Che cosa è successo nel mondo della tecnologia quest’estate, in un agosto in cui la maggior parte delle aziende (almeno in Italia) chiudeva i battenti per la pausa vacanziera?I colpi di scena non sono mancati, tra acquisizioni, rivelazioni, rumors, fake news e nuovi prodotti. Vi proponiamo una rassegna, necessariamente incompleta, di alcune tra le principali notizie e indiscrezioni che hanno riscaldato l’estate della tecnologia.
Donald Trump mette le mani su Intel
La Casa Bianca mette le mani su Intel: il governo statunitense acquisirà il 10% della proprietà con un investimento da 8,9 miliardi di dollari. A detta di Donald Trump, si tratta di “un ottimo affare per l’America e anche un ottimo affare per Intel”. I dettagli tecnici dell’operazione non sono noti, ma tramite il proprio social network, Truth, il presidente ha specificato che il governo federale possiede ora l’equivalente di 11 miliardi di dollari di azioni Intel (il valore è salito di qualche punto percentuale in seguito alla notizia dell’investimento), azioni per cui non sono stati fatti pagamenti in denaro.
Forse è questa la vera notizia dell’estate 2025, che giunge come possibile benché controversa soluzione per un’azienda da tempo in crisi. Un'azienda ancora importante, ma che ha ormai perso lo scettro di sovrana dei semiconduttori, tra cambi al vertice (con l’arrivo di Lip Bu-Tan al posto di Pat Gelsinger), grandi tagli di personale e dietrofront sui piani di crescita già annunciati.
Negli anni Intel ha ottenuto negli Stati Uniti circa 11,1 miliardi di dollari di finanziamenti pubblici, che non sono bastati però per colmare il ritardo accumulato rispetto a Nvidia sul fronte dei chip per l’intelligenza artificiale. Recentemente, nell’annunciare un nuovo piano di tagli (15% del personale), l’amministratore delegato Lip Bu-Tan ha ammesso che per spingere le attività di fonderia negli ultimi anni “l’azienda ha investito troppo e troppo presto, senza una adeguata domanda”.
Lo stesso Ceo di Intel era stato, però, invitato a presentare le dimissioni da un Donald Trump che lo accusava di legami problematici con la Cina. Che cosa accadrà ora, con l’ingresso del governo statunitense come socio di minoranza? Che siano parole obbligate oppure no, Lip Bu-Tan ha dichiarato che “il focus del presidente Trump sulla produzione di chip statunitense sta portando investimenti di portata storica in un settore vitale, parte integrante dell’economia e della sicurezza nazionale”. Il Ceo ha anche rimarcato l’impegno a conservare negli Stati Uniti lo sviluppo e la produzione delle tecnologie chip più avanzate.
Tiepida la reazione degli analisti. Kinngai Chan, senior research analyst di Summit Insights, ha per esempio sottolineato che l’iniezione di capitale da parte del governo non basterà, da sola, per risollevare le sorti dell’azienda. “Intel deve garantirsi un volume di clienti sufficiente per andare in produzione con i nodi da 18A e 14A, per rendere le attività di fonderia economicamente fattibili”, ha dichiarato, facendo riferimento a due delle tecnologie di processo dell’azienda. “Non crediamo che nessun investimento governativo cambierà il destino della sua fonderia se non potranno assicurarsi abbastanza clienti”.
Musk si è rivolto a Zuckerberg per l’acquisto di OpenAI
Nuovi dettagli sulla personale battaglia di Elon Musk contro OpenAI. Il miliardario sudafricano, già cofondatore dell’azienda, negli anni ha sviluppato una dichiarata ostilità nei confronti degli ex soci Sam Altman e Greg Brockman. L’imprenditore contesta, in particolare, quello che a suo dire è stato un tradimento dell'originaria missione non-profit di OpenAI. Lo scorso febbraio un consorzio di investitori capeggiato da Musk aveva tentato di acquisire la società per 97,4 miliardi di dollari, ricevendo un secco rifiuto.
Ora sul fatto ora si scopre un altarino: da un documento depositato in tribunale da OpenAI emerge che Musk ha tentato di coinvolgere Mark Zuckerberg nel progetto, in quella che sarebbe stata una collaborazione alquanto singolare, viste i trascorsi di reciproca e palesata antipatia tra i due. I 342 miliardi di dollari di patrimonio personale non bastavano, evidentemente, all’uomo più ricco al mondo per procedere da solo, e da qui la ricerca di un alleato tra i vertici della tecnoplutocrazia mondiale. Operazione fallita, in ogni caso.
Quanto consuma l’intelligenza artificiale di Google
Sul complesso tema dei consumi energetici dell’intelligenza artificiale si è detto e scritto di tutto. Ma non era ancora successo che una Big Tech dichiarasse in modo preciso il costo energetico (e quindi ambientale) delle proprie attività e tecnologie di AI: ora, invece Google ha pubblicato un report tecnico in cui si dettagliano i consumi e gli impatti ambientali di Gemini. I valori cambiano a seconda della specifica app e del tipo di query a cui l’intelligenza artificiale deve rispondere, ma in media per un prompt di testo Gemini utilizza 0,24 Wh di elettricità, ovvero il consumo di un televisore acceso per nove secondi.
Un prompt di testo di Gemini, inoltre, consuma in media cinque gocce d’acqua (0,26 millilitri) ed emette 0,03 grammi di CO2 equivalente. Si tratta, sottolinea Google, di valori “notevolmente inferiori a quelli di molte stime” pubblicate da altri in precedenza. L’azienda ha spiegato che, grazie alla ricerca e sviluppo nel campo dell’hardware e del software, le attività legate ai suoi Large Language Model stanno diventando sempre più efficienti dal punto di vista energetico. Per farsi un’idea, si pensi che l’attuale consumo di elettricità di un prompt testuale “medio” di Gemini è un trentatreesimo di quello di un anno fa. Si parla in questo caso di inferenza, cioè dell'attività operativa di modelli già addestrati, mentre sui costi energetici del training andrebbe fatto un discorso a parte.
(Immagine: Google)
Con Gpt-5, ChatGpt è cambiato due volte
Nelle scorse settimane OpenAI ha introdotto in ChatGPT il nuovo Gpt-5, un “sistema unificato” che racchiude diversi Large Language Model, i quali vengono ingaggiati in automatico a seconda del tipo di prompt formulato. Questo cambiamento non è piaciuto a quella parte di utenti che aveva imparato a selezionare manualmente il modello di preferenza, così come in molti non hanno gradito un’altra novità introdotta da OpenAI in Gpt-5, riguardante il tono con cui il chatbot risponde alle richieste.
Uno dei problemi riscontrati con Gpt-4 era stata la tendenza del modello ad assecondare l'interlocutore anche a costo di mentire, e gli sviluppatori di OpenAI hanno quindi lavorato per correggere il tiro con Gpt-5 e ridurre i comportamenti adulatori. Un progresso, ma anche un problema per chi utilizza ChatGpt a scopi di conversazione, supporto o compagnia (ci sarebbe da discutere su quanto ciò sia sano o sicuro, ma non è questa la sede). Accusato di produrre risposte troppo fredde e formali, Gpt-5 ha già fatto marcia indietro con un aggiornamento rilasciato da OpenAI per modificare leggermente lo stile della conversazione e rendere il modello “più caldo e amichevole”, ha scritto l’azienda su X. “I cambiamenti sono sottili, ma ChatGpt dovrebbe risultare più alla mano adesso”. Non si otterranno risposte ossequiose, come quelle in passato prodotte da Gpt-4, ma testi che potranno contenere espressioni di incoraggiamento come “Ottimo inizio” e “Bella domanda”.
Apple si rivolge a Google per il rilancio di Siri
Dopo essere stato per molti anni un’avanguardia nell’intelligenza artificiale, Siri da qualche tempo è all’inseguimento. A fine 2022 il debutto di ChatGpt ha improvvisamente fatto apparire quasi superati gli assistenti virtuali “tradizionali” come quello di Apple o come gli analoghi di Amazon (Alexa) e di Microsoft (Cortana), e conseguentemente le Big Tech hanno cercato di colmare la distanza portando funzionalità di AI generativa all’interno di questi prodotti.
La società di Cupertino, in particolare, ha sviluppato una tecnologia proprietaria Apple Intelligence, che è stata integrata in tutto l’ambiente operativo degli iPhone e anche nell’applicazione di Siri. Quest’ultima, però, con una mossa in qualche modo inedita è stata anche “aperta” all’esterno, con l’integrazione di ChatGPT: all’occorrenza, l’assistente di iOS può collegarsi ai modelli di OpenAI per fornire risposte a domande di una certa complessità.
La novità di questi giorni, al momento un’indiscrezione, è che Apple avrebbe chiesto l’aiuto della sua rivale storica, Google, per sviluppare un modello di AI customizzato per Siri. Secondo le fonti confidenziali di Bloomberg News, se il progetto andrà in porto l’anno prossimo potrebbe debuttare una nuova versione dell'assitente alimentata da tale modello. Tutto, naturalmente, è da confermare, ma l’indiscrezione ricalca precedenti rumors secondo cui Apple avrebbe già valutato una simile collaborazione con Anthropic per il rilancio di Siri.
La bufala della privacy di Whatsapp
Non poteva mancare, in questa rassegna, una bufala riguardante una tra le più popolari applicazioni per smartphone al mondo come Whatsapp, e riguardante un tema oggi più attuale che mai come la privacy. D’altra parte il recente debutto dell’assistente Meta AI, integrato (e non removibile) nell’applicazione di messaggistica, ha già fatto storcere il naso al Garante antitrust italiano, che sta indagando sull’ipotesi di abuso di posizione dominante.
Per quanto riguarda la privacy, non è del tutto chiaro come l’azienda potrà in futuro utilizzare i dati delle conversazioni di Whatsapp per addestrare il modello di intelligenza artificiale su cui si basa l’assistente Meta AI. Tuttavia al momento questa possibilità viene esclusa, perché le chat rimangono crittografate end-to-end.
In questi giorni è però circolata sui social media una fake news secondo cui sarebbe necessario attivare l’opzione di “privacy avanzata” per i gruppi di WhatsApp. Solo così si potrebbe impedire a Meta di accedere alle conversazioni e di usarle per l’addestramento di modelli di intelligenza artificiale. Così recita la bufala: “Se non vengono attivate, i sistemi di intelligenza artificiale possono accedere legalmente a tutti i messaggi delle chat di gruppo, ai numeri di telefono dei membri e persino ai dati personali memorizzati sui telefoni. Questo include anche le chat 1 a 1!”. Niente di vero, perché l’opzione “privacy avanzata” per i gruppi di WhatsApp serve, invece, solo a impedire che i membri del gruppo stesso possano scaricare o salvare sul dispositivo i contenuti condivisi nella chat.