09/07/2019 di Redazione

Antitrust, tribunali e Qualcomm: è ancora scontro sui brevetti

Il chipmaker ha chiesto alla Corte d’appello federale degli Stati Uniti di mettere in pausa la sentenza del giudice che aveva dato ragione all’accusa di monopoli Federal Trade Commission.

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Già reduce da anni di battaglie legali con Apple per questioni di brevetti e costi di licenza, Qualcomm resiste e continua a lottare. Ora però deve difendersi (cioè deve difendere il proprio modello di business e i ricavi derivanti dalla vendita di licenze su tecnologie di rete) anche da accuse della Federal Trade Commission e da giudici non facili da convincere. Dal 2017 la commissione federale competente sul commercio, la Ftc, ha indagato sulle pratiche commerciali del chipmaker californiano, in particolare sulla vendita delle licenze d’uso di sue tecnologie brevettate. Tecnologie che servono sia ai produttori di smartphone sia ad aziende concorrenti per far funzionare la trasmissione dati su reti 3G, 4G e ora anche sul 5G. 

 

A detta della commissione, di fatto Qualcomm imporrebbe un monopolio, sfruttando la propria posizione per imporre costi di licenza indebiti su tecnologie sì coperte da brevetto, ma necessarie a tutti per operare nel mercato dei processori per smartphone.Per i suoi brevetti legati al 3G, 4G e 5G Qualcomm pretende dai produttori di smartphone il pagamento di licenze, anche se utilizzano chip di altri vendor. Le stesse licenze vengono imposte anche a chipmaker concorrenti, come la taiwanese MediaTek. A detta della Federal Trade Commission, tale politica ha determinato distorsioni del mercato, impedendo a nuovi player di entrare nella competizione (a causa dei costi troppo elevati) e facendo lievitare i prezzi degli smartphone al consumatore finale.

 

Al termine di un processo che ha visto susseguirsi al banco dei testimoni rappresentanti di Apple, Samsung, Intel e Huawei, lo scorso maggio il giudice distrettuale Lucy Koh ha sostanzialmente dato ragione al punto di vista dell’accusa. “Le pratiche di Qualcomm sulle licenze”, si legge nella sentenza, “hanno soffocato per anni la competizione nel mercato del Cdma e in quello dei processori modem Lte premium, danneggiando concorrenti, Oem e clienti finali”. 

 

Lucy Koh (Foto: Law.com)

 

A detta del chipmaker, invece, non ci sarebbero violazioni antitrust bensì un modello di business che deve fare affidamento su introiti da licenze per potersi reggere e per consentire di continuare a investire in ricerca e sviluppo. La sentenza impone ora a Qualcomm di modificare le proprie pratiche commerciali, tuttavia la vicenda non è certo conclusa. Si andrà in appello, ma poiché ci vorranno mesi o forse anni per assecondare i meccanismi della macchina giuridica, che cosa succede nel frattempo? 

 

Se anche in appello la sentenza venisse ribaltata, per una Qualcomm nel frattempo privata degli introiti da licenza il danno sarebbe ormai fatto. Perciò l’azienda ha chiesto alla corte di mettere in pausa l’applicazione della sentenza, aspettando di poter avviare il procedimento d’appello. Ma la giudice Lucy Koh, prevedibilmente, la scorsa settimana ha detto no, rifiutandosi di rinnegare la sua stessa decisione. Dunque ora - ultimo tassello della vicenda - il chipmaker ha rivolto la medesima richiesta di standby della sentenza alla U.S. Circuit Court of Appeals. “Per Qualcomm”, ha spiegato la società, “sarà impossibile tornare indietro agli accordi di licenza attualmente in corso, annullare la ragnatela di nuovi accordi, revocare l’annullamento dei suoi diritti sui brevetti o recuperare gli introiti persi e i costi di transizione sostenuti”. La palla passa ora alla Corte d’appello federale degli Stati Uniti, la cui scelta avrà sicuramente impatti sul mercato dei semiconduttori e anche su quello delle telefonia.

 

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