crescere le funzionalità di Openstack, per supportare nuovi casi d’uso”.

È il caso, per esempio, dell’edge computing, dell’apprendimento automatico e dell’utilizzo dei container, che si stanno facendo sempre più strada all’interno della piattaforma. Lo spostamento delle capacità di calcolo dal centro della rete al bordo è un fenomeno all’apparenza inarrestabile, e lo sarà sempre di più con la crescita dei dispositivi IoT. Diverse grandi aziende, come Verizon e Walmart stanno infatti studiando come sfruttare Openstack in ottica edge computing.

 

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