L’intelligenza artificiale generativa (GenAI) richiede competenze per essere usata in modo proficuo, efficace e responsabile. Lo si sente dire spesso, ragionando su un problema - quello della penuria di competenze digitali - già presente in molte aziende e oggi aggravato dalla necessità di rincorrere la rapida evoluzione della tecnologia. Ma la GenAI non esige soltanto competenze digitali. L’adozione di questa tecnologia invita le aziende e professionisti a coltivare o a riscoprire altri tipi di competenza e in particolare una serie di soft skill. Ce ne parla Emanuela Pignataro, head of execution & head of business transformation di Cegos Italia: la manager le chiama power skill.
Emanuela Pignataro, head of execution & head of business transformation di Cegos Italia
L'Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI) sta rivoluzionando il mondo del lavoro, richiedendo abilità che superino quelle tecniche tradizionali, ma è anche uno strumento per ottimizzare la gestione delle competenze aziendali e mitigare i rischi di carenza e obsolescenza di skill o di sovra-qualificazione. Secondo l'OCSE, l’intelligenza artificiale non solo impatta i livelli di occupazione e la qualità dei ruoli, ma anche sull'organizzazione, sulla struttura e sulla natura dei compiti, aumentando la domanda di esperti in sviluppo e utilizzo dell'AI.
In un mondo complesso e incerto, le aziende devono affrontare la sfida dell’apprendimento continuo tramite la formazione just-in-time, garantendo l’accesso a contenuti utili "on demand". In questo scenario, Cegos ha identificato otto “power skill” necessarie per operare in un ambiente in cui la GenAI è considerata come un vero e proprio stakeholder: le prime quattro aiutano ad affrontare i rischi dell’AI, le altre sono utili per lavorare in modo efficace con questa tecnologia.
1. Pensiero critico, ovvero la capacità di discriminare e filtrare le informazioni in base alla loro importanza, veridicità o tempestività.
2. Riduzione dei bias cognitivi a cui le persone possono essere soggette quando usano l’intelligenza artificiale, come il pregiudizio di conformità o di familiarità, la cosiddetta illusione della conoscenza".
3. Consapevolezza delle conseguenze etiche dell'utilizzo dell'AI e atteggiamento responsabile per ridurre al minimo i rischi.
4. Resilienza di fronte all'accelerazione del progresso tecnologico; basti pensare che ogni giorno vengono creati mille sistemi di intelligenza artificiale.
5. Imparare a imparare, ovvero la capacità di memorizzare meglio, di adottare un processo di pensiero e di trasporre le proprie competenze in contesti mutevoli e sconosciuti.
6. Creatività nel generare nuovi concetti e soluzioni attraverso la commistione tra idee umane e idee generate artificialmente.
7. Intelligenza emotiva, poiché l’AI può contribuire a fornire più tempo per concentrarsi su ciò che rende le persone più umane.
8. Interdisciplinarietà, ovvero la capacità di comprendere e fare collegamenti tra discipline diverse.
Mentre la tecnologia avanza, le competenze trasversali e comportamentali, legate allo sviluppo personale, diventano più che mai necessarie. Queste capacità sono cruciali per utilizzare l'AI senza incorrere nei rischi associati. Pertanto, la formazione assume un ruolo strategico, accompagnando le persone e supportandole nel superare queste difficoltà.
L'equilibrio tra l’efficacia dell’AI e il valore unico delle competenze umane nell'apprendimento è la sfida principale. Limitarsi all’incremento tecnologico non è sufficiente. Per affrontare i trend futuri è essenziale sviluppare continuamente le abilità per lavorare, comunicare e collaborare con l’AI. Questo approccio massimizza le potenzialità dell'IA, mantenendo al centro il valore imprescindibile dell'interazione umana.
L’importanza della formazione (e dei formatori)
Alla luce degli innumerevoli cambiamenti in atto, è fondamentale soffermarsi anche sul ruolo chiave dei formatori, che devono considerare la GenAI come un assistente di progettazione. Allo stesso tempo, rimangono centrali nel sistema di apprendimento in quanto sono gli unici in grado di interagire con diverse forme di intelligenza, siano esse situazionali, emotive o tecniche.
Tuttavia, il loro ruolo sta evolvendo: non sono più gli unici a creare contenuti, ma stanno diventando facilitatori-formatori che promuovono l'apprendimento sociale e la co-creazione di competenze. La GenAI supporta questo cambiamento offrendo soluzioni personalizzate e innovative lungo l'intero percorso formativo, migliorando la personalizzazione dei corsi e fornendo un feedback immediato ai partecipanti.
Utenti advanced: potenziare le competenze di gestione
Ma per incorporare e gestire la GenAI anche i professionisti della formazione devono sviluppare specifiche skill. Tra queste, si annoverano l’abilità a comprendere i fondamenti dell’AI e i suoi limiti per personalizzare i contenuti, oltre alla revisione tecnica per ottimizzare i materiali generati affinché siano in linea con gli obiettivi del programma. Bisogna anche indagare le dinamiche dell'interazione uomo-AI (overview psicopedagogica) per adattare i contenuti agli stili di apprendimento.
Poi, una comunicazione avanzata con i sistemi di AI è importante per la valutazione di pertinenza dei contenuti generati, mentre una gestione dei processi formativi è necessaria per integrare efficacemente i materiali nei programmi educativi. Seguono la sensibilità etica dell'utilizzo dell'AI sui bias, il monitoraggio e la valutazione per migliorare continuamente l'impatto dei contenuti e un apprendimento agile per adattarsi ai progressi tecnologici. Infine, occorre integrare con successo gli strumenti AI nei framework formativi senza sostituire quelli tradizionali e focalizzarsi sulla learner experience attraverso un monitoraggio costante e adattamenti basati sul feedback dei partecipanti. Così si va verso un apprendimento sempre più autodeterminato e si può ambire ad avere sempre più serial learner per affrontare le sfide delle organizzazioni.