03/03/2020 di Redazione

Il ransomware colpirà cloud e Pmi. Lo prevede Watchguard

Il country manager, Ivan De Tomasi, trae spunto dal report annuale della propria azienda per calarlo nella realtà italiana. Procede, in parallelo l’evoluzione in direzione di un’immagine da portfolio company.

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Lo scenario della cybersecurity è in continua evoluzione, non solo dal punto di vista strettamente tecnologico, ma anche nelle strategie degli attaccanti. Secondo Watchguard, il 2020 sarà contrassegnato dall’ascesa delle minacce in direzione del mondo cloud e delle Pmi: “I diffusori di malware puntano a monetizzare i loro sforzi ed è per questo che il ransomware resta il pericolo più comune”, spiega Ivan De Tomasi, country manager della società. “Le realtà più piccole sono meno attrezzate per difendersi, mentre con il cloud si tende a colpire uno dei comparti in maggior ascesa”.

Le riflessioni nascono dall’ultimo aggiornamento dell’Internet Security Report pubblicato da Watchguard e si adattano in modo particolare a un paese come l’Italia. Se le Pmi rappresentano una componente fondamentale del nostro tessuto economico, occorre anche prestare attenzione al fatto che il 25% dei data breach accadranno fuori dal perimetro aziendale, anche in relazione alla diffusione già oggi consolidata del Wi-Fi e, a breve, del 5G: “Anche le medie aziende devono convincersi dell’importanza di adottare l'autenticazione multifattore”, commenta De Tomasi. “Se un 50% degli attacchi è ancora di tipo Zero Day, l’altra metà deriva da malware già noti. Paradossalmente, i primi cryptolocker apparsi sulla scena erano più raffinati, mentre oggi si punta direttamente alla negligenza delle persone. Se nelle realtà più piccole gli It manager non sono ancora dotati di una sufficiente cultura strategica sulla sicurezza, anche nelle medie e grandi aziende gli staff dedicati sono scarsamente dimensionati e questo è un vantaggio per chi attacca. Va anche aggiunto che spesso si colpisce chi già lo è stato, ha pagato e non lo ha comunicato, lasciando poi la falla di nuovo attaccabile. La maggior parte degli attacchi si potrebbero respingere usando umiltà, riconoscendo i problemi se ci sono e buon senso, rilevando le eccezioni da controllare rispetto alle policy stabilite”. 

 

Ivan De Tomasi, country manager di Watchguard Italia

Date queste premesse, anche il 2020 dovrebbe essere un’annata positiva per Watchguard, che in Italia ha chiuso l’ultimo esercizio fiscale con una crescita a doppia cifra: “Il risultato è stato positivo, soprattutto dopo che il 2018 aveva segnato un record e aveva fatto della nostra filiale la migliore a livello mondiale”, sottolinea De Tomasi. “Lo scorso anno il canale, che rappresenta la nostra esclusiva modalità di proposizione al mercato, è stato distratto da tematiche come la fatturazione elettronica, ma si è comunque consolidata la tendenza a proporre la sicurezza come servizio, tant’è che oggi almeno il 30% dei partner sono qualificabili come Mssp. Sono loro a far evolvere la fascia bassa del mercato, che ancora per noi rappresenta il 75% del fatturato totale”.

Watchguard sta in questa fase traendo beneficio dalla progressiva trasformazione da specialista di rete a portfolio company. Uno degli elementi che meglio connota questo passaggio è rappresentato da Passport, un pacchetto di servizi che segue l’utente in movimento anche al di fuori del perimetro aziendale e che include autenticazione a più fattori in Vpn, applicazioni cloud, endpoint e altro ancora. Di fatto, la soluzione integra componenti dell’offerta del vendor già disponibili, come AuthPoint e DnsWatchGo. A questo si aggiunge Watchguard Cloud, per gestire e creare report da un’unica piattaforma, offrendo un’interfaccia omogenea per tutti i prodotti del portafoglio: “Speriamo di procedere lungo il cammino avviato nei primi mesi dell’anno, con una crescita già del 10% e risultati significativi che arrivano dagli Mssp”, conclude De Tomasi.

 
 

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