05/04/2022 di Redazione

Tra pandemia e guerra, il digitale resiste alle avversità

Nonostante l’inflazione e la revisione delle agende politiche imposta dalla crisi bellica, quest’anno il mercato digitale in Italia crescerà ancora, sfiorando gli 82 miliardi di euro di valore.

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Dopo due anni di pandemia, il sistema economico europeo è stato travolto da un altro terremoto, di differente natura. Il conflitto russo-ucraino, come noto,ha determinato non solo un disastro umanitario ma anche l’urgenza di rivedere le politiche energetiche e la destinazione di investimenti che, su base europea e nazionale, avrebbero dovuto imboccare altre strade. Transizione ecologica, trasformazione digitale e parità di genere non possono però essere messi nel cassetto, come slogan già passati di moda: sono, invece, i pilastri su cui dovrebbe reggersi l’idea di società non solo pacifica ma sostenibile, egualitaria e “smart”, a cui punta, con suoi 17 obiettivi, l’Agenda 2030 dell’Onu. E a cui punta anche, su scala più piccola, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del governo italiano. Ma quanto, realisticamente, potremo andare avanti come da programma, nonostante la crisi geopolitica? E il digitale che ruolo avrà?


“L’Europa sconta alcuni errori, come quello di essere poco indipendente dalle forniture russe, ma abbiamo sempre pensato che fare commercio con la Russia significasse mantenere la pace”, ha dichiarato Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo, in occasione di un evento organizzato da The Innovation Group a Milano. La guerra, ha spiegato, si riflette nell’economia su diversi piani, e in particolare sugli investimenti, sugli scambi commerciali e - il più importante - sul forte rialzo del prezzo dell’energia, che determina inflazione e dunque perdita del potere d’acquisto. “Alla luce di questo stimiamo per l’economia italiana una crescita del 3% per il 2022, dato inferiore al 4% previsto prima della guerra, e dell’1,6% per il 2023. L’inflazione sarà al 6,2% quest’anno e al 2,5% l’anno prossimo”. La dinamica nell’eurozona sarà sostanzialmente la stessa, con inflazione che schizzerà al 6,3% quest’anno , per poi scendere al 2,5% l’anno prossimo. L’economista ha sottolineato che l’Italia è, in Europa, uno dei Paesi più soggetti allo shock inflazionistico, dipendendo dalla Russia per il 40% del proprio fabbisogno di gas. 

 

“Siamo stati abituati a vedere la nostra vecchia Europa pigra, lenta, non sempre capace di prendere le giuste decisioni di fronte agli shock esterni”, ha proseguito De Felice. “Con la reazione alla pandemia e il piano Next Generation Eu, qualcosa di buono l’ha fatto. Che cosa succederà ora? Credo che gli investimenti energetici debbano aumentare, bisognerà vedere se saranno portati avanti a livello nazionale o internazionale”. 


Il digitale non è in una bolla
Sul legame fra digitale e transizione ecologica è intervenuto Luciano Floridi, professore di filosofia ed etica dell’informazione dell’Università di Oxford, autore del saggio Green & Blue. Che cosa significa parlare di verde e di blu in un mondo dominato da tensioni geopolitiche, inflazione e crisi del commercio?”, ha detto. “Bisogna smettere di pensare al digitale come se fosse un tema di comunicazione. Per molti anni non abbiamo capito che con il digitale stavamo costruendo un nuovo ambiente. Ma questo ambiente digitale come si collega con quello ordinario delle città, delle piazze, dell’ufficio, delle abitazioni, della guerra in Ucraina? Sarebbe un errore considerarli come spazi separati, privi di connessioni tra loro. Siamo costantemente nell’infosfera, uno spazio unificato che è fatto anche di carri armati ma anche di videogiochi che in pochi giorni hanno raccolto in supporto dell’Ucraina una quantità di fondi superiore a quella mobilitata da qualsiasi altro soggetto”.

A detta di Floridi, se il mercato digitale crea polarizzazione (di ricchezze, potere, accesso alle informazioni) questo non è un problema che il mercato stesso dovrebbe risolvere, bensì un problema sociale, da affrontare con mezzi differenti. “Il verde dell’ambiente, anche quello urbano, se messo insieme al blu del digitale può fare dell’Italia una nazione vincente”, ha dichiarato Floridi.


I pregi e i difetti del Pnrr

Lo stress a cui è sottoposta, ancora una volta, la nostra economia non deve quindi far dimenticare i buoni propositi del piano Next Generation Eu e, in Italia, quelli del Pnrr. “Gran parte dell’attuazione del Pnrr in questa fase è nelle mani dei Comuni”, ha spiegato Marco Leonardi, capo del Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ricordando che le priorità trasversali a tutte le Missioni del piano sono la parità di genere, il miglioramento delle competenze (anche digitali) sul mercato del lavoro e delle prospettive occupazionali dei giovani, e ancora il livellamento della disparità territoriale tra Nord e Sud e tra centro e periferia. “I tempi e le priorità potranno cambiare, ma la sostenibilità resta un tema molto importante”, ha assicurato Leonardi. 

Ma a che punto siamo con l’attuazione del piano? La prima scadenza, fissata al 31 dicembre 2021, prevedeva il completamento di 51 fra traguardi e  obiettivi, per i quali era stanziato un contributo finanziario di 24,1 miliardi. E stando alla relazione di fine anno sullo stato di attuazione del Pnrr, tutti e 51 traguardi e obiettivi sono stati raggiunti nei tempi previsti. La prossima scadenza è fissata al 30 giugno 2022. Il successo o fallimento del piano dipenderà molto anche dagli enti territoriali, che sono i soggetti attuatori di gran parte dei progetti. A Regioni, Province,  Comuni, Città metropolitane e altre amministrazioni locali andranno circa 90 miliardi di  euro, ovvero circa il 36% dei fondi del Pnrr sommati alle risorse del Piano nazionale per gli investimenti  complementari.


Di certo siamo in una fase delicata, perché il 2022 rappresenta il reale banco di prova per l’attuazione e la buona riuscita del Piano. “Probabilmente il Pnrr potrà essere rivisto, in termini di tempistiche e di priorità, alla luce della guerra”, ha commentato il cofondatore di The Innovation Group, Ezio Viola. Come sottolineato dagli analisti di The Innovation Group, quel Pnrr che fino a ieri potevamo considerare un impulso alla crescita dell’economia italiana oggi è se non altro un fattore di mitigazione del rischio di rallentamento, che farà sentire i suoi effetti nel prossimo biennio.

Una voce decisamente più critica e provocatoria, in merito al Pnrr, è quella di Alberto Carnevale Maffè, docente di Strategia della Scuola di Direzione Aziendale (Sda) dell'Università Bocconi.Non stiamo investendo abbastanza in soft skill digitali”, ha dichiarato, ospite dell’evento di The Innovation Group. “Il Pnrr avrebbe dovuto servire a costruire piattaforme innovative e sostenibili sul lato dell’offerta, anziché sussidi alla domanda. C’è un errore di fondo nella logica che informa il Pnrr, almeno nei due assi strategici della digitalizzazione e della transizione ecologica”. Ovvero, a detta di Carnevale Maffè, non è stata correttamente interpretata l’indicazione del Recovery Fund europeo, quella di favorire una trasformazione strutturale del sistema di offerta industriale europea, facendo leva sul digitale e sull’economia green, e solo secondariamente stimolare la domanda finale nei singoli Paesi.

Così come progettato, il Pnrr aumenterà la dipendenza dell’Italia dalle tecnologie estere, senza peraltro favorire le esportazioni. Se non altro, concede Carnevale Maffè, la transizione in cloud della Pubblica Amministrazione rappresenta un’evoluzione e il progetto presentato dalla cordata Tim-Leonardo-Cdp-Sogei è migliorativo rispetto alle richieste del bando. Sarebbe stato opportuno, però, strutturare il futuro Polo Strategico Nazionale su un modello federato, anziché centralizzato. “L’omissione grave, nel Pnrr, è quella delle competenze, un tema affrontato in maniera spot ma senza una riforma del sistema scolastico”, conclude Carnevale Maffè.


L’andamento del mercato digitale

Come già accaduto con la pandemia, il mercato digitale risentirà dello scenario geopolitico però non quanto altri settori dell’economia. “Riteniamo che il mercato digitale sovraperformerà rispetto all’andamento del PIL, come già successo nel 2021”, ha spiegato Viola. “Per le medie e grandi imprese, se non per le altre, gli investimenti in digitale sono di tipo strategico e non tattico”. Dall’indagine “Digital Business Transformation Survey”, condotta da The Innovation Group a inizio anno su un campione di aziende italiane, risulta che quasi la metà delle imprese nel 2022 aumenterà il budget destinato all’IT (il 21% lo incrementerà di oltre il 10%, il 30% prevede un rialzo più ridotto), mentre per il 35% delle aziende la spesa IT sarà in linea con quella del 2021. Il 10% non ha ancora definito la strategia e soltanto una piccola quota, il 3%, ha intenzione di ridurre il budget. 

 

(Fonte: The Innovation Group, "Digital Business Transformation Survey 2022")

 

Secondo le stime di The Innovation Group (elaborate prima dell’invasione russa in Ucraina) quest’anno in Italia il mercato digitale crescerà del 3,8%, raggiungendo un valore di 81,9 miliardi di euro circa. Mentre la spesa per l’IT tradizionale e le telecomunicazioni calerà di qualche decimo percentuale, di contro il mercato delle tecnologie più innovative (come il cloud, gli analytics e l’intelligenza artificiale) salirà del 7,6%. Le aziende investiranno soprattutto, nell’ordine, in progetti di innovazione dello sviluppo software con metodologia Agile o DevOps, in tecnologie per i Big Data, in automazione di processo, in cloud computing applicativo, infrastrutturale e di piattaforma, in miglioramento della customer experience, in intelligenza artificiale e machine learning.

 

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