14/11/2025 di Redazione

I trend che determineranno nel 2026 l’uso dell’IA nella logistica e nei trasporti

Secondo Trimble, il 2026 segnerà il passaggio dalla sperimentazione all’adozione matura dell’AI nel trasporto e nella logistica. Dati, cloud, intermodalità e resilienza operativa guideranno la competitività in un mercato segnato da volatilità e trasformazione digitale.

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Il comparto dei trasporti e della logistica si avvicina al 2026 con l’urgenza di affrontare trasformazioni profonde. L’incertezza macroeconomica e le tensioni geopolitiche continuano a ridefinire i percorsi delle supply chain globali, mentre la pressione competitiva spinge gli operatori a investire in tecnologie capaci di aumentare resilienza, efficienza e reattività. Secondo Christopher Keating di Trimble, la differenza tra chi guiderà il cambiamento e chi lo subirà risiederà nella capacità di mettere in relazione esperienza umana e innovazione digitale, accelerando l’adozione dell’automazione e delle piattaforme basate sui dati. Il 2026 sarà l’anno in cui la sperimentazione lascerà definitivamente spazio a un utilizzo più maturo e pervasivo dell’intelligenza artificiale.

L’AI entra in una fase operativa

La prima grande tendenza che ci si aspetta per il 2026 riguarda l’intelligenza artificiale, ormai lontana dalla fase degli annunci e sempre più radicata nelle operazioni quotidiane. Le aziende non si domandano più se adottarla, ma come sfruttarla nel minor tempo possibile. La diffusione sta aumentando non solo tra i grandi operatori, ma anche tra le PMI, che iniziano a beneficiare di soluzioni più accessibili e integrate. Nel 2026, l’AI sarà parte dei processi decisionali relativi alla manutenzione predittiva, all’ottimizzazione delle reti di trasporto, al pricing dinamico e alla gestione delle flotte. Anche il dibattito sull’autonomia sta diventando operativo, coinvolgendo non più soltanto i team IT ma anche le funzioni che vivono il campo ogni giorno. L’AI si configura così come un collega digitale, complementare alle competenze umane e in grado di liberare tempo per attività a maggiore valore.

Resta da capire quante aziende saranno pronte per la sfida regina della trasformazione digitale: gestire i dati nel modo corretto. Senza dati completi, corretti e coerenti, la trasformazione AI-driven non è sostenibile. La qualità dei dati è un prerequisito irrinunciabile e la crescente competizione globale sta rendendo visibile a tutti un concetto chiave: l’autonomia intelligente non può essere costruita su basi informali o imperfette.

Il fattore umano e la gestione del cambiamento

A fianco del progresso tecnologico che sembra ormai ben rodato per mettere in pratica quanto promesso, la vera incognita è il cambiamento culturale. La cronica carenza di autisti e la crescente attenzione al benessere dei lavoratori non fanno che accentuare l’importanza di un approccio centrato sulle persone. Molti operatori segnalano il timore delle proprie risorse più esperte di fronte all’introduzione dell’AI, a conferma di una sfida che non riguarda gli algoritmi ma la loro adozione. Le aziende più lungimiranti hanno già iniziato a identificare ambasciatori del cambiamento interni, figure in grado di accompagnare colleghi e team verso nuove modalità operative, diffondendo fiducia e competenza.

L’interazione uomo–AI sta inoltre ridefinendo la customer experience. I clienti, abituati alla rapidità e alla semplicità dei servizi digitali consumer, si aspettano risposte immediate, segnalazioni proattive e processi automatizzati che anticipino i problemi. Assistenti digitali capaci di classificare richieste, tradurre comunicazioni e rilevare anomalie stanno già migliorando le performance operative, dimostrando che la trasformazione non è solo tecnologica, ma anche relazionale.

Sostenibilità pragmatica e intermodalità intelligente

L’attenzione alla sostenibilità rimane centrale, ma l’approccio del settore sta cambiando. L’adozione dei veicoli industriali elettrici cresce, ma non in modo uniforme: le barriere infrastrutturali e i costi operativi continuano a pesare, rendendo più competitivo l’elettrico nei contesti urbani, ma non in tutti gli altri contesti. Per il resto, le aziende si muovono verso soluzioni a basso investimento e ad alto ritorno, come la pianificazione dinamica dei percorsi, il controllo intelligente degli pneumatici e la dematerializzazione totale dei documenti di trasporto.

Sul fronte dell’intermodalità, la crescita è frenata da processi complessi e da un problema antico: la mancanza di standard dati condivisi. I flussi informativi tra gomma, ferrovia, mare e aria rimangono disomogenei, con sistemi che faticano a parlarsi. In questo contesto l’AI può offrire un salto di qualità, armonizzando variabili operative e migliorando la visibilità end-to-end della supply chain. Tuttavia, le infrastrutture datate e i ritardi negli investimenti continuano a limitare l’efficacia dei modelli intermodali, soprattutto in Europa e Nord America.

Resilienza come condizione permanente

La volatilità geopolitica, ormai strutturale, continuerà a influenzare il settore nel 2026. Le aziende stanno imparando a convivere con variazioni imprevedibili dei dazi, dei flussi di trasporto e dei costi operativi, sviluppando modelli di risposta più agili. La minaccia informatica, nel frattempo, cresce con un livello di professionalizzazione senza precedenti. Si fa sempre più concreto lo scenario di un incidente globale legato a un uso improprio dell’AI, evento che potrebbe accelerare l’introduzione di standard di sicurezza specifici e nuove policy di condivisione dei dati.

Anche le frodi nella logistica sono in aumento, con gruppi criminali che sfruttano domini falsi e tecniche di impersonificazione per colpire spedizionieri e operatori. Per affrontare questa escalation, le aziende stanno investendo in sistemi di verifica basati sull’AI e in processi di qualificazione più rigorosi. La migrazione verso piattaforme cloud intelligenti rappresenta infine una leva chiave per migliorare sicurezza e scalabilità senza aumentare drasticamente i costi.

L’ecosistema connesso come nuovo standard competitivo

Molti degli sprechi e delle inefficienze della supply chain derivano ancora da una scarsa condivisione dei dati. La reticenza di alcuni operatori a rendere disponibili informazioni strategiche rallenta la nascita di ecosistemi realmente interconnessi. Tuttavia, la competizione internazionale e la pressione sui margini stanno spingendo verso un modello più aperto, in cui la condivisione diventa un vantaggio collettivo. Le piattaforme digitali progettate per connettere tutti gli attori della filiera – dai vettori ai porti, dai terminal ai magazzini – costituiscono la base per una visibilità end-to-end in tempo reale. È questa la direzione in cui si sta muovendo il settore: maggiore integrazione significa maggiore valore, e un ecosistema realmente connesso genera benefici per tutti.

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