Google ridimensiona le ambizioni di Android Things. Il sistema operativo nato per soddisfare le esigenze del mercato dell’Internet delle cose verrà infatti riadattato per due sole categorie di dispositivi: gli altoparlanti intelligenti e gli smart display. Big G, in un blog post, descrive la novità come una naturale conseguenza del successo avuto da queste due tipologie di prodotti, ma se si guarda agli obiettivi originali del progetto l’inversione di marcia risulta evidente. Il colosso californiano aveva infatti inizialmente pensato ad Android Things come a una piattaforma universale per tutti gli oggetti connessi, a prescindere dal form factor. Evidentemente, qualcosa non ha funzionato a dovere.
L’azienda ha confermato di non voler più supportare pubblicamente i system-on-module (Som) di Qualcomm, Nex e Mediatek, inizialmente compatibili. Verranno coperte soltanto le schede per sviluppatori come Raspberry Pi 3b ed Nxp I.mx7d, con immagini di sistema disponibili sulla console Android Things. Ma con queste risorse non sarà possibile creare build né aggiornamenti per prodotti commerciali.
Google potrebbe aver deciso di puntare soprattutto su Assistant e sulla versione “leggera” Assistant Connect, virtualmente integrabili in centinaia di dispositivi diversi. Pur di mettere un piede negli oggetti connessi, quindi, l’azienda potrebbe aver deciso di rimanere “dietro le quinte” senza proporre un vero e proprio sistema operativo, ma solo un suo componente. Componente che, come indicano alcune ricerche, sarà però sempre più centrale nell’interazione fra utente e macchine.