01/09/2025 di redazione

Chip prodotti in Cina, brutta sorpresa per SK Hynix e Samsung

Le due società sudcoreane non potranno più appoggiarsi a fabbriche cinesi per produrre memorie con componenti importati dagli Usa.

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Samsung, SK Hynix e altri produttori di semiconduttori sono in balia del governo statunitense? Affermazione un po’ forte, ma non errata: in effetti il mercato dei chip sta vivendo una fase di grandi incertezze legate non tanto alla domanda ma alla possibilità di produrre e commercializzare secondo le normali logiche della concorrenza. La stessa Nvidia, pur dalla vetta in cui si trova (in quanto prima azienda al mondo per capitalizzazione di mercato, circa 4.200 miliardi di dollari), è condizionata dai tira e molla del Dipartimento del Commercio statunitense e di quello cinese.

Nella guerra commerciale e strategica sui chip che vede Stati Uniti e Cina sui due fronti opposti, l’ultima novità è una decisione dello U.S. Commerce Department che impatta su aziende produttrici come le sudcoreane Samsung e SK Hynix, costringendoli a elaborare nuove strategia.

Del 2022 è in vigore, per determinate tecnologie critiche per la sicurezza come i semiconduttori avanzati, il veto di fabbricare in Cina usando componenti di provenienza statunitense, a meno di ottenere specifiche licenze. Il Dipartimento del Commercio statunitense aveva, appunto, concesso a Samsung e SK Hynix – i due principali fornitori mondiali di memorie destinate a smartphone, Pc e server – la possibilità di esportare componenti dagli Usa alla proprie fabbriche cinesi. Il tutto era reso possibile dal programma chiamato Validated End-User, che di fatto ha funzionato in questi anni come un escamotage per aggirare il veto.

Ora la pacchia è finita: il dipartimento del governo federale ha annullato il programma e revocato le autorizzazioni. Il cambiamento entrerà in vigore entro 120 giorni. Più precisamente, le aziende (come Samsung e SK Hynix) precedentemente incluse nel programma Validated End-User hanno 120 giorni di tempo per richiedere nuove licenze che consentiranno di continuare a operare in Cina. Non saranno, però, concessi permessi per espandere tali operazioni e questo rappresenta un chiaro vincolo per produttori che, naturalmente, dovranno assecondare le dinamiche della domanda.

La notizia ha provocato ribassi dei titoli Samsung e SK Hynix in Borsa, e secondo gli analisti si prospettano difficoltà soprattutto per la seconda delle due aziende. Samsung, infatti, ha già spostato fuori dalla Cina la produzione delle proprie memorie Dram e buona parte delle Nand. In una nota ufficiale, SK Hynix ha dichiarato che si manterrà in “stretta comunicazione con il governo sudcoreano e con quello statunitense per prendere le misure necessarie a minimizzare l’impatto sul business”. 

Anche Intel è formalmente impattata dalla decisione del Dipartimento del Commercio, ma l’azienda (di cui il governo Usa ha acquisito un 10%) aveva già fatto un passo indietro sulla produzione in Cina, vendendo proprio a SK Hynix le attività del proprio impianto di Dalian.

Negli ultimi anni le aziende produttrici di semiconduttori ma anche gli Oem come Apple (con una produzione di iPhone fortemente legata a Foxconn) hanno cercato di ridurre la dipendenza dalle fabbriche cinesi con varie strategie, e principalmente dirottando parte della produzione su località come Corea del Sud, Malesia, India e Messico. La diversificazione geografica è stata la principale misura di contenimento del rischio nella supply chain di fronte a una politica statunitense che spesso, in materia di dazi e veti al commercio, cambia idea senza preavvisi.

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