L’annoso problema delle competenze digitali resta irrisolto in molte aziende, in Italia così come nel resto del mondo. Fra strategie di formazione e aggiornamento (skilling e reskilling, per dirla all’inglese) e assunzione di nuovo personale, le imprese non restano immobili ma l’innovazione spesso procede a ritmo troppo veloce. Secondo una ricerca sponsorizzata da Hitachi Vantara e condotta da 451 Research in sei Paesi (Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia, Germania e Giappone), nei settori dei trasporti, dell’energia e della produzione nella maggior parte dei casi le competenze presenti non bastano a sostenere i progetti di trasformazione digitale in corso o pianificati.
Tra gli intervistati - un campione di 600 professionisti, quasi equamente suddivisi tra responsabili IT e responsabili OT -, il 42% ha segnalato carenze nell’area della data science (intesa come intelligenza artificiale, machine learning e capacità di analisi dei dati), al 48% mancano competenze per l'implementazione e lo sviluppo dell’Internet of Things, mentre per ben il 60% le difficoltà riguardano l’adozione e la gestione della applicazioni di robotica.
La carenza di competenze rappresenta certamente un freno all’innovazione, specie in alcuni ambiti. Il 37% degli intervistati ha detto, per esempio, di non avere in programma iniziative basate sull'IoT proprio a causa del divario tra le competenze necessarie e quelle disponibili in azienda. Prosegue, in ogni caso, il processo di convergenza fra reparti IT e reparti OT, e questo potrà probabilmente favorire uno scambio e un’ibridazione delle competenze. Il 95% ha detto, infatti, che la collaborazione fra i due reparti è decisamente positiva nell’ambito dei progetti IoT.
"La trasformazione digitale e il suo potenziale per la creazione di valore per la società, l'ambiente e le economie dipenderanno dalla velocità con cui alcuni settori industriali riusciranno ad adottare e preparare la propria forza lavoro per il cloud, la cybersecurity, il 5G, l'AI/ML e l'IoT”, ha dichiarato Sid Sharma, IoT Practice Leader di Hitachi Vantara. “Le aziende devono essere selettive sui risultati più critici per le loro attività e allinearli in modo appropriato con i necessari investimenti in software, automazione e servizi".
Criteri ESG e cybersicurezza nelle aziende dei settori energia, trasporti e industria
Oltre alle competenze tecnologiche più o meno specifiche, come quelle di data science, robotica e IoT, critiche per le aziende sono le competenze su due temi trasversali, oggi molto alla ribalta. Il primo è quello dei criteri ESG (Environmental, Social and Governance) che iniziano a presidiare le strategie aziendali e le rendicontazioni. Alla domanda su quali siano gli elementi che “muovono” le aziende, i suoi principali driver, attualmente i fattori ESG sono solo all’ottavo posto ma per l’80% degli intervistati sono destinati a crescere d’importanza (avranno cioè un impatto medio o alto sull’azienda) nel giro di un paio d’anni.
"Anche se la normativa avrà un certo impatto, le aziende hanno indicato che le principali motivazioni per raggiungere gli obiettivi ESG provengono da altre pressioni sociali e di mercato", scrive nel report Ian Hughes, Senior Research Analyst per l'Internet of Things di 451 Research, parte di S&P Global Market Intelligence. "L'aumento dell'efficienza e della sostenibilità sono fattori competitivi per le imprese. La trasformazione digitale aiuta a migliorare l'efficienza e molti dei requisiti ESG raggiunti sono quasi un bonus".
L’altro tema trasversale e sempre più importante per le aziende di qualsiasi settore è la cybersicurezza. Dalla ricerca di Hitachi Vanta è emerso che nei settori dei trasporti, dell’energia e della produzione tre quarti dei responsabili IT e OT hanno fiducia nelle competenze della propria azienda in materia di sicurezza IT e OT, operazioni e sviluppo di applicazioni. Ma questo diffuso ottimismo si scontra un po’ con una realtà nella quale gli attacchi informatici (in particolare quelli di tipo ransomware) sono in continua crescita.