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Whatsapp, Facebook e la privacy: quali sono davvero i rischi?

La notizia del cambiamento di policy che (fuori dall’Ue) permetterà all’app di messaggistica di condividere dati con Facebook ha spinto decine di milioni di utenti a rivolgersi alle rivali Telegram e Signal. Ma i timori sono fondati?

Pubblicato il 13 gennaio 2021 da Valentina Bernocco

Una Whatsapp che passa i dati dei suoi utenti a Facebook, contribuendo ad arricchire le tasche dell’azienda di Mark Zuckerberg (proprietaria sia del social network sia dell’app di messaggistica) e a impoverire la privacy degli utenti. Per continuare a usare Whatsapp saremo obbligati - almeno in alcune parti del mondo - ad accettare le nuove regole d’uso, potrebbe prevedere la condivisione di metadati con Facebook. La notizia, circolata giorni fa, di un cambiamento nelle policy di riservatezza dell’applicazione a partire dal prossimo 8 febbraio non è piaciuta a molti utenti, evidentemente. 

Lo si può evincere dal massiccio incremento dei download di due app di messaggistica istantanea alternative a Whatsapp, ovvero Telegram e Signal. Come sottolineato da Business Insider, la scorsa settimana l’app di Telegram ha registrato 9 milioni di download, cioè quasi il doppio (+91%) rispetto a quelli dei sette giorni precedenti, mentre Signal è stata scaricata 7,5 milioni di volte e nel suo caso l’incremento è addirittura del 4.200%. 

La diversità delle percentuali di crescita si spiega con i diversi livelli di partenza, dato che Telegram con i suoi 400 milioni di utenti è già un’applicazione molto diffusa a livello planetario. A fare da volano a Signal, poi, c’è stato sicuramente il malizioso tweet di Elon Musk, che cinque giorni fa semplicemente suggeriva: “Usate Signal”.

Ma queste alternative sono davvero più sicure di Whatsapp in termini di privacy? Per certi versi, sì. Signal non soltanto protegge i messaggi testuali con la crittografia ma rende impossibile l’intercettazione delle chiamate, oltre a limitare di molto la conservazione dei metadati. Telegram, invece, ha scelto di frammentare la custodia delle proprie chiavi crittografiche su diverse giurisdizioni, così da scoraggiare eventuali richieste di governi e agenzie di intelligence (ricordiamo ancora il famigerato caso dell’Fbi che investigava su uno dei terroristi della strage di San Bernardino, pretendendo da Apple di forzare la crittografia del suo iPhone 5?). Inoltre l’applicazione creata dall'imprenditore russo Pavel Durov non associa agli account i numeri di telefono degli utenti, che servono solo per la registrazione.

Crittografia e metadati di Whatsapp
Dal canto suo, Whatsapp da tempo ha introdotto la crittografia end-to-end: i messaggi di testo e gli altri contenuti delle chat sono visibili solo ai loro partecipanti, mentre risultano cifrati in fase di transito e sui server della società. D’altra parte Whatsapp non esegue la crittografia dei metadati, i quali - come Edward Snowden insegna - possono essere una vera miniera di informazioni per le aziende, registrando la localizzazione geografica, i tempi degli accessi all’app, la durata delle attività digitali degli utenti, nonché i loro numeri di telefono e indirizzi email associati all'account. 

Se è vero che i metadati servono alle società erogatrici di un servizio innanzitutto per garantirne il buon funzionamento, per monitorare le performance e per risolvere i problemi tecnici, d’altra parte Whatsapp conserva una quantità e varietà di metadati superiore a quella di altre applicazioni di messaggistica. Si veda il confronto con Apple: chi usa iMessage accetta che al proprio account siano collegati i dati dell’indirizzo email, numero di telefono e identità del dispositivo; Whatsapp, invece, collega agli utenti e conserva anche informazioni sugli acquisti effettuati tramite app, sulle carte di pagamento associate, sulla geolocalizzazione, sui tempi di utilizzo dell'applicazione.

La privacy è davvero a rischio per gli utenti Whatsapp?
L’azienda ha voluto specificare che il cambiamento di policy “non compromette in alcun modo la privacy dei vostri messaggi scambiati con familiari e amici”. Non saranno condivisi con Facebook né i contenuti delle chat né dati di geolocalizzazione, né liste di contatti, né log che illustrano chi ha chiamato chi e per quanto tempo. Le conversazioni dei gruppi resteranno private e sarà sempre possibile per gli utenti impostare la cancellazione dei messaggi dopo il loro invio. Inoltre - precisazione forse ovvia o forse no, considerando i ricordi del Datagate - nessuno, né Whatsapp né Facebook, spierà le telefonate degli utenti.

Il cambiamento delle regole atteso per l’8 febbraio potrebbe però - anche se Whatsapp non lo ammette esplicitamente - contribuire a rafforzare ulteriormente le capacità di Facebook di analizzare e profilare miliardi di persone. Se è vero che le conversazioni private (quelle a tu per tu e quelle di gruppo) non possono essere lette dall’azienda che veicola il servizio, il discorso non vale per le chat di Whatsapp Business: se ordiniamo un piatto dal menu di un take away o contattiamo una società per chiedere informazioni o fare una lamentela, queste informazioni potrebbero risultare visibili per Facebook. Le attività commerciali che usano Whatsapp Business, infatti, possono appoggiarsi a servizi di hosting del social network e possono decidere in tutta autonomia di utilizzare i contenuti delle loro chat per programmare le proprie attività di marketing. Inclusa la pubblicità su Facebook. Se non altro, in Europa per il momento possiamo stare tranquilli: le nuove regole non potranno essere applicate agli utenti che risiedono in territorio Ue.

 
Tag: privacy, facebook, app, whatsapp, social network, signal, telegram, messaggistica, chat, metadati

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