30/04/2019 di Redazione

Le app cinesi di click-fraud scoperte e cacciate da Google Play

Sono state scoperte e rimosse dal marketplace di Android 46 applicazioni sviluppate da Do Global, una controllata di Baidu. Generavano click automatici per fare soldi truffando gli inserzionisti pubblicitari.

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Inutile negare che la Cina sia (se non altro per ragioni legate alle sue dimensioni) una discreta fabbrica di minacce informatiche, sia che si tratti di vulnerabilità potenzialmente hackerabili - come nel caso dei due milioni di oggetti IoT a rischio, scoperti da un ricercatore - sia per quanto riguarda le applicazioni malevole. Quarantasei app distribuite della società software Do Global, una controllata di Baidu, sono state rimosse da Google Play in quanto veicolo di truffe di click-fraud: installavano un adware e generavano click automatici su inserzioni pubblicitarie. Tali click venivano monetizzati attraverso AdMob, il servizio di mobile advertising di Google: le app si facevano pagare dagli inserzionisti per dei “click” non generati dagli utenti ma da un sistema automatico.

 

La natura losca di queste applicazioni, che peraltro erano state pubblicate su Google Play senza citare Do Global,  era stata denunciata una manciata di giorni fa in seguito a un’indagine di BuzzFeed. Dalla scoperta di alcune app di click-fraud, l’indagine si era sempre più allargata fino a scovarne una quarantina dello stesso genere. Google aveva promesso di indagare a sua volta e così ha fatto, per arrivare ieri a rimuovere le 46 applicazioni incriminate dal proprio marketplace.

 

Peraltro il fatto non citare lo sviluppatore, come invece previsto dalle policy di Google Play, è un motivo sufficiente a giustificare la rimozione. Do Global ha replicato spiegando di aver avviato un’indagine interna e ammettendo l’esistenza di “irregolarità in alcuni dei nostri prodotti” che impiegano AdMob. In futuro, ha promesso la società di Baidu, “seguiremo alla lettera i regolamenti importanti e continueremo a condurre indagini estese sui nostri prodotti”, per poi concludere con “sincere scuse”.

 

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