19/04/2023 di Redazione

Professioni intellettuali a rischio, nuovo allarme su ChatGPT

Una quarantina tra associazioni di categoria e sindacati tedeschi chiede all’Europa di intervenire sull’intelligenza artificiale generativa, considerata una minaccia per molte professioni.

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ChatGPT è ancora una volta sotto ai riflettori. Alle preoccupazioni per possibili usi malevoli delle applicazioni di intelligenza artificiale generativa (di cui il chatbot di OpenAI è il più noto rappresentante, ma non certo il solo) si sono affiancate le critiche del garante della privacy italiano, seguito a ruota da suoi omologhi in Europa, e la stessa Unione Europea si sta muovendo per indagare sul grado di trasparenza e tutela dei dati garantito da ChatGPT e servizi simili. Ma l’AI generativa, in quanto “creatrice”, è una potenziale minaccia anche per la proprietà intellettuale  e la professionalità di artisti, creativi, scrittori, giornalisti, fotografi, illustratori.

Giorni fa Volker Wissing, il ministro tedesco dei Trasporti e delle Infrastrutture Digitali, in un’intervista ha criticato la limitazione provvisoria nei confronti di OpenAI voluta dal garante della privacy italiana (che è tuttavia pronto a cancellare il provvedimento se vedrà soddisfatte alcune richieste). Ma proprio dalla Germania è partita una nuova petizione di massa, che riunisce ben 42 associazioni di categoria e sindacati rappresentativi di circa 140mila persone.

Autori, artisti, giornalisti, scrittori, fotografi, designer e altre professionalità accomunate dalla paura che, senza regole chiare e valide a livello europeo, le applicazioni di AI generativa possano minacciare il loro lavoro. Un ambito in cui sta già succedendo è quello delle opere grafiche, che programmi accessibili gratuitamente online consentono di creare in pochi passaggi (e con una piccola dose di competenza tecnica spesso autoappresa). Ha recentemente fatto notizia il fotografo che ha prodotto una galleria di immagini fittizie (e di notevole qualità estetica) della Cina tradizionale: rilanciato sui social, il suo lavoro ha ispirato altri colleghi che hanno realizzato altre opere sullo stesso filone. Il caso ha evidenziato quanto le fotografie artificiali stiano diventando sempre più realistiche.

I firmatari della lettera, secondo quanto riportato in esclusiva da Reuters, sottolineano il problema della mancata trasparenza sull’origine dei dati e la prospettiva, non improbabile, che per le opere d’ingegno l’intelligenza artificiale diventi un punto di riferimento, una fonte di materiale, una risorsa a basso costo da sfruttare. L’uscita o la marginalizzazione di molte professionalità dal mercato del lavoro è un rischio concreto.

Così recita la lettera: “L’uso non autorizzato di materiale di training protetto, il processo non trasparente e la prevedibile sostituzione delle fonti con l’output dell’AI generativa sollevano questioni fondamentali di attribuzione di responsabilità, affidabilità e remunerazione”. Questioni che devono essere affrontateprima che si verifichi un danno irreversibile”, si legge. L’intelligenza artificiale generativa “dev’essere il cuore di qualsiasi significativa regolamentazione sul mercato dell’AI”.


 

L’iniziale proposta dell’Artificial Intelligence Act (AI Act) europeo, di cui si discute da molti mesi, è dunque diventata già obsoleta prima ancora di essere finalmente approvata? Se non altro il Comitato Europeo per la Protezione dei Dati, partecipato dai garanti della privacy dei Paesi membri Ue, ha annunciato la creazione di una task force incaricata di studiare le implicazioni dell’AI generativa sulla tutela dei dati personali. Qualcosa si muove, anche se non rapidamente quanto le continue evoluzioni dei software.

Nella lettera si chiede anche che i fornitori di tecnologie di AI generativa siano considerati responsabili dei contenuti generati attraverso i loro software, e dunque anche responsabili di eventuali infrazioni del copyright, disinformazione o discriminazioni. Inoltre, per le 42 associazioni e sindacati, le aziende che sviluppano i modelli alla base delle applicazioni di AI, come OpenAI (dunque, indirettamente, Microsoft), Alphabet, Amazon e Meta, non dovrebbero anche gestire le piattaforme di distribuzione dei contenuti.

 

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