10/03/2022 di Redazione

Azienda data-driven: un modello non semplice da adottare

Uno studio di Denodo suggerisce che solo il 17% delle aziende italiane abbia già completato il passaggio a un modello di business basato sui dati. Ma l’interesse è elevato.

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L’espressione data-driven da qualche anno impazza un po’ ovunque, dai lanci delle nuove soluzioni tecnologiche dei vendor alle previsioni degli analisti. Ma che cosa significa davvero essere “guidati dai dati”, quali vantaggi assicura questo modello operativo e, soprattutto, quante aziende ci sono già arrivate? Uno studio di Denodo evidenzia un diffuso interesse sul tema, ma anche uno scenario di adozione ancora acerbo. La ricerca, condotta in collaborazione con Ikn Italy su campione di un centinaio di aziende (risposte raccolte tra luglio e novembre 2021, e integrate dai risultati di un’altra survey di Denodo) ha mostrato che solo il 17% delle imprese italiane ha già completato il passaggio a un modello data-driven.

Ma l’interesse c’è: per ben l’83% delle aziende italiane questa evoluzione è tra i piani strategici. Si punta, in particolare, a ottenere un miglioramento complessivo dell’efficienza operativa e dunque dell’agilità (per il 41% delle imprese), ad allargare le opportunità di business (17%), a migliorare la customer experience (10%), a garantire il rispetto delle norme e dei regolamenti, a ridurre i rischi e gli errori, ad acquisire un vantaggio competitivo e ottimizzare il processo di vendita (tutti al 7%).

Nonostante l’elevato interesse e le tante buone motivazioni, il passaggio a un modello data-driven non avverrà in tempi brevi. Lo stato dell’arte è uno scenario in cui il 42% delle organizzazioni ha avviato il percorso di trasformazione e un ulteriore 24% è in fase “propedeutica all’avvio”. Il 10% degli intervistati ha segnalato difficoltà legate alla trasformazione digitale e il 7% non la ritiene funzionale alla propria realtà aziendale.

Tra gli ostacoli sul percorso, il principale è il problema della dispersione dei dati, segnalato dal 35% degli intervistati: spesso è difficile accedere ai dati necessari o addirittura se ne ignora l’esistenza. Altri impedimenti sono l’assenza, in azienda, di un team di persone dedicate alla gestione dei dati (per il 21% degli intervistati), l’eccessiva dipendenza dall’IT, che limita la possibilità di un uso self-service dei dati (17%) e la mancanza di un modello semantico unico, necessario per rendere comprensibili in modo univoco e semplice i dati stessi (14%). Inoltre esiste, almeno in un 10% di casi, il problema di una cultura aziendale ancora poco orientata alla condivisione dei dati.

 

 

 

Per il 60% degli intervistati, l’elemento imprescindibile per un’azienda data-driven è saper gestire i dati in modo adeguato (data governace), mentre il 24% ha anche segnalato la necessità di una formazione specifica sul tema. Attualmente nel 69% delle imprese italiane i dati sono ancora gestiti in modo decentralizzato, ovvero ciascuna divisione o team possiede e controlla i propri dati. Solo nel 17% delle aziende esiste un team centralizzato che si occupa della gestione dei dati e solo nel 14% esistono regole condivise.

“Nell’era della data-driven transformation, in un mondo che si muove sempre più velocemente e che mostra spesso cambiamenti repentini, ogni decisione aziendale deve essere accurata, tempestiva e fondata su un uso sapiente dei dati a disposizione”, ha sottolineato Andrea Zinno, sales director & data evangelist di Denodo. “Questo non è possibile se non attraverso una reale democratizzazione del patrimonio informativo, che consenta di fornire le giuste informazioni alle diverse tipologie di utenti, garantendo al contempo sicurezza e governance. Il processo tuttavia, per quanto avviato, può non essere di veloce implementazione e richiede la diffusione di una cultura del dato che trovi riscontro nella creazione di policy adeguate e nell’istituzione di strutture organizzative dedicate. La mission di Denodo è proprio quella di far sì che gli utenti e le applicazioni siano in grado di accedere immediatamente e facilmente a tutti i dati di cui hanno bisogno, indipendentemente dalla loro localizzazione, dal formato e dalla loro complessità tecnologica, sintattica e semantica per un approccio sempre più basato sui dati”.

 

 

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