Nel campo delle tecnologie di rete e telecomunicazione, Ericsson è uno dei leader del mercato mondiale, insieme a Nokia e Huawei. Ma la multinazionale svedese si vanta anche di essere un capofila nell’innovazione e i numeri le danno ragione. In quasi un secolo e mezzo di vita (è nata 145 anni fa e da 105 è presente in Italia) l’azienda ha accumulato più di 60mila brevetti registrati, ha segnato più di un centinaio di accordi di licensing. Oggi la divisione ricerca e sviluppo di Ericsson dà lavoro a quasi 28mila persone, distribuite su 21 centri di R&D nel mondo. Non da ultimo, l’azienda reinveste in R&D circa il 17% del proprio fatturato annuo.
E non è solo una questione di numeri. “Spesso le attività di R&D e l'innovazione vengono tenute separate nelle aziende. Noi invece ci sforziamo di utilizzare l’innovazione come strumento per migliorare i processi di ricerca e sviluppo”, ha spiegato Alessandro Pane, direttore ricerca e sviluppo di Ericsson in Italia, durante un recente incontro con i giornalisti. “Tra i vendor rappresentiamo una delle più grandi attività di R&D anche per numero di persone occupate. Abbiamo una media di cinquantina di brevetti riconosciuti all’anno, ma le proposte avanzate sono tre volte tanto”.
L’Italia è per Ericsson un tassello importante, non solo come mercato di sbocco ma anche come fucina di idee, di sapere e di innovazione. Da 45 anni l’azienda conduce in Italia attività di ricerca e sviluppo, oggi strutturate sui tre centri di Genova, Pisa e Pagani, nel salernitano. “Genova è il quartier generale della R&D in Italia, sia per l’hardware sia per il software per le reti di quarta, quinta e sesta generazione”, ha raccontato Pane. “A Pisa si realizzano attività di ricerca di base, ricerca pura, all'interno del comprensorio del Cnr e della Scuola Sant’Anna”. Tra i focus attuali, Ericsson sta studiando nuovi materiali, strumenti e modalità di trasmissione della luce per le future reti 6G, che dovranno non solo garantire velocità e performance ma anche contenere i consumi energetici. “Se vogliamo essere pronti per gli obiettivi di impatto zero, anche le reti devono evolversi”, ha sottolineato il direttore R&D, alludendo a una delle grandi sfide del mondo Ict del prossimo decennio.

Alessandro Pane, direttore ricerca e sviluppo di Ericsson in Italia
A Pagani, infine, le attività si focalizzano sullo sviluppo software, e in particolare su tecniche innovative per la sicurezza dei dati e dei nodi della rete. “I rischi di hackeraggio per le reti
diventeranno sempre più gravi, considerando applicazioni future come quelle per la mobilità urbana o i sistemi di smart city”, ha fatto notare Pane, illustrando una delle soluzioni all’avanguardie messe in mostra a Genova durante gli Innovation Days di questa settimana (giornata in cui l’azienda apre le porte del proprio centro di R&D, tra demo tour, seminari e tavole rotonde).
In questa applicazione l’intelligenza artificiale permette di rilevare, su una rete, i comportamenti potenzialmente sospetti (che potrebbero però anche essere benevoli) come l’uso smodato delle risorse di memoria. Il problema viene isolato e analizzato prima che, nel frattempo, possa impattare sul buon funzionamento delle applicazioni, e grazie alla partizione della rete è possibile contenere i rischi e gli eventuali disagi. L’utilizzo dell’AI permette anche di inseguire le evoluzioni delle tecniche di attacco, grazie alle capacità di continuo apprendimento degli algoritmi.

Sostenibilità e “serviziabilità” delle reti
Altre innovazioni in evidenza durante gli Innovation Days riguardano la sostenibilità, la connettività 5G e la manutenzione delle reti. Attraverso nuovi modelli architetturali e linguaggi di programmazione, e grazie al contributo dell’AI, è possibile ridurre le risorse di calcolo e memoria utilizzate dai software di rete. Quella del “software green” sarà una via obbligata in futuro, al crescere delle necessità di trasmissione dati sulle future reti 6G.
Tornando al presente, con la sua velocità e affidabilità oggi il 5G può già essere il supporto per applicazioni in campo medico e in particolare nelle emergenze. Nella soluzione di Ericsson, sulle ambulanze il personale medico può utilizzare uno strumento di intelligenza artificiale per leggere i tracciati degli elettrocardiogrammi e realizzare una diagnosi tempestiva delle malattie cardiovascolari: l’assistenza al paziente diventa più tempestiva ed efficace.
Ericsson sta anche studiando nuove soluzioni per la cosiddetta serviceability, la “serviziabilità” delle reti. Smartphone e visori di realtà aumentata permetteranno di condurre da remoto le procedure (sempre più complesse, a tendere) di installazione, configurazione e manutenzione di apparati di rete. I tecnici potranno completare le procedure utilizzando esclusivamente le funzionalità Bluetooth Low Energy di uno smartphone.
Nuove risorse per alimentare l’R&D
Con queste e altre innovazioni all’orizzonte e con le future opportunità del 6G ancora da esplorare, Ericsson ha bisogno anche dell’Italia per portare avanti l’innovazione. E qui emerge il noto problema della caccia ai talenti nelle aree Stem. “La massa critica di ingegneri che esce della università italiane è scarsissima”, ha ammesso Alessandro Pane. “Oggi negoziamo le risorse disponibili sul mercato del lavoro con aziende che operano in altri ambiti ormai digitalizzati, e non solo nell’Ict. Le università dovrebbero fare di più per spingere i giovani a scegliere percorsi di informatica o ingegneria informatica. Ci sono Paesi che all’estero, specie fuori dall’Europa, su questo si sono mossi prima e hanno ben altri numeri”.
Il manager di Ericsson ha però anche evidenziato i punti di forza del nostro sistema universitario. “In Italia manteniamo ancora molto alto il valore della qualità, i ragazzi che escono dalle università italiane hanno una preparazione molto alta, oggi anche su materie come la robotica, l’intelligenza artificiale”, ha detto Pane. “Inoltre in precedenza dovevamo impegnare molto tempo affinché un laureato fosse pronto a capire il processo industriale. Abbiamo però svolto un lavoro di collaborazione con le università che ha permesso, oggi, di avere laureati già quasi pronti a entrare nel ciclo produttivo”. Negli ultimi due anni in Italia l’azienda ha assunto una settantina di neolaureati.